All’inizio del secolo XX, il numero dei cristiani in tutta l’Africa era solo di qualche milione. Oggi, invece, al principio del secondo decennio del secolo XXI, il cristianesimo è la prima religione dell’Africa. Ha nettamente superato l’islam. Lo documentano inoppugnabilmente i dati che sono stati presentati la settimana scorsa al congresso sulla religione in un contesto globalizzato, organizzato nell’Università di El Jadida, in Marocco, dal CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, la rete internazionale di studiosi del pluralismo religioso diretta dal sociologo torinese Massimo Introvigne.
Secondo quanto emerso al convegno – dove si sono espressi 70 oratori di 18 Paesi e di tutti i continenti –, i cristiani rappresentano infatti il 46,53% della popolazione africana rispetto al 40,46% dei musulmani e all’11,8% degli aderenti alle religioni africane tradizionali. Su 59 Paesi africani, 31 hanno una maggioranza cristiana, 21 una maggioranza musulmana, e 6 vedono la presenza maggioritaria delle religioni tradizionali.
Nel 1900 i cristiani in Africa erano soltanto 10 milioni, ma nel 2012 hanno raggiunto i 500 milioni. Ovvero nel 1900 gli africani erano il 2% dei cristiani del mondo mentre oggi sono il 20%: e questo significa che, stando alle previsioni statistiche basate sui trend attuali, fra dieci anni i cristiani africani saranno il maggiore blocco continentale all’interno del cristianesimo, superando l’Europa e le Americhe. È un dato importante e al contempo clamoroso. Pochi infatti ne sono a conoscenza, e meno ancora sono coloro che ne traggono considerazioni profonde. A parte la Chiesa Cattolica.
Non da oggi la Chiesa Cattolica rivolge infatti all’Africa e al cristianesimo africano attenzioni particolari, profondendo uno sforzo missionario intelligente e innamorato, oltre che (i risultati che si registrano ora lo dimostrano rotondamente) efficace. Non da oggi la Chiesa Cattolica sa che la speranza viene dal mondo non occidentale, in specie proprio dall’Africa.
Con il realismo che la contraddistingue, la Chiesa Cattolica vede da tempo come, tristemente, la crisi della fede che travolge l’Occidente stia raggiungendo, se non livelli irreversibili (che, su questi argomenti, non esistono), certamente situazioni drammatiche.Non da oggi, quindi, con saggezza e sagacia la Chiesa Cattolica sta per così dire «stimolando» «la riserva coloniale» da cui sola può rinascere una cultura autenticamente cristiana.
La Chiesa Cattolica è infatti la prima a sapere – e a sapere avendone studiato bene le cause – che quanto in stagioni diverse l’Europa felicemente, pur tra le difficoltà, esportò nel mondo oggi fiorisce più proficuamente nelle «periferie dell’impero” che non nelle aree metropolitane, e che dunque l’unico modo per invertire il senso di marcia verso il baratro sui cui è incamminato l’Occidente è quello di auspicare, propiziare e preparare un ritorno a casa: una nuova missione che percorra l’antica rotta al contrario.
I missionati di ieri, cioè, che si fanno oggi missionari verso coloro cui originariamente debbono la fede (e la cultura che ne deriva, generatrice dell’unico umanesimo sostenibile). Andare a Messa la domenica in una delle nostre città ben pasciute e annoiate, e vedere un celebrante nero come il carbone che amministra il sacrificio di Cristo sull’altare con una cura, una devozione e un’attenzione che noi abbiamo dimenticato, e che pure esorta alla conversione noi bianchi radical-chic con una profondità, una sincerità e una freschezza che dalle nostre parti ci siamo persi per strada, è cosa oramai piuttosto comune. Il che rincuora.
Non fosse per i neri, infatti, non fosse per gli africani, i nostri altari sarebbero deserti, e certi grandi appuntamenti pubblici della fede, dal raduno per partecipare alla Messa celebrata dal Papa dentro uno stadio o sulla spianata di un aeroporto alle marce per la vita, sarebbero indubbiamente più magri.
La speranza riposa davvero in Africa, e la Chiesa Cattolica lo sa meglio di chiunque altro. Qualunque cosa ne pensi soggettivamente, lo sa del resto altrettanto bene la scienza vera. Solo gli addormentati non ricordano che la sociologia seria propone infatti alla meditazione questi dati già da parecchio. Lo storico e sociologo gallese Philip Jenkins, classe 1952, cattolico convertitosi all’episcopalianesimo, Distinguished Professor di Storia alla Baylor University di Waco, in Texas, e docente emerito di Scienza umane alla Pennsylvania State University di University Park, pubblicò nel 2002 un libro decisivo, The Next Christendom: The Rise of Global Christianity (Oxford Universoty Press, New York), seguito nel 2003 da un secondo straordinario affondo, The New Anti-Catholicism: The Last Acceptable Prejudice (Oxford University Press, New York).
Tradotto in molte lingue, fra cui il cinese a Taiwan e l’italiano, lingua in cui il libro è comparso con un titolo che svapora la forza e la bellezza dell’originale, La terza chiesa: il cristianesimo nel XXI secolo (prefazione di Franco Cardini, Fazi, Milano 2004), il ragionamento di Jenkins sulla «Cristianità ventura» – quella che prosegue, pur diversificandolo e in parte modificandolo, il cammino intrapreso dalla Cristianità romano-germanica, detta spregiativamente «Medioevo», e raccolto dalla nuova Cristianità dell’evo moderno, quella generata dall’«allargamento» missionario dell’Europa, incominciato con l’epoca delle grandi esplorazioni geografiche – è di quelli che colgono del segno. Chi avesse letto, e per tempo meditato, quello studio si sarebbe infatti accorto che l’analisi demografica, e le considerazioni sociali che ne conseguono, ha già spostato inesorabilmente il baricentro, e quindi l’equilibrio, del cristianesimo nel mondo a sud, soprattutto in Africa.
Certo, non è affatto detto che l’islamismo ultrafondamentalista che apocalitticamente pensa di avvicinare quella fine dei tempi che fa guadagnare il paradiso ai veri credenti attraverso il terrorismo abbia letto con dovizia gli scritti di Jenkins; nondimeno giunge alle medesime conclusioni. Forse è anche per questo che l’offensiva militare contro i cristiani nel mondo e in specie contro quelli africani (Boko Haram docet) sta conoscendo una recrudescenza forse mia vista.
Se infatti in un luogo come l’Africa – dove gli sforzi per l’islamizzzione forzata e sanguinosa si consumano da decenni nell’indifferenza dei più, dal Sudan alla Nigeria – i cristiani non solo non diminuiscono, ma aumentano, e anzi superaro di numero i propri carnefici, chiamatela come volete, ma per un islamista provetto questa altro non è che una sconfitta cocente.
Per noi occidentali, invece, richiamati quotidianamente dall’esempio dei cristiani africani, anzitutto da quello dei suoi martiri, la crescita della fede nel Continente Nero dovrebbe sferzare l’orgoglio perduto. Noi europei, noi occidentali abbiamo saputo in altre epoche portare in quei luoghi allora misteriosi quanto di meglio possedevamo e ora, come figli che superano i padri, gli africani tornano, sin dentro le nostre città, a ricordarci tale bellezza. L’Europa non è più il centro del mondo, e nemmeno del cristianesimo. E questa è la notizia di un nostro successo. Tiriamone le conseguenze adeguate.
Fonte: Ragion Politica