La presenza trasversale dei politici cattolici in tutti i partiti è un dato ormai acquisito. La Chiesa ha a cuore i principi non negoziabili e chiede ai credenti di impegnarsi a loro difesa nella vita pubblica, a prescindere dallo schieramento nel quale si trovino ad operare». L’arcivescovo Rino Fisichella, ministro vaticano per la Nuova Evangelizzazione, gela le aspettative di quanti attribuiscono alla Chiesa “endorsement” o indicazioni di voto per Monti. «Non ci sono variazioni di orientamento rispetto a quanto stabilito nel 2002 dalla nota dottrinale di Joseph Ratzinger sull’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica», puntualizza.
Da più parti è stata attribuita alla Santa Sede una virata verso il premier. E’ così?
«Al di là delle espressioni contingenti, occorre sempre fare riferimento alla lungimirante e profonda nota dottrinale di Joseph Ratzinger sui cattolici in politica. E’ questa la chiamata fondativa e il programma per le scadenze che attendono l’Italia e per i cattolici che intendono impegnarsi in politica. La loro irrilevanza nella vita politica impoverirebbe la politica stessa ed è uno scenario da evitare. Ma il loro contributo deve essere attivo, aperto al dialogo, rivolto al bene comune e non agli interessi di parte. Aborto ed eutanasia non possono essere considerati dei diritti perché contravvengono ai principi fondamentali della legge naturale. E la famiglia va giuridicamente difesa dalla mera equiparazione ad altre forme di vita comune. E’ su questo campo che si misura il grado di coerenza di un politico cattolico, non sulle dichiarazioni a priori».
La Chiesa non cerca il referente unico?
«Ciò che viene indicato, vale per tutti. Tanto più che dobbiamo essere realistici nel constatare che nel Paese la presenza dei cattolici è trasversale in tutti gli schieramenti presenti in Parlamento. L’auspicio è che non venga mai meno questo loro ruolo e che i politici operino da cristiani in qualunque partito siano, senza subire passivamente tendenze generalizzate che scambiano per progresso della società le negazioni della vita, della famiglia e della libertà di educazione. Servono espressioni della vita politica che sappiano distinguere i diritti naturali dalle esigenze personali».
Un anno e mezzo fa il Papa auspicò per l’Italia un “intenso rinnovamento etico”. Si è realizzato?
«Come per la crisi economica, anche per la vita pubblica viviamo una fase di transizione. All’ultimo sinodo diversi vescovi hanno indicato come scopo il rinnovamento dell’impegno cristiano nella società e nella politica. E’ uno sforzo della comunità che deve vedere in prima linea i politici cristiani. E’ fondamentale l’assunzione di un rinnovato stile di vita che li faccia riconoscere come credenti. Uno stile di vita che non va imposto agli altri ma proposto come espressione di solidarietà e di rispetto della dignità umana».
Bastano i tagli per fare buona politica?
«Nell’azione di governo non si può assolutizzare l’orizzonte economico a scapito dell’attenzione a esigenze basilari come la salute, il lavoro, la famiglia che è forza economica e indispensabile sostegno all’assistenza. La Chiesa richiama principi fondamentali che vanno al di là della propria confessione religiosa. La crisi è stata creata da una mancanza di principi etici nell’economia e questo squilibrio ha aumentato le disuguaglianze tra ingenti capitali e massa dei poveri. E’ un delicato periodo di passaggio, caratterizzato da una grave debolezza della politica che si esprime in mancanza di progettualità e in passività rispetto alle forze economiche e finanziarie. Va recuperato un fondamento etico comune contro il relativismo. Una boccata d’ossigeno può derivare solo da una nuova capacità d’azione del Paese nel rispetto delle regole internazionali».
Incombono astensione e antipolitica…
«L’antipolitica nasce dall’incapacità della classe politica di rinnovarsi, di dare segnali di una presenza responsabile nel tessuto sociale e di evidenziare la sua azione a favore del bene comune. Ma l’antipolitica fine a se stessa non porta da nessuna parte. Anzi spinge a rinchiudersi nell’individualismo senza responsabilità».
Lo stile di vita di chi governa deve essere esemplare?
«Un cattolico che occupa un ruolo di guida ha anche questa responsabilità pubblica: l’essere credenti comporta una esemplarità di stile e contenuti. Dobbiamo essere capaci di riflettere positivamente in un momento di sfide decisive. Compiangersi sarebbe autolesionismo. La politica deve essere animata da una speranza di miglioramento per essere la più alta forma di carità. E’ compito dei politici cattolici attivare sinergie di forze positive anche con chi non crede: fede e ragione sono complementari».
Fonte: Vatican Insider