Da questo pomeriggio l’ex aiutante di camera del Papa, Paolo Gabriele, è nuovamente detenuto nella caserma del Corpo di Vigilanza in Vaticano. L’arresto è avvenuto su ordine del promotore di giustizia, Nicola Picardi. Non essendo stati proposti appelli, aveva reso noto poco prima il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, la sentenza dello scorso 6 ottobre è diventata definitiva.
Gabriele è stato condannato a 3 anni di reclusione, con pena ridotta ad un anno e mezzo per furto aggravato di documenti riservati. La sentenza – si legge inoltre in un comunicato della segreteria di Stato – mette un punto fermo su “una vicenda triste, che ha avuto conseguenze molto dolorose”. Nel comunicato si ribadisce che “è stata recata un’offesa personale al Santo Padre”.
Si è violato “il diritto alla riservatezza di molte persone” che si erano rivolte al Papa; si è creato “pregiudizio alla Santa Sede e a diverse sue istituzioni”; si è posto ostacolo “alle comunicazioni tra i vescovi del mondo e la Santa Sede” e “causato scandalo alla comunità dei fedeli”. Inoltre – si sottolinea nel comunicato della segreteria di Stato – per un periodo di parecchi mesi “è stata turbata la serenità della comunità di lavoro quotidianamente al servizio del Successore di Pietro”.
Paolo Gabriele – si ricorda nel documento – è stato riconosciuto “colpevole al termine di un procedimento giudiziario che si è svolto con trasparenza, equanimità, nel pieno rispetto del diritto alla difesa”. Il dibattimento ha potuto accertare i fatti, appurando che Gabriele “ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili”.
Le varie congetture circa “l’esistenza di complotti o il coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate”. Con il passaggio della sentenza in giudicato, Paolo Gabriele “dovrà scontare il periodo di detenzione inflitto”. Si apre inoltre a suo carico la procedura “per la destituzione di diritto, prevista dal Regolamento Generale della Curia Romana”.
In rapporto alla misura detentiva – si legge infine nel comunicato – rimane “l’eventualità della concessione della grazia, che, come ricordato più volte, è un atto sovrano del Santo Padre”. Una concessone che presuppone ragionevolmente “il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi”.
Fonte: Radio Vaticana
Riproponiamo il nostro articolo Vatileaks, ovvero l’informazione omologata, perché dimostra che non avevamo sbagliato.