«Sono appena tornato dal carcere di Multan dove mia moglie, Asia Bibi, è stata trasferita otto mesi fa. Da quando mia moglie è stata condannata a morte nel novembre del 2010 per aver bevuto un bicchiere d’acqua noi viviamo nella paura, la nostra famiglia è minacciata».
Comincia così una lettera pubblicata oggi dal Le Figaro di Ashiq Masih, marito della donna la cui condanna a morte per blasfemia è stata confermata in appello.
«PERCHÉ IL PAKISTAN SI ACCANISCE?». Asia, continua il marito, «non è blasfema e non ha mai compiuto un atto di blasfemia. Dopo la sentenza dell’Alta corte di Lahore, noi non riusciamo a capire perché il Pakistan che noi amiamo si accanisca così contro di noi». La «nostra famiglia è sempre stata felice qui, non abbiamo mai avuto problemi con nessuno. (…) Oggi molti nostri amici musulmani non capiscono perché la giustizia pakistana impone tante sofferenze alla nostra famiglia».
LA GRAZIA DEL PRESIDENTE. Asia Bibi non verrà uccisa solo se la Corte suprema ribalterà i primi due verdetti della giustizia, ma Ashiq Masih confida in altro: «Il modo migliore sarebbe ottenere la grazia dal Presidente. Noi siamo convinti che Asia Bibi non sarà impiccata solo se il venerabile presidente del Pakistan, Mammoon Hussain, la perdonerà. Non si può morire per aver bevuto un bicchiere d’acqua».
l’articolo continua su Tempi.it