Un Papa che scrive libri su Gesù è il fatto straordinario che stiamo vivendo, mai prima conosciuto nella storia: ieri è stato pubblicato con il titolo L’infanzia di Gesù il terzo volume scritto da Benedetto XVI sotto il titolo generale Gesù di Nazaret. E’ un testo semplice e di grande fascino, leggibile da chiunque abbia abitudine alla lettura. Ripercorre le narrazioni degli evangelisti Matteo e Luca, le interpreta con l’apporto della critica storica, le difende dal sospetto sistematico sul loro carattere mitico, le ripropone con l’umile coraggio di chi ha sempre affermato, fin dal primo dei tre volumi: “Io ho fiducia nei Vangeli”.
“Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”: così il Papa firma il terzo volume come già i precedenti, volendo segnalare che egli ora completa da “vescovo di Roma” un lavoro che aveva iniziato prima dell’elezione e che non costituisce “in alcun modo un atto magisteriale”, come aveva chiarito nella premessa al primo volume. Il primo trattava della vita pubblica “dal battesimo nel Giordano fino alla trasfigurazione” (2007), il secondo andava “dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione” (2011), questo terzo tratta dei “Vangeli dell’infanzia” e intende porsi – dice l’autore nella premessa – “come piccola sala di ingresso ai due precedenti volumi”.
Da dove gli evangelisti Luca e Matteo hanno preso la storia da loro raccontata? Dobbiamo credere al “parto verginale” di Maria? Come interpretare le incerte notizie, tra mito e storia, sul censimento di “Tiberio Cesare” e sulla nascita a Betlemme, sui Magi e la Stella, sulla fuga in Egitto, sulla “disputa con i dottori del Tempio”? Di tutto questo, nel dettaglio e con il continuo recupero del campo lungo, tratta il volume.
Le fonti innanzitutto: gli autori dei Vangeli dell’infanzia come fanno a conoscere i fatti e le parole dell’annuncio e della nascita di Gesù? Per Ratzinger – Benedetto “si tratta evidentemente di tradizioni di famiglia” custodite “nel suo cuore” da Maria, come osserva Luca nel secondo capitolo del suo Vangelo: «Solo lei poteva riferire l’evento dell’Annunciazione, che non aveva avuto testimoni umani» (p. 25).
Il Papa sa che l’esegesi «critica» moderna considera «ingenui» collegamenti del genere, ma si chiede: «Perché Luca dovrebbe aver inventato l’affermazione circa il custodire delle parole e degli eventi nel cuore di Maria, se per questo non c’era alcun riferimento concreto?»
La “critica storica” tende a interpretare come mitica la narrazione della «nascita verginale di Gesù» proponendo paralleli con analoghe nascite per intervento della divinità che sono presenti nelle mitologie dell’Egitto e della Grecia ma il Papa teologo obietta che «non si può parlare di veri paralleli: nei racconti dei Vangeli rimangono pienamente conservate l’unicità dell’unico Dio e l’infinita differenza tra Dio e la creatura, non esiste alcuna confusione, non c’è alcun semidio”. Siamo cioè lontanissimi dal “racconto dell’unione tra Zeus e Alcmena dalla quale sarebbe nato Ercole” (p. 64).
Alla domanda se sia vero «ciò che diciamo nel Credo», sulla nascita del Figlio concepito di Spirito Santo e nato da Maria Vergine, per il Papa «la risposta senza riserve è sì». Rifacendosi a Karl Barth (pagina 68) afferma che nella storia di Gesù ci sono due punti nei quali Dio interviene direttamente nel mondo materiale: «la nascita dalla Vergine e la risurrezione». Due punti che «sono uno scandalo per lo spirito moderno», il quale può sì ammettere che Dio operi “sulle idee e sui pensieri, nella sfera spirituale, ma non sulla materia. Ciò disturba. Lì non è il suo posto. Ma proprio di questo si tratta: che cioè Dio è Dio, e non si muove soltanto nel mondo delle idee”.
Commentando le parole dell’Angelo a Maria “il suo Regno non avrà fine”, Ratzinger – Benedetto svolge la sua nota teologia delle “potenze del mondo” che “tentano di associare il proprio potere al potere di Cristo” e di fare del suo “regno” un regno di questo mondo: “A volte, nel corso della storia, i potenti di questo mondo lo attraggono a sè; ma proprio allora esso [il Regno di Cristo] è in pericolo: essi vogliono collegare il loro potere con il potere di Gesù, e proprio così deformano il suo Regno, lo minacciano. Oppure esso è sottoposto all’insistente persecuzione da parte dei dominatori che non tollerano alcun altro regno e desiderano eliminare il Re senza potere, il cui potere misterioso tuttavia essi temono” (p. 42).
Luca afferma che Gesù nacque in occasione di un “censimento di tutta la terra” indetto da “Cesare Augusto” e qui viene il problema delle date: si tratterebbe del censimento che lo storico ebraico Giuseppe Flavio colloca nel 6 dopo Cristo: Ratzinger argomenta – citando Alois Stoeger – che un censimento “nelle circostanze di allora si svolgeva in modo stentato e si protraeva per alcuni anni”, realizzandosi generalmente in due tappe: «innanzitutto nella registrazione dell’intera proprietà terriera e immobiliare e poi – in un secondo momento – nella determinazione delle imposte da pagare di fatto». La prima tappa sarebbe avvenuta al tempo della nascita di Gesù, la seconda negli anni successivi. E perché Giuseppe dovette recarsi a Betlemme per “registrarsi”, non risultando un tale obbligo dalla letteratura sui censimenti di epoca romana? Ma c’era l’obbligo di presentarsi dove si avesse possesso di terre: “Possiamo supporre che Giuseppe della Casa di Davide disponesse di una proprietà terriera a Betlemme così che, per la riscossione delle imposte, doveva recarsi lì” (p. 76).
Ciò che interessa al nostro autore è di mettere in rilievo che «i contenuti essenziali dei fatti riferiti da Luca rimangono, nonostante tutto, storicamente credibili: egli decise – come dice nella premessa del suo Vangelo – “di fare ricerche accurate di ogni circostanza”. Questo ovviamente con i mezzi a sua disposizione. Egli era pur sempre più vicino alle fonti e agli eventi di quanto noi, malgrado tutta l’erudizione storica, possiamo pretendere» (p. 76). Conclusione di Ratzinger – Benedetto: «Gesù appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato». E «se ci atteniamo alle fonti, rimane chiaro che Gesù è nato a Betlemme ed è cresciuto a Nazaret» (p. 79).
Crederemo anche alla strage degli innocenti? È vero, osserva Ratzinger – Benedetto, che «da fonti non bibliche non sappiamo nulla su questo avvenimento, ma considerando tutte le crudeltà di cui Erode si è reso colpevole, questo non dimostra che tale misfatto non sia avvenuto». Il Papa condivide l’opinione dell’autore ebreo Abraham Schalit: «Il despota sospettoso percepiva dappertutto tradimento e ostilità, e una vaga voce, arrivata al suo orecchio, poteva facilmente aver suggerito alla sua mente malata l’idea di uccidere i bambini nati nell’ultimo periodo».
Qui registriamo l’unica esplicita – anche se parziale – adesione del nostro autore a una lettura demitizzante dei testi evangelici: citando l’opinione del cardinale Jean Daniélou (p. 137), Ratzinger – Benedetto scrive: “A differenza del racconto dell’Annunciazione, l’adorazione da parte dei Magi non tocca alcun aspetto essenziale per la fede. Potrebbe essere una creazione di Matteo, ispirata da un’idea teologica; in quel caso niente crollerebbe (…). Daniélou stesso, però, giunge alla convinzione che si tratti di avvenimenti storici il cui significato è stato teologicamente interpretato dalla comunità giudeo-cristiana e da Matteo». Conclusione: «Contestare per puro sospetto la storicità di questo racconto va al di là di ogni immaginabile competenza di storici».
Di Gesù dodicenne ritrovato nel Tempio di Gerusalemme dai genitori che lo avevano perso di vita durante il ritorno dal pellegrinaggio della Pasqua, Ratzinger – Benedetto scrive: «In base alla nostra immaginazione, forse troppo gretta, della Santa Famiglia, questo fatto stupisce. Ci mostra, però, in modo molto bello che nella Santa Famiglia libertà e obbedienza erano ben conciliate l’una con l’altra. Il dodicenne era lasciato libero di decidere se mettersi insieme con coetanei e amici e rimanere durante il cammino in loro compagnia. Alla sera però lo attendevano i genitori» (p. 141).
Con questo volume il Papa teologo porta a termine una fatica di dieci anni, della quale così aveva parlato in un’intervista alla Radio Vaticana data da cardinale nel 2002, compiendo 75 anni e ribadendo il desiderio, che già aveva manifestato al compimento dei 70, di lasciare il servizio nella Curia Romana e di tornare agli studi: “Ciò che mi sta particolarmente a cuore sarebbe di scrivere ancora un libro su Gesù Cristo. Se mi fosse fatto questo dono, sarebbe il compimento del mio desiderio più grande. E a questo desiderio si unisce anche quello di avere abbastanza tempo e libertà per riuscire a portarlo a compimento”.
Quell’intervista è stata citata ieri dal portavoce vaticano Federico Lombardi ad apertura della conferenza stampa di presentazione del volume, avvenuta con la partecipazione del cardinale Gianfranco Ravasi – biblista e presidente del Consiglio per la Cultura – e di Paolo Mieli presidente della Rizzoli Libri. L’origine dell’opera da un progetto del cardinale Ratzinger e il genere letterario del saggio teologico sono le ragioni principali che hanno indotto l’autore, divenuto Papa, a proporre quest’opera su Gesù non come un atto di magistero ma come “un’espressione della mia ricerca personale del volto del Signore”. “Perciò – affermava nella premessa al primo volume – ognuno è libero di contraddirmi: chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza il quale non c’è alcuna comprensione”.
Quell’«anticipo di simpatia» vi è stato: i primi due volumi hanno avuto traduzioni in tutto il mondo con tirature milionarie e altrettanto è previsto per quest’ultimo, che esce in coedizione Rizzoli – Libreria Editrice Vaticana, conta 174 pagine e costa 17 euro. Il volume esce in contemporanea in nove lingue (italiano, tedesco, brasiliano, croato, francese, inglese, polacco, portoghese, spagnolo) e in cinquanta Paesi, per una tiratura globale della prima edizione che supera il milione di copie. Nei prossimi mesi sarà tradotto in altre venti lingue e diffuso in settantadue Paesi.
Il volume è diviso in quattro capitoli, dedicati rispettivamente alla genealogia per la collocazione di Gesù nella Storia; alla nascita di Giovanni il Battista e all’avvento del Nazareno con l’annuncio a Maria; all’evento nella grotta di Betlemme nel contesto storico dell’Impero Romano di Augusto; alla prima epifania con l’adorazione dei Re Magi. L’opera si conclude con un epilogo dedicato alla discussione con i dottori nel Tempio, ultimo episodio noto di un Gesù dodicenne, prima che ricompaia nei racconti evangelici al momento del battesimo nel fiume Giordano attorno ai trent’anni.
Articolo pubblicato da LIBERAL il 21 novembre 2012 alle pagine 8 e 9 con il titolo “L’identikit di Gesù Bambino”
Fonte: il blog di Luigi Accattoli