Perché il lavoro di domenica, come ha ricordato l’arcivescovo di Campobasso-Boiano Giancarlo Bregantini (che presiede la Commissione Cei per i problemi sociali, la giustizia e la pace), «si traduce nella triste domanda di tanti bambini: mamma, ma neanche oggi stai con me?».
È per questo che domani, sui sagrati di molte parrocchie in tutta Italia, si raccoglieranno le firme per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare che restituisca alle Regioni la potestà di disciplinare i calendari di apertura in base alle esigenze di ciascun territorio.
Una richiesta spinta da motivazioni etiche e sociali (ridare dignità al lavoro e unità alle famiglie), ma anche economiche. Pronta l’adesione di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, oltre ad alcune Regioni come Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana. Le domeniche aperte, ha sottolineato il presidente di Confesercenti Marco Venturi, «non hanno incentivato i consumi, hanno favorito la grande distribuzione trasferendo verso di essa quote di mercato degli esercizi piccoli e medi e hanno messo in ginocchio un settore già fortemente minacciato dalla crisi».
L’obiettivo dell’iniziativa non è quello di vietare aperture festive e domenicali ma di renderle compatibili con effettive esigenze di imprenditori e consumatori. Parlano i numeri: alla fine dell’anno i consumi delle famiglie saranno calati del 2,2% e, stando al monitoraggio realizzato da Regione Veneto e Unioncamere Veneto, per il 70% degli operatori della grande distribuzione la crescita dei costi non sarà compensata da un aumento delle vendite.
Fonte: Avvenire