CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 1 luglio 2012 (ZENIT.org) – Al suo ultimo Angelus in Vaticano, prima del trasferimento nella residenza estiva di Castelgandolfo, papa Benedetto XVI, con riferimento al Vangelo odierno, è tornato a meditare sulla natura delle guarigioni miracolose.
Gli episodi della figlia di Giairo, capo della Sinagoga, e dell’emorroissa (cfr. Mc 5,21-43) riportano due guarigioni sia fisiche che spirituali. “Gesù è venuto a guarire il cuore dell’uomo, a donare la salvezza e chiede la fede in Lui”, ha spiegato il Papa a tal proposito.
Il Pontefice ha poi citato San Girolamo che così commentava il primo episodio: «Fanciulla, alzati per me: non per merito tuo, ma per la mia grazia. Alzati dunque per me: il fatto di essere guarita non è dipeso dalle tue virtù».
La guarigione della donna affetta da emorragie è invece un caso che evidenzia come “Gesù sia venuto a liberare l’essere umano nella sua totalità”, ha detto il Papa. Il miracolo fisico è però strettamente legato all’apertura alla grazia di Dio da parte della donna guarita alla quale, infatti, Gesù dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male!» (Mc 5,34).
Con questi due miracoli Gesù ci invita “a superare una visione puramente orizzontale e materialista della vita”, ha osservato il Santo Padre. “A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete – ha aggiunto – ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona”.
Il Vangelo di oggi, tuttavia, è anche un’esortazione a non lasciare soli malati. I medici, gli operatori sanitari e chiunque svolga assistenza religiosa nelle case di cura, sono “«riserve di amore», che recano serenità e speranza ai sofferenti”, ha sottolineato il Santo Padre.
Benedetto XVI ha poi ricordato la sua enciclica Deus caritas est, in cui osservava che, anche in ambito medico-sanitario, la “competenza professionale” è necessaria ma “da sola non basta”. È fondamentale che l’operatore sanitario sia dotato di una “formazione del cuore” che lo conduca sempre “a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro” (Deus caritas est, 31).