Le elezioni amministrative di domenica prossima 5 giugno avvengono in un contesto radicalmente mutato dopo l’approvazione della legge Cirinnà sul riconoscimento delle unioni civili anche per le coppie omosessuali. Il danno prodotto è talmente profondo da aver appunto richiesto dal governo un impegno mai visto prima, una inedita forzatura sul Parlamento, un doppio voto di fiducia e uno slancio religioso alla rovescia. Una pagina bruttissima della nostra repubblica, nonostante la retorica appunto repubblicana di questo due giugno appena trascorso.
Il contesto è radicalmente mutato perché nei consigli comunali e nelle giunte che andremo ad eleggere sarà impossibile fare politiche per la famiglia. Ogni politica per la famiglia, infatti, andrà anche a vantaggio di chi famiglia non è: le coppie omosessuali sposate a forza e contro natura dalla Cirinnà.
Indirizzare risorse alla famiglia naturale sarà impossibile, senza che tali risorse vadano anche alle unioni civili.
Qualcuno dice: ma lo vincoleremo all’esistenza dei figli. È una sciocchezza perché i figli sono già arrivati a tutti tramite le sentenze dei giudici sulle adozioni alle coppie gay e arriveranno domani e dopodomani con la riforma della legge sulle adozioni e con l’uso industriale dell’eterologa (mercato degli ovuli di donatrici permettendo).
Su questi temi la campagna elettorale per le amministrative è stata tutto un trucco. I partiti e i candidati che si sono dichiarati “per la famiglia naturale” sapevano che, dopo la Cirinnà, è impossibile esserlo.
Anche coloro che hanno aderito alla proposta di un “bollino” elettorale pro-family da parte di “ProVita”, per altro lodevole, sapevano e sanno che, se eletti, non potranno distinguere tra provvidenza e interventi per la famiglia naturale e per le unioni civili omosessuali. A me sembra che anche il Popolo della Famiglia (PDF) non abbia spiegato questo punto.
I partiti e candidati che si erano spesi per l’approvazione della Cirinnà pure possono dire di essere a favore della famiglia, perché ora con questa espressione si intende anche le unioni civili tra omosessuali.
Di conseguenza, ribadire oggi come criterio di voto quello dei principi non negoziabili, tra cui appunto la famiglia, risulta obsoleto e impraticabile.
Quello dei principi non negoziabili è stato a lungo – anche se ora molto meno – il criterio dei criteri. Nella generale confusione e nella diaspora ormai senza limiti, per alcuni quello era ancora un criterio valido. Ma ora?
Diciamo che lo è ancora, solo che va letto in prospettiva e non nell’immediato. Bisogna ragionare sui tempi lunghi, anche in queste amministrative, i tempi brevi ormai sono troppo stretti e già compromessi.
Primo punto: punire. Col voto anche si punisce politicamente chi ha sbagliato. Come si fa a votare Partito Democratico dopo quanto successo con la Cirinnà e in vista di quanto succederà da qui al 2018, salvo qualche novità dal referendum costituzionale?
La cosa dovrebbe essere chiara, ma non lo è. Quanti cattolici, purtroppo, sostengono ancora, direttamente o tramite liste civiche di appoggio, questa politica? Il criterio dei principi non negoziabili è almeno ancora valido per punire.
Secondo punto: preparare il futuro. Non si risolverà granché con queste amministrative, sono solo un piccolo passaggio, ma possono indicare una strada che potrebbe consolidarsi in seguito.
Si potrebbe allora votare quelle coalizioni, quei partiti o quei candidati che si sa non chiuderanno completamente le porte a certi discorsi, che sono meno ideologizzati, che non hanno ancora fatto, come il governo Renzi, della distruzione della famiglia il loro vessillo giacobino e che possono domani costituire una coalizione antagonista della precipitosa deriva in atto.
Dopo la Cirinnà abbiamo la conferma che oggi la difesa della famiglia naturale non può più passare dalle istituzioni, comprese quelle delle amministrazioni locali.
Se le cose rimangono così bisognerà pensare per il futuro ad altre forme di impegno e di lotta, tramite l’obiezione di coscienza organizzata o per mezzo di reti di sostegno alla vita e alle famiglie che passino dalla società civile e non dalla politica.
Con il voto di domenica si può al massimo non premiare gli autori di questo disastro e cercare di eleggere consiglieri e sindaci che disturbino i manovratori e che permettano ancora qualche spiraglio e qualche ritardo nei tempi.
Poco, dirà qualcuno. Sì, poco. Ma di questi tempi non possiamo permetterci altro.
Fonte: La NBQ