Francia: «Le scuole private non devono parlare di matrimonio». Sono tornati i giacobini

«I professori non possono insegnare certe materie liberamente», aveva  dichiarato il 22 novembre scorso il ministro dell’educazione Vincent Peillon. Le  discipline che toccano il tema delle Crociate, della Shoah, della storia delle  religioni sono considerate “sensibili”. Antoine Tresgots, delegato nazionale  dell’Unione dei sindacati autonomi e professore di storia e geografia, ha  spiegato che «tutto ciò che tocca l’identità degli alunni può diventare un  argomento scottante» e quindi da evitare.

 

Perché, a suo parere, «certi argomenti  richiedono un lavoro di oggettivazione, di presa di distanza», mentre altri non  sarebbero nemmeno verificabili. «Pertanto frasi del tipo: “I musulmani credono  che”, oppure “Gesù non è…” non possono centrare nulla con le mie lezioni».

 

LAICITA’? Questa la nuova laicità che il governo francese  sta introducendo, passando dall’idea di “laicità negativa” (che si pretende  neutra, ma che include solo la visione dello Stato rifiutando tutte le altre) a  quella “d’opposizione”, in cui lo Stato rischia di eliminare anche i margini  d’autonomia privata: ora anche la scuola cattolica potrebbe essere controllata  dalla Repubblica.

A farlo presagire sono le ultime dichiarazioni di Peillon  che, due giorni fa, una settimana prima della manifestazione in difesa del matrimonio tra  uomo e donna, ha esortato gli istituti cattolici a non discutere in merito al  matrimonio perché «c’è il rischio di cadere nell’omofobia». Ci vuole, ha  continuato il ministro, «una grande vigilanza (…) Non mi sembra quindi opportuno  trasferire il dibattito nelle scuole».

Alle parole di Peillon hanno fatto  seguito quelle di alcuni intellettuali. Il filoso e parlamentare Christian  Vanneste ha deplorato le dichiarazioni del ministro spiegando che se «il governo  intende costringere gli uomini a essere liberi. I giacobini sono tornati». L’editorialista di Le Figaro, Paul-Henri Du Limbert, ha sottolineato  che la «morale laica» in realtà è contro l’insegnamento cattolico e ha parlato  di una nuova inquisizione contro di esso.

«Per paralizzare l’avversario – si  legge – Vincent Peillon utilizza un argomento che confina con il terrorismo  intellettuale. Se comprendo bene, criticare “il matrimonio per tutti” (come lo  ha definito il ministro, ndr), è considerata di fatto la via per alimentare  l’omofobia. Certo, l’omofobia è un delitto. Ma da qui all’affermare che chi  dibatte sul matrimonio omosessuale è un delinquente ce ne passa». Perciò,  conclude Du Limbert, il ministro «invocando “il principio di neutralità”, a cui  l’insegnamento cattolico dovrebbe piegarsi, non ha obbligato piuttosto a una  sottomissione muta?».

Reazioni contrastanti sono apparse anche su Le  Monde, anche se ormai da tempo nella scuola si fatica a parlare liberamente  di qualsiasi tema che implichi un giudizio di valore. Non si può parlare di  evoluzione, di contraccezione, di fecondazione. Perché, ha ricordato a Le  figaro il presidente dell’associazione dei professori di biologia e  geologia, «le questioni legate alla sessualità», ad esempio, «sono difficili da  approcciare. Certi ragazzi potrebbero farsi una visione della donna che  contrasta con quella della Repubblica francese».

 

LO STATO IN CASA. A preoccupare tanti cittadini che non  vogliono che sia lo Stato a decidere per i propri figli è il fatto che la  dichiarazione di Paillon non è una semplice esagerazione estemporanea. Alla fine  di dicembre Manuel Valls, ministro degli Interni, ha fatto di più. Ha dato un  nuovo potere ai prefetti che controlleranno quei gruppi che riterranno sospetti  di «patologia religiosa». Musulmani, ebrei e cattolici compresi.

Benedetta Frigerio


 
Fonte: Tempi.it