Sta già contemplando la gloria di Dio e prega per noi dall’alto dei cieli il nostro angelo Charlie Gard, che ha combattuto per più di undici mesi su questa terra prima che un’umanità spietata gli staccasse la ventilazione, perché convinta che la sua vita da disabile non fosse degna di essere vissuta. Morto per mancanza di ossigeno, soffocato nel lettino di un hospice lontano da casa, perché quell’umanità spietata ci ha raccontato per mesi che fosse giusto così, andarsene “con dignità” e “nel suo miglior interesse”.
Morto di venerdì come un piccolo Gesù, condannato da un gruppo di dirigenti e medici di ospedale che hanno tradito la loro vocazione e da giudici che si credono padreterni.
Il nostro angelo Charlie è stato accolto nel Regno di Dio dalla Madre celeste e adesso starà pregando con lei per il conforto di mamma Connie e papà Chris, che se lo sono visti strappare via da uno Stato ormai totalitario di cui solo gli stolti non si rendono conto, e per la conversione di quei cuori induriti che lo hanno ucciso.
Ha già realizzato tutto il male che gli è stato fatto in questi undici mesi, ha già perdonato i suoi carnefici e con i santi prega perché non si perdano e perché quello che è stato fatto a lui non venga fatto più a nessun altro bambino. A nessun altro essere umano.
“Il nostro meraviglioso piccolo se n’è andato. Siamo fieri di te”, hanno comunicato i genitori nel tardo pomeriggio di ieri.
A Connie e Chris non è stato concesso nemmeno il tempo richiesto per poter salutare il figlio: avevano domandato alcuni giorni da trascorrere con Charlie in pace, per quanto possibile in una situazione del genere.
Si è invece svolta nel giro di poche ore tutta la procedura di morte con il distacco della ventilazione, se consideriamo che l’ordine per il definitivo trasferimento all’hospice è stato pubblicato giovedì pomeriggio e la comunicazione della morte del bimbo è arrivata ieri. Né sul tempo né sul luogo dell’addio al figlio è stata soddisfatta la volontà dei genitori, che avevano chiesto di poterlo portare a casa.
Come abbiamo raccontato, anche quest’ultimo desiderio è stato contrastato in modo ostinato e con pretesti oltre la soglia del ridicolo dal Gosh, puntualmente appoggiato dal giudice Nicholas Francis.
Avrebbe festeggiato il suo primo compleanno il 4 agosto.
Ma la cultura eugenetica di cui è intriso il potere che oggi governa il Regno Unito e l’Occidente non ha voluto aspettare quella data, forse perché ogni giorno in più di vita ne svelava le menzogne su tutti i fronti (antropologici, comunicativi, giuridici, medici, morali), perché Charlie era diventato un simbolo troppo scomodo, capace di suscitare una commovente mobilitazione di popolo, sempre più consapevole degli orrori che vengono commessi sull’umanità più fragile.
Un piccolo gregge, sì, ma che è riuscito a ritardare l’esecuzione della condanna a morte, coinvolgendo personalità politiche e religiose, dal presidente Trump a papa Francesco. Un piccolo gregge per il quale Charlie è un simbolo scolpito nei cuori, perché è chiaro che la deriva è in atto e va fermata.
È stato stabilito per sentenza in un Paese del nostro continente, con l’avallo della sedicente Corte europea dei diritti dell’uomo, che è legale togliere una cura di base a un malato grave. È legale uccidere un bambino disabile.
È stato stabilito per sentenza, ma il caso di Charlie ha reso evidente come questa pratica sia già diffusa da tempo nel Regno Unito e solo la ribellione dei genitori ha consentito di portare alla luce questo sistema aberrante.
Che questo sistema sia ormai considerato normale dal potere lo conferma la sentenza del 24 luglio a firma di Francis (vedi il punto 18 dove il giudice cerca di confutare l’idea che il bimbo sia stato prigioniero del servizio sanitario britannico, come invece è di fatto avvenuto).
A maggior ragione, dopo questa vicenda nessun malato può sentirsi al sicuro. Siamo arrivati all’assurdo di dover adire dei tribunali per decidere sul diritto alla vita di un essere umano.
E non solo: questi tribunali – per l’esattezza quattro, uno dopo l’altro – hanno deciso che fosse lecito uccidere. Mascherando il tutto con i termini “qualità della vita”, “miglior interesse”, “dignità nel morire”.
Ripercorriamo in sintesi le tappe di questa assurda vicenda.
LE TAPPE PRINCIPALI
Dopo otto settimane di vita, Charlie viene ricoverato perché colpito da sindrome di deplezione del DNA mitocondriale, una patologia rarissima che toglie energia ai muscoli e ad alcuni organi. A novembre il comitato etico del Great Ormond Street Hospital decide di non eseguire la tracheostomia (che si pratica nella prospettiva di una ventilazione di lungo periodo) perché giudica la sua “qualità di vita” troppo bassa.
I genitori, nel frattempo, iniziano a prendere autonomamente contatti con esperti di patologie mitocondriali, come il neurologo Michio Hirano che si dice disponibile a tentare un trattamento sperimentale su Charlie.
Il team medico del Gosh conosceva già Hirano, ma non si era premurato di prospettare questa possibilità alla famiglia. Solo dopo le continue sollecitazioni di Connie e Chris, il Gosh avvia le pratiche per il trattamento sperimentale; ma a gennaio blocca tutto, perché una nuova risonanza magnetica mostrerebbe una situazione peggiorata.
Dagli Stati Uniti il dottor Hirano spiega che è giusto tentare comunque, perché la terapia a base di deossinucleotidi può far migliorare Charlie. Intanto, i genitori avviano una raccolta fondi, che arriverà a raccogliere oltre 1,3 milioni di sterline da più di 83 mila donatori.
Ma il Gosh non ne vuole sapere, insiste che “il miglior interesse” per Charlie è il distacco della ventilazione. Nasce una battaglia legale tra l’ospedale e i genitori.
3 marzo 2017. Il giudice Nicholas Francis inizia ad analizzare il caso all’Alta Corte di Londra. Viene creato un conflitto inesistente tra gli interessi di Charlie e quelli dei genitori, perché si assume che il miglior interesse del bimbo sia morire, mentre Connie e Chris vogliono dargli una chance e tentare il trattamento sperimentale. Per rappresentare gli interessi di Charlie nel procedimento, a discapito della famiglia, viene così nominato un tutore (il cui nome rimane riservato). Legale del tutore è Victoria Butler-Cole, presidente di Compassion in Dying, un’organizzazione che si batte per l’eutanasia: il tutore, per inciso, dovrebbe essere “indipendente”.
11 aprile. Vince la linea del Gosh e del tutore, che chiedono insieme il distacco della ventilazione, secondo un copione che si ripeterà in tutte le successive udienze. Il giudice Francis stabilisce che è legale e nel miglior interesse di Charlie staccare il supporto vitale e proseguire con le sole cure palliative.
25 maggio. Dopo il ricorso presentato dai genitori, tre giudici della Corte d’Appello confermano all’unanimità la sentenza di primo grado.
8 giugno. La Corte Suprema, presieduta da Brenda Hale, non concede nemmeno un’udienza completa per la revisione del processo, avallando le prime due sentenze.
27 giugno. La Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel frattempo aveva ricevuto il ricorso dei genitori di Charlie, lo rigetta dichiarandolo “inammissibile”.
7 luglio. Dopo la mobilitazione internazionale (italiana in particolare) e dopo i messaggi di sostegno di papa Francesco, del presidente Trump e di altre personalità, l’ospedale pediatrico Bambin Gesù invia al Gosh un protocollo di cura sperimentale firmato da sette esperti di patologie mitocondriali, tra cui lo statunitense Michio Hirano e l’italiano Enrico Silvio Bertini. Il Gosh, su pressante richiesta dei genitori, chiede al giudice Francis di rianalizzare il caso alla luce delle nuove evidenze riportate nel protocollo.
17-18 luglio. Hirano e Bertini a Londra per visitare Charlie.
24 luglio. Si è perso troppo tempo per tentare il trattamento e i genitori ritirano la loro richiesta. Il giudice Francis conferma la sentenza dell’11 aprile.
25-27 luglio. I genitori chiedono come ultimo desiderio di poter portare Charlie a casa, per trascorrere alcuni giorni insieme (il loro avvocato Grant Armstrong parla di circa una settimana). Il Gosh si oppone sia riguardo al luogo che al tempo richiesto dalla famiglia: il giudice Francis asseconda per l’ennesima volta la linea dell’ospedale.
QUALITÀ DELLA VITA
Questo dramma mostra a quali aberrazioni portano le leggi contro la vita e la famiglia. L’uccisione di Charlie è stata decretata in nome della “qualità della vita”, l’eufemismo contemporaneo corrispondente all’idea delle “vite indegne di essere vissute”, coniata tempo addietro dai cultori dell’eugenetica di origine specialmente anglosassone e che trovò una delle sue massime applicazioni nel T4, il programma di eutanasia nazista. Apriamo gli occhi.