A chi fa paura il presepe? Il sociologo Introvigne sul Natale “politicamente corretto”

Nella cittadina di Caorso, in provincia di Piacenza, con la motivazione di non offendere i bambini stranieri, la direttrice di un istituto scolastico comprensivo ha pensato di eliminare il presepe ed altri riferimenti religiosi a 120 bambini per far vincere – secondo lei – il multiculturalismo. Lucia Fiore ne ha parlato con il sociologo, Massimo Introvigne, responsabile in Italia dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, promosso dal Ministero degli Esteri italiano.


R. – Siamo di fronte a uno “sciocchezzaio” spesso neppure fondato su una conoscenza degli elementi di fatto. Ogni anno mi capita di intervenire su questi temi. Solo per rimanere alla mia regione, in Piemonte negli ultimi anni abbiamo avuto una scuola elementare che ha cambiato la parola “Natale” con “Festa della luce” – senza rendersi conto che per questo esiste un precedente ed è quello della Germania nazional-socialista – e un istituto scolastico che ha abolito il Natale per rispetto agli alunni cinesi prima di accorgersi che i pochi alunni cinesi presenti erano tutti cristiani!

D. – Togliere i riferimenti religiosi al Natale per concentrarsi su temi universali come l’amicizia e la fratellanza può essere questo un sano concetto di laicità?

R. – Credo proprio di no. Penso che chi fa queste proposte dovrebbe rileggersi le opinioni dei giudici della Corte europea e dei diritti dell’uomo in sede di appello nella sentenza Lautsi relativa al Crocifisso. Questi giudici ci dicono, con chiarezza, che proprio il riferimento a Gesù Cristo in un Paese come l’Italia – che, piaccia o no, è segnato così profondamente dalla cultura cristiana – anche ai non cristiani parla di temi universali come l’amore per tutti, il dare la vita per gli altri e il rispetto per ogni uomo.

D. – Si sentono discriminati questi ragazzi che non sono cristiani nel veder celebrare la festa?

R. – Chi si sente discriminato di solito fa parte di minoranze più spesso laiciste che non di altre religioni. Posso raccontare un altro episodio. Qualche anno fa proprio mentre a Milano alcune scuole pubbliche eliminavano il presepe o i fraterni “Buon Natale” per il presunto rispetto agli alunni musulmani, la scuola islamica – e io ci sono entrato quell’anno – proprio all’ingresso aveva un grosso cartello che augurava “Buon Natale”.

D. – Quale appello lancerebbe a chi ha preso questa decisione?

R. – L’appello è quello di riflettere sul deporre, per un momento, l’ideologia e fare prevalere quella che dopo tutto rimane una delle caratteristiche dell’ethos italiano, cioè il buon senso. Il buon senso, che è stato felicemente condiviso dopo i furori ideologici di primo grado dai giudici di appello della Corte europea dei diritti dell’uomo, ci dice che per gli italiani il Natale, la Pasqua, i riferimenti a Gesù Cristo, sono portatori di un messaggio universale che percorre tutta la nostra cultura, tutta la nostra letteratura, la nostra arte, la nostra storia, e che è un messaggio che fa appello ai valori più alti e nobili nell’uomo che come tale è stato condiviso e, di fatto, è condiviso da tanti non credenti.

 

Fonte: Radio Vaticana