IMU e Chiesa/ Il giurista: non è un favore del governo al Vaticano

Il Consiglio di Stato ha espresso parere negativo nei confronti del regolamento del ministero dell’Economia in cui si precisano quali tipologie di immobili e genere di attività degli enti no profit che possono beneficiare dell’esenzione Imu. La vicenda aveva fatto  discutere in quanto coinvolge anche numerose attività legate alla Chiesa  cattolica. Per i magistrati è solo il Parlamento che può decidere su  questo argomento attraverso una legge.

Ora il governo può scegliere tra  due strade. Da un lato, prevedere una legge ad hoc che consenta al  ministero dell’Economia di apportare tutti i chiarimenti necessari.   Dall’altro ripresentare il testo del regolamento appena cassato dal  Consiglio di Stato sotto forma di proposta di legge. Sulla vicenda non  sono mancate le polemiche dell’Unione degli Atei e degli Agnostici e  Razionalisti (Uaar) che hanno gridato allo scandalo sostenendo che il  governo Monti starebbe cercando di favorire la Chiesa. Ilsussidiario.net  ha intervistato Alberto Gambino, docente di Diritto privato  all’Università Europea di Roma.

Professor Gambino, tutto è nato da una procedura d’infrazione da parte  dell’Ue …

La procedura era relativa all’esenzione del pagamento dell’Imu da parte  di alcuni enti, normalmente no profit. Per la Commissione Ue siccome gli  enti no profit possono comunque svolgere attività d’impresa e dunque  potrebbero anche essere veri e propri imprenditori, il fatto che non  paghino le tasse come tutti gli altri significa che l’Italia li sta  aiutando con fondi pubblici, e ciò rappresenta un aiuto di Stato.

Chi ha polemizzato ha subito parlato di un favore del governo alla  Chiesa …

E’ un tema che solo in parte tocca gli enti ecclesiastici e le attività della Chiesa, in quanto si riferisce a  un’infinità di enti, dai sindacati ai patronati, alle  organizzazioni no profit di tipo sociale, esentati dall’Ici/Imu in  quanto la loro attività è sempre stata ritenuta socialmente rilevante e  non finalizzata al lucro. Talvolta questi stessi enti hanno  effettivamente svolto attività finalizzate al lucro, ed è lì che sono  nate le perplessità a livello europeo. Il governo si stava dunque  apprestando a indicare quali fossero le attività esentate, specificando  analiticamente quali vadano intese come no profit, e che dunque  potrebbero anche avere un ritorno dal punto di vista economico, ma che  tuttavia non sono tali da garantire un profitto. Sono attività  commerciali ma non lucrative perché somministrate a costi fuori mercato,  o perché gli utili sono destinati ad altre attività socialmente  rilevanti, oppure perché la platea dei soggetti che fruiscono di queste  attività sono anche categorie protette che quindi non pagano per questi  servizi.

Per quale motivo il Consiglio di Stato ha bocciato il regolamento?

I magistrati nel loro parere affermano che questa catalogazione di  attività esulerebbe dai compiti dell’attività governativa. Mentre è solo  il Parlamento che nella sua sovranità può indicare quali sono le  attività lucrative, quelle pur commerciali ma non lucrative, e di  conseguenza consentire l’esenzione Imu solo a queste ultime. E’ un  parere squisitamente tecnico, che non entra nel merito né tocca quanto  è stato deciso in passato. La giurisprudenza ha stabilito ampiamente che  non tutte le attività che sono commerciali e quindi hanno un ritorno  economico, possono essere annoverate tra le quelle di impresa a fini di  lucro. Le sentenze dei giudici hanno dunque già esentato per le attività  commerciali senza fini di lucro che si debba pagare l’Ici/Imu sugli immobili dove si svolgono tali attività perché in base alla legge erano ritenute situazioni rilevanti ai fini sociali.

Quindi nulla di nuovo sotto al sole …

Ci troviamo di fronte a una situazione preesistente, che sulla base  dell’interpretazione dei magistrati consente l’esenzione di gran parte degli immobili di proprietà di enti no profit.  Se qualcuno vuole mettere in luce che il governo si sia voluto  sostituire al parlamento, le cose in realtà non stanno così. Il governo  tutt’al più ha cercato di cristallizzare una tendenza giurisprudenziale  che già in modo estremamente pacifico sta indicando la distinzione tra attività di impresa a fini lucrativi e attività commerciali no  profit. Il regolamento del ministero dell’Economia non innova lo stato  preesistente delle cose, ma chiarisce con maggiori dettagli gli orientamenti della nostra giurisprudenza.

Ma l’obiettivo del governo era o no aiutare il Vaticano?

Non è corretto affermare che il governo abbia compiuto un atto in  qualche modo di favore verso gli enti ecclesiastici. Il ministero dell’Economia stava dando piena luce a criteri e  principi già ampiamente recepiti nell’applicazione della legge da parte  dei nostri giudici, e quindi stava preparando un catalogo adeguato nei  suoi dettagli. Il Consiglio di Stato ha stabilito che questo catalogo in  effetti è legittimo, ma che è opportuno che sia il Parlamento stesso a  realizzarlo e non una fonte secondaria come un regolamento governativo. Quindi il Consiglio di Stato non sta affatto mettendo in dubbio la  legittimità di intervenire a favore degli enti no profit, perché se così  fosse neanche una legge dello Stato potrebbe andare contro una procedura  d’infrazione aperta in sede europea.

Pietro Vernizzi


Fonte: ilsussidiario.net