«Sei pronta?». «Abbastanza». Aveva risposto così, a suo padre, mentre si accingeva a salire all’altare dove avrebbe sposato Enrico. Era il 21 settembre 2008. Quattro anni più tardi, il 13 giugno 2012, la sposa muore a 28 anni per salvare il figlio che porta in grembo. La sua storia ha fatto il giro del mondo. Mentre per la Chiesa, che parlò al suo funerale per bocca del cardinale Agostino Vallini, è una «seconda Beretta Molla».
Di lei è girata su YouTube una testimonianza toccante. Domenica 23 settembre 2012, a Torino, in un incontro organizzato da un gruppo chiamato al servizio negli ospedali e nelle carceri, “I Giullari di Dio”, davanti a 400 giovani, questa donna ha parlato nuovamente in un filmato inedito che la ritrae a un mese dalla morte. Quando sapeva di essere malata allo stadio terminale. Ed ecco cosa ha raccontato a centinaia di ragazzi che non l’hanno mai conosciuta. E che ora non dimenticheranno tanto facilmente il suo nome, Chiara Corbella.
A 18 anni, Chiara aveva incontrato il suo futuro marito Enrico in un pellegrinaggio a Medjugorje. Tornata a casa aveva detto: «Papà, io quello me lo sposo». Ma le cose non erano andate nel verso giusto. (Non siamo in uno show televisivo di cuori infranti che si ricompongono sotto le telecamere e gli applausi del pubblico, siamo in un auditorium di Torino in cui vediamo il volto e ascoltiamo le parole di una condannata a morte: al suo fianco c’è un marito che sa che di lì a poco sua moglie non ci sarà più, e Chiara rievoca la loro storia).
«Bè Signore, gli dissi, tu me lo hai fatto trovare, tu me lo togli, ora torno lì e mi spieghi perché». Apice della crisi. Chiara che si imbarca sul primo traghetto e torna a Medjugorje. Chiara che si ritrova serena ma a cui rimane anche una domanda molto impellente (e molto ruspante, molto alla romana, perché lei è proprio una simpatica romana). «Si va bè stai serena…che vor dì Signore? Che devo fare?». Chiara si racconta. E racconta di una ragazza che cercava «risorse umane che in me non c’erano più, mentre il Signore mi diceva: “Aspetta, fidati”».
E invece lei vuole fare di testa sua. Lo chiama senza ottenere nulla. E poi va in Australia, decisa a dimenticarlo. Ma tornata lo ritrova su Msn. I giovani che assistono al filmato in sala sorridono. «Scriveva che voleva i pesi per far ginnastica». Allora Chiara glieli porta di persona. Lei è in pena mentre lui le dice di essere serenissimo. «Sì – spiega Enrico, ruspante anche lui, anche lui romano – perché dovete sapé che senza Chiara io me ero tolto un peso de dosso, senza Chiara io pensavo de sta’ meglio».
Anche Enrico rievoca quei giorni, quegli anni. E spiega perché una volta non riusciva proprio ad amarla. «Ho sempre avuto una paura incredibile della morte, da quando a 22 anni persi mio padre. Se tutto muore come faccio a legarmi per sempre e a dare tutto?». Poi succede qualcosa. «Capii che la paura è una menzogna, che la vita non ce la diamo noi, che come ha ripetuto Chiara “siamo nati e non moriremo mai”». Chiara intanto era corsa disperata da un amico frate francescano. «E lui mi chiede: “Ma perché te sei così incaponita?”. E mi dà da meditare un pezzo dell’Apocalisse: “Quando Egli apre nessuno chiude, e quando chiude nessuno apre”. È stato allora che mi è proprio cambiata la vita. Ho detto: “Va bene, forse non ci ho proprio capito niente Signore”».
Chiara si arrende e torna da Enrico. Lui è là fuori arrabbiato. Lei piange mostrandosi per quella che è e lui la perdona. Ricominciano. Vanno a un pellegrinaggio. «Al ritorno lui mi fa: “Ci sposiamo?”. E io: “Ma che dici? Ma sì!”». Ride ancora Chiara. Insieme a un pubblico di giovani che la guarda e l’ascolta con occhi e cuore teso in quell’ultimo suo filmato. Adesso lei prende fiato, la lingua è malata e le rende difficile la parola. Ma si capisce, vuole parlare, ci tiene a raccontare la sua storia, la storia tra un uomo e una donna. «Abbiamo litigato ancora una sera intera, litigavamo su tutto, perche lui doveva spiegarmi come funzionavano le leve: non era possibile che a 24 anni non sapessi cosa fossero… Adesso ho capito, però». Ride ancora, Chiara. «Siamo arrivati al matrimonio con una serenità incredibile rispetto a quelli che ci conoscevano e che ci avevano visto litigare per qualsiasi cosa. Sembrava non ci fosse davvero più niente a metterci paura. Era così. Avevamo affrontato le nostre paure e avevamo smesso di pretendere. Avevo detto: “Mi fido Signore”, e Dio ci aveva allenati ad attendere».
Dopo il matrimonio Chiara rimane subito incinta. Ma dall’ecografia all’ottava settimana viene un responso ferale. Enrico è in ospedale per un intervento e lei non sa come dirgli che Maria non ha il cervello. Che morirà subito dopo la nascita. Allora scrive al marito. E lui le risponde. «Questa è nostra figlia, la accompagneremo fin dove possiamo». Ancora una volta la commozione in sala è spenta da questa fantastica romana. Che ha ancora la forza di sorridere. Ed è sul ciglio della tomba. Sta ricordando la sua prima gravidanza. E tra un mese lei stessa non ci sarà più.
Ma lei sorride. E intercala battute, ed è davvero una simpatica romana. «Bè, io ci sono rimasta, ho detto: ammazza, ma questo mi ama sul serio, così come lo amo io». In ospedale le dicono che quella che aveva portato in grembo non era vita. «Non volevano nemmeno farci vedere Maria. E invece ho detto: “Datemela”». E Maria è stata battezzata.
Accoglienza e sacrificio
Dopo la morte della primogenita, Enrico e Chiara tornano a Medjugorje. Per ringraziare Maria e chiedere la grazia di una nuova gravidanza. E la grazia accade. E il dolore anche. L’ecografia dice che Davide non avrà gli arti inferiori. «Vabbè Signore, dico, ma che ci stai chiedendo? Capii che in fondo la prima volta il Signore ci aveva chiesto: “Siete disposti ad accompagnare un figlio fino a dove vi chiedo e basta?”. Ora ci diceva: “Sei disposto ad accogliere un figlio disabile nella tua famiglia?”. Abbiamo risposto ancora di sì».
Ma poi l’annuncio che anche Davide, appena nato, morirà. Entra in scena Enrico. Dice: «I nostri figli non sono nostri, ce mancano, non è che…». E non ce la fa proprio a chiudere la frase. Mentre Chiara è lì. Ancora un mese prima di morire. Con questa sua lingua affaticata. Col cancro che avanza. A confortare il suo sposo. E sorride, Chiara. Col sorriso bello e ruspante di una ragazza romana. «Se tuo figlio vince ’na borsa de studio e deve andare in America e tu sai che la sua fortuna è andà là, che fai? Non ce lo mandi? Ce lo mandi anche se te dispiace!».
E così arriva il terzo figlio, Francesco. Questa volta è vivo, sta bene, cresce sano nel grembo di sua madre. E invece a Chiara hanno scoperto un carcinoma. Maligno. E lei decide che la cosa più importante è Francesco. Decide che curerà il cancro solo dopo il parto. E tutto ritorna preghiera. Intorno a lei si forma un popolo. Si raduna gente che sta in capo al mondo. Mentre i due sposi ripetono la promessa che si sono fatti vicendevolmente davanti a Dio e al popolo, al loro matrimonio: «Chiediamo a voi, fratelli e sorelle, di pregare con voi e per noi, perché la nostra famiglia diffonda nel mondo luce, pace e gioia».
Chiedere la guarigione
Enrico, come Chiara, sente tutto il peso del dolore, lo sgomento. E spiega che «io nella vita ho sempre avuto paura del buio, so’ pieno di paure, perciò onestamente a me sembra una cosa soprannaturale aver affrontato ’sta roba e quindi io sento di aver vissuto un miracolo insieme a mia moglie».
Chiara racconta la sua ultima “discussione” avuta con il Padreterno: «Signore, o mi guarisci oppure mi dai la grazia di vivere questo momento, mi devi però convincere che è molto meglio che io raggiunga i miei figli. Così, da quando sono uscita dall’ospedale ho iniziato a pensare: oh Dio adesso come si fa? Ho pensato a tutte le difficoltà a cui sarebbe andato incontro Enrico da solo e ho passato un po’ una notte così, un po’ sveglia. E ho detto: “No, così non si può vivere. Fossero gli ultimi momenti della mia vita, li devo vivere chiedendo al Signore la grazia”. Se no umanamente si impazzisce».
Dopo un ennesimo viaggio a Medjugorje, Chiara ritrova la serenità. «E ho detto: “Signore questo è il miracolo”». Chiara chiede «la grazia di vivere la grazia». E poi ringrazia. «Perché anche se fossero i momenti finali è un privilegio sapere in anticipo di morire e… – la voce la si rompe in un groppo in gola – uno così può dire ti voglio bene!». E noi che ascoltiamo queste parole restiamo impietriti davanti a tanta strana bellezza.
Benedetta Frigerio
Fonte: Tempi.it