Al via ieri a Roma la messa in opera di 36 nuove “Pietre d’inciampo” in memoria di cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti. In tutta Europa sono oltre 22 mila le Stolperstein, questo il nome delle targhe d’ottone della dimensione di un sampietrino, realizzate dall’artista tedesco Gunter Demnig. Poste davanti alla porta di casa in cui abitò il deportato, queste pietre sono state oggetto negli ultimi anni di atti vandalici.
Al microfono di Paolo Ondarza sentiamo Adachiara Zevi, curatrice del progetto:
R. – Si tratta di un sampietrino, come i tanti che tappezzano le nostre strade, che però si distingue dagli altri per il fatto che la superficie è lucente: ecco perché attira l’attenzione. Da qui il nome “pietra d’inciampo”, perché si inciampa, non fisicamente, ma visivamente ed emotivamente.
D. – Situati nei pressi della casa da cui i deportati sono stati prelevati, interrompono la continuità del cammino a voler ricordare che su quei fatti non è permesso sorvolare …
R. – Quando si inciampa in una pietra, e poi si legge l’iscrizione, si ha come un soprassalto: così, all’improvviso, ci si trova di fronte ad un nome, un cognome, un anno di nascita e quello della deportazione, poi l’anno e il luogo della morte … Ci si chiede: cosa è successo?
D. – Queste pietre d’inciampo sono un potente antidoto alla rimozione, al revisionismo e al negazionismo. Va ricordato che sono state esse stesse oggetto di atti vandalici negli ultimi anni …
R. – Sono un pugno nello stomaco, e la gente non vuole sapere! La gente vuole girare la testa dall’altra parte … Questa mattina abbiamo cominciato, riponendo un sampietrino alla memoria di Augusto Sperati, che avevamo posto l’anno scorso, ma che era stato divelto.
D. – Ma perché ancora oggi si vuole cancellare la memoria, dimenticare quanto è accaduto?
R. – Per poter fare le stesse cose ai danni di altri.
D. – Le pietre d’inciampo restituiscono la dignità perduta da queste persone…
R. – Soprattutto, è un modo di restituire dignità di persona a persone che – non dimentichiamolo! – erano state ridotte ad un numero entrando nei campi di concentramento, seppelliti in fosse comuni. Pensate – è impressionante! – quando noi installiamo queste pietre, ci sono intere famiglie che si riuniscono, a volte per la prima volta, e trovano un luogo, che prima non avevano, dove ricordare i loro cari.
Fonte: Radio Vaticana