Che le associazioni Lgbtqia (lesbian, gay, bisexual, transgender, questioning, intersex, and asexual) abbiano detto, anzi urlato, che «vogliono tutto» (matrimoni, adozioni… tutto) l’abbiamo già riferito. Abbiamo anche già scritto come, in ossequiosa adesione al politicamente corretto, (quasi) tutti i media sembra facciano a gara per convincerci che il mondo Lgbtqia è esempio verace di civiltà.
Le donne che (ancora) si innamorano degli uomini e gli uomini che (ancora) si innamorano delle donne? Tutti trogloditi. Scarti del Medioevo buio e oscurantista. (Parentesi: siccome quella del Medioevo “buio e oscurantista” è affermazione smentita inconfutabilmente dai fatti e, ormai da un bel po’, anche dagli studiosi – che, vai a capire perché, arrivano sempre “dopo” l’evidenza dei fatti –, possiamo stare tranquilli. Evviva il Medioevo, se ha partorito Dante, Giotto, le cattedrali romaniche e gotiche…!).
Ma torniamo al 2012, per la precisione a giugno. A vent’anni dai primi matrimoni gay, in piazza Scala a Milano si è tenuta una manifestazione cui ha partecipato anche il sindaco Pisapia, il quale, vantandosi di «sorpassare Roma», ha ripetuto quanto già affermato in campagna elettorale, e cioè che entro l’anno verrà istituito il registro delle unioni civili. Vedremo.
Roberto e Riccardo, che si sono sposati il 7 maggio a New York, così hanno detto di fronte alla telecamera: «L’umanità che si vede dall’ufficio matrimoni di New York è veramente fantastica: variegata, variopinta, allegra, seria… C’è veramente di tutto di più. L’Italia vista da quell’ufficio è veramente lontanissima». Perché non abbiano deciso di rimanere “veramente” (e cioè per davvero) negli States, se si trovavano così bene, lo sanno solo loro. Probabilmente la mission è “civilizzarci”, e così, in perfetto stile (si fa per dire) Moccia, come a Ponte Milvio anche gli innamorati arcobaleno hanno lasciato in piazza Scala i lucchetti con i loro nomi: lei + lei, lui + lui, lei + lui che a breve si farà operare ma sta già assumendo ormoni e sarà la “lei” che vorrebbe essere, lui + lei che però tra poco si sottoporrà all’intervento e finalmente diventerà quel “lui” che, dentro, spinge per uscire… e tutte le combinazioni che potete immaginare (più altre, che sanno solo loro).
«Vogliamo lasciare questi lucchetti – ha detto Paolo Hutter, del coordinamento Arcobaleno – per rappresentare i nostri vari progetti d’amore e di coppia, ma abbiamo tenuto tutti la nostra chiavina; essi rappresentano il blocco che vorremmo sbloccare quando finalmente ci sarà una legge per le coppie». E quando si parla di «legge per le coppie», precisano Samuele e Pasquale, sposati simbolicamente nel ’92 ed oggi legalmente in Svizzera, «il registro delle coppie di fatto è una cosa minima» perché l’obiettivo, neanche dirlo, è fare l’en plein: tutto di tutto.
Ad impartirci lezioni di civiltà è anche Shooter Hates You, visual artist e video blogger, che conduce lo show Breaking Italy, ospitato dal Fatto Quotidiano. Sabato scorso ha partecipato al primo Gay Pride a Cagliari e – bontà sua che c’era e ha visto anche per noi – ci spiega: «Toglietevi dalla testa che il Gay Pride sia una carnevalata dove la gente fa l’elicottero col cazzo. Quello dove sono stato io è stato non solo un momento di allegria generale, perché tutti erano molto contenti, ma di coesione sociale, perché non solo c’erano i gay, ma c’erano anche i non gay (aggiorniamoci: secondo il diktat del politicamente corretto, “il resto del mondo” va definito «non gay». E poi si parla di omofobia… ndr), c’erano anche i trans e c’erano anche le donne. Alcune di queste donne avevano dei bambini ed erano delle madri e a fianco a loro c’erano i loro mariti. (…). Finché qualcuno non ci infila la lingua in bocca a forza non dovrebbero esserci problemi, e finché effettivamente qualcuno non fa l’elicottero con il cazzo. L’elicottero con il cazzo è una cosa brutta da vedere».
La puntigliosa si dissocia dall’espressione volgare e si scusa per averla riportata, ma quando serve, serve. Finalmente abbiamo capito. Se nelle carnevalate (ops… nelle civilissime manifestazioni Lgbtqia alle quali partecipano anche i «non Lgbtqia») si urlano slogan “contro”, si simulano e/o si improvvisano ingrovigliamenti veri, ci si bacia, ci si lecca, si insulta, si fa di tutto e anche di più, ma ancora non si è vista la “scena dell’elicottero”, tranquilli: è tutto ok e c’è solo da imparare. Parola di Alessandro Masala, classe 1984, in arte (?) Shooter Hates You.
Intanto, tra una sfilata e l’altra…
Intanto, tra un Pride e l’altro, Obama ha già detto il suo “sì” ai matrimoni gay. Gliel’hanno suggerito le figlie (?).
Intanto pare che dal primo settembre 2013 in Francia sarà possibile, per le coppie omosessuali, sposarsi legalmente e adottare dei figli. L’annuncio è stato dato ieri dal primo ministro Jean-Marc Ayault, e così sarà esaudita la prima grande promessa sui temi sociali, del nuovo governo Hollande.
Intanto, anche su Facebook, a seguito delle nozze gay di Chris Hughes, uno dei co-fondatori , da ora in poi ci sarà un’icona per le persone dello stesso sesso che si dichiarano sposate sul social network. L’icona, che comparirà sul profilo, raffigura due uomini o due donne in abito da cerimonia con la scritta “married”.
Intanto sui media ogni giorno ci ricordano quali nazioni in Europa hanno già dato il via libera alle unioni e alle adozioni gay e ogni occasione è buona perché intellettuali di ogni schieramento sottolineino l’arretratezza dell’Italia.
E i cattolici? I cattolici per lo più… latitano. Nonostante il magistero della Chiesa sia chiarissimo sui maschi, le femmine, la famiglia, il ritornello più gettonato dalla specie (adulta) “cattolico la domenica, camaleonte il resto della settimana” è «niente da dichiarare». Chapeau!
E mentre le associazioni Lgbtqia chiedono «tutti i diritti, senza se e senza ma»…
Mentre in Italia e in Europa loro sfilano, cantano, ballano, amoreggiano in versione arcobaleno, i «non gay» (?) (soprav)vivono… così. Di seguito, un intervento del 2004 di Luisa Santolini, cattolica, presidente del Forum delle Associazioni familiari. Lo riporto integralmente, anche se può sembrare “arcaico”, perché dal 2004 non solo non è cambiato nulla, ma la situazione è addirittura peggiorata e la cinghia (basta che ciascuno guardi a casa propria) si è stretta di un bel po’ per tutte le famiglie.
Sentite un po’: «L’Italia è uno strano Paese, perché l’aborto è gratis, mentre un’ecografia di controllo all’embrione, no. Si vota a 18 anni mentre si può abortire a 16 … Gli alimenti al coniuge separato sono detratti dalle tasse, mentre se si trasferisce la stessa somma all’interno della famiglia non si hanno detrazioni. Se una colf viene assunta aumenta il valore del Pil, mentre se la colf si sposa e continua a fare le stesse cose il Pil si abbassa. Se si danno contributi alle famiglie per la scuola non statale si grida allo scandalo, mentre se la scuola statale è gratis anche per i ricchi non ci sono problemi; cioè i ricchi possono scegliere, i poveri no. Se si tratta di rottamazioni, ristrutturazioni edilizie, le agevolazioni sono senza limiti, mentre per i sostegni alla maternità, le detrazioni fiscali per i figli, le agevolazioni sono sempre con limiti di reddito. Se si è sindacalista si hanno permessi e distacchi, mentre se si deve andare a parlare con gli insegnanti dei propri figli si devono chiedere le ferie. Se si iscrivono i figli all’asilo, i separati hanno un punteggio maggiore rispetto alle famiglie “regolari”, mentre queste ultime fanno la fila e spesso non trovano posto. Se si assume una baby sitter si hanno contributi, mentre se una nonna fa la baby sitter, no; l’unica soluzione è che due famiglie si scambino le nonne e le assumano! L’integrazione al minimo nel trattamento previdenziale delle donne casalinghe tocca alle separate e alle divorziate, mentre non spetta alle donne regolarmente sposate. Si detraggono i soldi per le spese per gli animali domestici, mentre non si detraggono le spese di cura per gli anziani e i soggetti deboli».
Ciascuno, leggendo e pensando alla propria situazione familiare si sarà fatto un’idea (se già non l’aveva) e anche quattro conti in tasca, rispetto al rapporto “diritti-doveri”, o “onori e oneri” delle famiglie tradizionali.
Non so se noi «non gay» vedremo mai l’“elicottero” paventato da Alessandro Masara, ma siccome ai Gay Pride abbiamo già visto anche troppo, non ci mancherà di sicuro. Il segnale che è giunto il momento di preoccuparsi comunque non è certamente quello: è già arrivato da un pezzo. Peccato che, distratti da piume, arcobaleni, cotillon, molti (anche tra i cattolici) non se ne siano accorti.
E’ ora (forse anche passata!) che la politica, che non è un’entità astratta, ma è fatta da uomini e da donne, si occupi e si preoccupi della famiglia vera, altro che storie! Della maggioranza composta, dignitosa e silenziosa a cui certo non avanza tempo per allestire carri mascherati o appendere lucchetti qui e lì, perché è impegnata a seguire i figli e magari ha anziani da accudire; si sobbarca il futuro di tutti ed è pure solidale.
Il passato, il presente e il futuro dell’Italia ha il suo fulcro lì, ed è lì che va spostata l’attenzione. I dati (vergognosi) riportati sopra parlano chiaro, ed è da quei dati che, insieme, occorre partire. All’ordine del giorno di una politica seria non ci possono e non ci devono essere altre “priorità”.
Luisella Saro
Fonte: CulturaCattolica.it