Siamo ormai prossimi, ancora una volta, a quel fatale 11 febbraio , il giorno della prima di 18 apparizioni nella Grotta di Massabielle. Sappiamo bene che tutti i santuari mariani sono importanti. Ma sappiamo altrettanto bene che alcuni sembrano esserlo più di altri, non solo per gli eventi che li hanno originati ma anche per la risonanza che essi hanno avuto, spesso nel mondo intero.
Uno di questi casi è certamente Lourdes. Un luogo dal quale siamo soliti dire che tutti, se appena hanno un minimo di disponibilità, tornano guariti, se non nel corpo, almeno nello spirito.
Là, infatti, sembra avvenire qualcosa di particolarmente straordinario che induce chi c’è stato a ricordare quell’evento come un momento di gioia straordinaria, che gli fa portare in cuore il desiderio di tornarvi lui stesso, ma anche di convincere altri ad andarvi.
Io sono tra questi. Non solo, infatti, mi ci sono recata più di una volta ma, in una estate di ormai parecchi anni fa, vi ho soggiornato addirittura per un mese. È stato bellissimo non solo perché ho potuto “godermi” quel luogo con pienezza di giorno, quando è affollato di gente che sfila devota e veloce, data la ressa, davanti alla Grotta, che ne palpa la roccia, quasi per impregnarsi della presenza che vi aleggia.
Ma anche di notte, quando il movimento dei pellegrini rallenta, le funzioni sono interrotte sino all’alba successiva e puoi startene seduto sulle panche bene allineate, ad ascoltare il silenzio. Un silenzio non faticoso da reggere, come è invece spesso altrove; un silenzio anche di ore, che tuttavia passano in fretta, perché ricolmo di quella presenza materna che ti incammina a Dio.
Ed è proprio in quei momenti che mi sembra di avere intuito il “segreto” di Lourdes. Sì, perché puoi studiare tutti i manuali di teologia che vuoi, percorrere le vie dei tanti libri di spiritualità che continuamente escono nelle librerie per spiegare il cristianesimo, ma difficilmente capirai il perché di quel problema di fondo che opprime l’uomo. Quella presenza del male, della malattia, della morte che incombe, come una nube oscura e maligna, sulla vita di tutti. Certo, non è che non si possano trovare delle spiegazioni adeguate. Ma esse sono tali da convincere magari la ragione che se ne dice persuasa. Ma che, tuttavia, lasciano afflitto il cuore che stenta a trovare consolazione.
Quel male, quella malattia cioè che, tra l’altro, sono presenti a Lourdes in forma, non solo massiccia, ma ancor più esplicita che in altri santuari mariani, perché qui tutto appare addirittura organizzato proprio in funzione di esso: pellegrinaggi interi dedicati ai malati, ospedali per accoglierli durante il soggiorno, carrozzelle speciali per ripararli anche in caso di pioggia, così facile nei Pirenei, schiere di assistenti per condurli con disponibilità e gentilezza e per rispondere ad ogni loro necessità. Lourdes, dunque, come una sorta di imbuto in cui sembra raccogliersi tutto il male del mondo, ha detto qualcuno.
Eppure è proprio qui che si compie ogni volta come una sorta di prodigio. Certo, anche i casi di guarigione fisica, sicuramente più numerosi dei pochi miracoli accertati dal Bureau médical. Ma soprattutto, dicevamo, miracoli di guarigione interiore, sia dei malati ma anche spesso dei sani che li assistono. Una pace del cuore ritrovata che nasce da una accoglienza serena o, almeno, rassegnata, di quella sofferenza che invece, fino a poco prima, appariva ingiusta, incomprensibile, inaccettabile. Una pace che trasforma la vita e la rende, nonostante tutto bella e vivibile.
Qui, sotto la sguardo materno di Maria e per sua intercessione, può compiersi quel cammino, assai difficile altrove, che permette di superare gli ostacoli che si frappongono e di giungere direttamente al cuore del cristianesimo. Ad intuire, cioè, in modo diretto che il dolore, nonostante le apparenze, riveste un suo significato profondo, che è quello stesso espresso dalla croce su cui Gesù è volontariamente salito. Quella croce che trasforma ogni sofferenza umana da tragedia senza spiegazione in un mistero che non è di morte ma di vita, perché al fondo di esso, brilla la luce della Risurrezione.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana