L’ultimo caso in ordine di tempo risale ad appena due giorni fa: una struttura per richiedenti asilo sequestrata a Latina e sei persone finite in manette per maltrattamenti, truffa aggravata e frode nelle forniture pubbliche. L’operazione della Procura laziale era partita su segnalazione di alcuni ospiti richiedenti asilo che si lamentavano delle scarse condizioni igieniche del Cas gestito da una onlus del posto.
Da qui le intercettazioni che hanno portato al rinvenimento di un giro d’affari che lucrava sui soldi dati dalle Prefetture per la gestione dei migranti. E’ l’ennesimo caso di furbetti della solidarietà all’opera.
Ma oltre a non essere il solo è anche un sistema di malaffare che cresce e si radica anche a causa del lassismo con il quale vengono effettuati i controlli. Che, in prima battuta, non dovrebbero essere affidati alla magistratura, ma in via ordinaria proprio a quello Stato che, erogando un contributo di 35 euro cad/die, non controlla come poi questi vengano spesi.
Il risultato è un giro d’affari milionario che vive di utili da capogiro.
Il Governo sta mettendo a punto un piano di revisione sistematico delle modalità con le quali vengono gestiti i bandi delle prefetture e dopo una ricognizione dettagliata su tutti gli sprechi, tra poche settimane sarà pronto a far uscire i nuovi bandi Sprar costruiti su due parole chiave: razionalizzazione e controlli.
Ad occuparsene è direttamente il Viminale che martedì ha illustrato le novità alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera: “E’ una competenza diretta di Salvini– spiega il deputato del Carroccio e vicepresidente della Commissione sicurezza Gianluca Vinci – Non si può continuare a deviare fondi da una prima accoglienza verso una sorta di mantenimento perenne”.
Vinci fa un esempio: “I soldi che si spendono per le scuole di italiano devono servire per il 7% di chi si deve integrare perché riconosciuto profugo davvero. E così per gli altri benefit come ad esempio la scheda telefonica o quelli per le spese personali”.
La domanda a cui si cerca di dare risposta è: nel momento in cui la maggior parte sono clandestini non capiamo perché debbano pagarsi delle spese personali, da quando in qua il volontariato viene pagato dallo Stato?
Il responsabile politico del nuovo cambio di passo è il Sottosegretario agli Interni Nicola Molteni (in foto) che in questa intervista alla Nuova BQ illustra le caratteristiche dei nuovi bandi. Si preannuncia una novità che segnerà la fine della pacchia anche per tutte quelle onlus e cooperative che in questi anni sono passate da bilanci costantemente in perdita a fatturati da capogiro il più delle volte non giustificati.
Sottosegretario, il problema è principalmente la mancanza di controlli. La vicenda di Latina dimostra che ce n’è bisogno.
Plaudo all’iniziativa degli inquirenti che hanno portato alla luce un fenomeno che come Lega denunciamo da anni. E cioè che dietro questi centri di accoglienza spesso e volentieri si cela il crimine anche della malavita che danneggia soprattutto i richiedenti asilo.
Ma il controllo spetterebbe prima di tutto a chi eroga i fondi, cioè alle Prefetture. L’intervento della magistratura dimostra che le Prefetture non riescono a vigilare.
Abbiamo sempre chiesto l’attivazione di una commissione d’inchiesta sui CIE per verificare le gestioni di questa montagna di soldi pubblici. Nessuna tracciabilità, nessuna rendicontazione. Ma adesso la “musica” cambierà.
Come interverrete?
Prima di tutto riducendo la montagna di soldi che questi operatori del sociale hanno a disposizione riportando la cifra erogata sui parametri degli altri Paesi che non erogano 35 euro cad/die, ma molto meno. L’obiettivo è ridurre la parte di utile che può alimentare un sistema di lucro poco trasparente.
Vi accuseranno di colpire le coop che operano nel sociale per i bisognosi…
Ci sono realtà cooperative che sono nate ad hoc per questo business. O altre che cinque anni fa avevano fatturazioni di poche migliaia di euro e ora presentano utili da capogiro, cosa tra l’altro contraria allo spirito dell’impresa cooperativa.
Il punto è che a fronte dei soldi che lo Stato eroga per ogni migrante il sistema è così di manica larga che le risorse non solo sono sufficienti, ma sono eccedenti anche del doppio. Avete quantificato in termini di soldi la quota eccedente?
Nel Def c’era un importo sulla gestione complessiva di 5 miliardi, per soccorso in mare, la parte dell’accoglienza grava per circa 3 miliardi di euro.
Però questa non è più assistenza nell’emergenza, ma assistenzialismo allo stato puro. Tenuto conto che spesso e volentieri in questi centri Sprar albergano ai margini criminalità, prostituzione e caporalato. Vogliamo spezzare questa catena.
A quanto porterete il contributo giornaliero per ogni migrante clandestino o profugo che sia?
Stiamo ragionando su una forbice che va dai 22 ai 28 euro cad/die. Troveremo una cifra ragionevole che sia in linea con quello che accade negli altri Paesi. Ricordo che in Francia sono 25 euro, in Germania 28 e in Polonia 20.
Non le sembra un fare la cresta sulla disperazione di povere persone che scappano dalle guerre del terzo mondo?
Il Terzo mondo è la mancanza di dignità in cui certe onlus, vedi le inchieste, fanno vivere queste persone.
Che però hanno diritto ad essere mantenute dallo Stato, almeno fino a quando non si accerta la natura del loro viaggio: fuga da una guerra o da persecuzioni oppure semplice immigrazione per motivi economici.
Questo è il secondo principio di intervento di riforma dei bandi. I dati attuali dicono che solo il 7% ottiene lo status di rifugiato di guerra e il 4% una protezione sussidiaria, che si concede a chi rischia la vita se torna nel suo Paese.
Ma il grosso scandalo è la concessione della protezione umanitaria che è un’invenzione del governo Prodi e che si applica con estrema liberalità, senza che ve ne siano requisiti, per il semplice motivo che la protezione umanitaria si concede per i motivi più disparati, tanto che ad oggi il 28% ottiene questo tipo di protezione. Stiamo lavorando a cancellare proprio la protezione umanitaria.
Come?
Anzitutto eliminando le cause che la determinano. Oggi basta dichiararsi omosessuale perseguitato per ottenerla, ovviamente questo non viene mai verificato. Ma funziona così.
In secondo luogo, andando ad escludere alla base quei paesi in cui già sappiamo che non ci sono guerre o conflitti civili. Prendiamo ad esempio il Pakistan: non c’è guerra, quindi una valutazione preliminare ci dovrebbe indurre a non prendere in considerazione i tanti che arrivano da quel Paese.
Ma anche per quelli che avrebbero diritto allo status di rifugiato, il sistema consente tempi così lunghi da alimentare il business.
E’ vero, basti pensare che per avere la sentenza della commissione territoriale ci vogliono due anni, con i ricorsi fino alla Cassazione ce ne vogliono altri due. In 4 anni è difficile arrivare alla conclusione dell’iter.
Sono stati appena assunti 250 funzionari per potenziare le commissioni territoriali, il ministro Salvini ha incontrato i 50 presidenti di commissione e infine abbiamo presentato una proposta di legge per accorciare i gradi di valutazione fissando una tempistica. Basti pensare che in Francia devono bastare per legge sei mesi.
Nel frattempo però, il migrante è a carico dello Stato e dovrà integrarsi.
L’altra cosa da fare è una stretta sui reati commessi. Mi spiego: la normativa attuale consente la revoca dello status e l’espulsione immediata al richiedente asilo che viene colto in flagranza di reato. Ma la casistica di reati è troppo ristretta: si va dall’omicidio al traffico internazionale di stupefacenti. Così il richiedente asilo che spaccia fuori dalla struttura che lo accoglie o che ruba al supermercato sa di poter contare di una sorta di impunità. O anche che si macchi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Tutti questi reati non rientrano tra le fattispecie di reati che portano alla revoca e all’espulsione.
Ecco, stiamo studiando dal punto di vista normativo un’implementazione secondo un principio chiaro: io ti accolgo, ti do assistenza anche se non ne avresti diritto, ma se non rispetti neanche i doveri e commetti reati non posso consentirtelo. Ho letto che a Monza il giudice ha assolto un richiedente asilo che rubava nel supermercato perché il fatto è di lieve entità.
Ne discuterete con le onlus?
Purtroppo un interlocutore non c’è. Ognuno agisce per conto suo.
Quando usciranno i nuovi bandi?
Tempo alcune settimane, direi un paio.
E sulla rendicontazione delle spese? Com’è possibile che i numeri siano così aleatori anche per voci come l’assistenza legale o quella sanitaria?
Come sono pubblici i bilanci dei partiti devono essere pubblici anche quelli delle associazioni, anche questo rientra nella ricognizione normativa che stiamo portando avanti con i tecnici.
Basterà?
Noi crediamo che diminuendo il montante di denaro ci sia molta meno appetibilità di quelle cooperative dietro le quali si può nascondere la malagestio, questo è il primo deterrente, poi ci sarà un passaggio sulla verifica puntuale di tutte le assegnazioni, compreso il sistema di “subappalto” da una cooperativa all’altra.
Quanti sono ad oggi i richiedenti asilo?
Circa 167mila, ma si ignora quante siano le persone che si sono sottratte al percorso di protezione, si stima che siano almeno 10mila. Questo è il sintomo del fallimento delle politiche degli ultimi anni anche perché la gestione è stata scaricata sui sindaci.
A proposito dei sindaci. A che punto è il sistema di incentivi che lo Stato dava per tot migranti ospitati nei propri comuni?
E’ stata una iniziativa di Alfano, che significa caricare per tutta la vita sui servizi sociali di un comune la gestione del fenomeno perché è stata concessa loro la carta di identità e l’accesso ai servizi sociali. Così si sono sottratti fondi a scapito dei cittadini bisognosi.
Però in molti casi i migranti sono entrati in un sistema di lavoro.
No, si è creato un business dell’integrazione con stage e tirocini a spese dello Stato non delle aziende. Queste possibilità devono essere offerte solo a chi è davvero rifugiato e dimostra di volersi realmente integrare.
Bisogna uscire dalla logica per cui dobbiamo integrarli tutti. Non si può attribuire un lavoro di pubblica utilità a un migrante economico perché in questo modo lo sottraggo a chi ne ha veramente bisogno.
Ma per fare questo bisogna che i clandestini vengano riconosciuti al più presto, perché non restino ad ingrossare le fila dell’assistenzialismo.
Ecco perché dobbiamo assolutamente accelerare i percorsi di riconoscimento. Ricordo che dal 3 ottobre 2013 ad oggi sono sbarcati sul nostro territorio 650mila persone.