La incontro per caso, su una panchina. Sembra una studentessa, ma non lo è. Forse è l’assistente di qualche professore. Ma no. E’ un Procuratore Distrettuale! Un “Pubblico Ministero” dello stesso ufficio che fu del mitico Giuliani! Adesso mi fa paura. “Gli amici dicono che metto la gente in gabbia”: Meghan – questo è il suo nome di battesimo – dice “gabbia” in italiano. Ha studiato l’italiano. Conosce “Comunione e Liberazione”. E’ stata in Italia.
Ma qui siamo a Queens, uno dei cinque grandi distretti di New York. Siamo alla “St. John’s University”, una magnifica Università dei Padri Vincenziani: 21.000 studenti, tanti prati e tante panchine. Su una panchina Meghan ed io mangiamo il panino della busta-pranzo del Congresso sulla “Manhattan Declaration” , la “Dichiarazione Manhattan”. Le lezioni continuano come sempre, ma l’Università ha messo l’auditorium a disposizione del Congresso che dura tutto il giorno, salvo la pausa per il panino. “Difendiamo la libertà religiosa”, c’è scritto sui foglietti che annunciavano la “Manhattan Declaration”, distribuiti nelle parrocchie. A mese dalle elezioni presidenziali del 6 novembre il Congresso sulla “Dichiarazione” vuole risolvere il dubbio dei Cattolici: votare pro o contro Obama?
Innanzi tutto: perché “Manhattan Declaration”? Al tempo della Seconda Guerra Mondiale “Progetto Manhattan” (Manhattan Project) si chiamò il piano degli scienziati, con Einstein e il nostro Fermi in testa, che portò alla costruzione della bomba atomica . Partito da Manhattan – ecco il perché del nome – il progetto si sviluppò poi in laboratori di altre zone degli Stati Uniti. Ma che c’entra la religione con la bomba atomica? C’entra e non c’entra. Non c’entra perché, ovviamente la Chiesa non si mette a confezionare bombe atomiche. Ma c’entra perché, oggi, la Chiesa, a un mese dalle elezioni, vuole scuotere l’apatia dei Cattolici americani Vuole motivare i Cattolici. Vuole una svolta, un’esplosione, e gli oratori del Congresso hanno parlato apertamente del dovere del voto in difesa della libertà religiosa.
“Il Congresso non emanerà alcuna legge che sancisca l’instaurazione di una religione o proibisca il libero esercizio della medesima” proclama il Primo Emendamento della Costituzione Americana. Eppure la libertà religiosa è in pericolo, sottolinea la “Manhattan Declaration”. Senza la libertà religiosa la Chiesa non può svolgere la propria missione. Senza la libertà religiosa la Chiesa non può gestire la rete imponente dei propri enti caritativi. La libertà religiosa è l’ossigeno della Chiesa cattolica. Ecco il perché del titolo vagamente guerriero della “Dichiarazione”. Manhattan, qui, comunque, è solo un nome che suona bene. La materia del contendere è, ancora una volta, la famosa “Obamacare”, la Riforma Sanitaria. Approvata nell’aprile 2010 e in fase di attuazione, nel febbraio di quest’anno la legge di riforma ha attaccato frontalmente la Chiesa cattolica perché ha ordinato alle organizzazioni cattoliche di fornire assicurazioni sanitarie alle proprie impiegate per anticoncezionali e aborti, misure in aperto contrasto con la morale cattolica e quindi violazioni della libertà religiosa.
Ma i Cattolici sono in preda al dubbio: votare per Obama e il Partito Democrtico vuol dire votare per l’Obamacare, e quindi contro la libertà religiosa, votare contro Obama vuol dire tradire il Partito Democratico, il Partito a cui, per tradizione, danno il voto.
In giugno la Corte Suprema ha approvato una parte dell’Obamacare. Ma l’Obamacare consta di 2.000 pagine e la parte approvata toccava solo indirettamente la libertà religiosa. Tuttavia i Cattolici speravano in una bocciatura che avrebbe rimescolato le carte. Ma non è stato così. Però i Vescovi non erano rimasti con le mani in mano. A partire da febbraio, i Vescovi sono scesi in campo: raduni di protesta, sermoni sulla libertà religiosa in tutte le chiese, pioggia di ricorsi degli enti cattolici ai tribunali di prima istanza, data la protezione della libertà religiosa garantita dalla Costituzione . La “Dichiarazione Manhattan” è però la protesta più pittoresca. Il titolo intero è “Difendiamo la libertà religiosa: la Dichiarazione Manhattan attraversa il fiume”. “Attraversa il fiume” perché Manhattan è un’isola divisa dalla terra ferma dall’East River.
Sulla terra ferma ci sono Queens e Brooklyn, due enormi distretti della città di New York, con milioni di abitanti. Ebbene, la settimana scorsa la “Dichiarazione” si è idealmente trasferita sulla terra ferma, a Queens, nella “St.John’s University”. Qui, la settimana scorsa, qualche centinaio di persone si è riunito per parlare della “Dicharazione”. Rappresentavano le 532.461 persone che la settimana scorsa, la “Dichiarazione” l’avevano già firmata.
La battaglia per la vita, contro l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito, la difesa del matrimonio come unione di un uomo e una donna, la difesa della libertà religiosa questi i tre punti-base della “Manhattan Declaration”. “Vengo da una famiglia democratica da generazioni. Una famiglia cattolica”, mi spiega Meghan. Meghan è di origine irlandese, e quindi cattolica come sanno esserlo gli Irlandesi. Finora non c’era contraddizione fra il Partito Democratico e la Chiesa, ma adesso sì. Se l’è “ svignata” dall’ufficio, mi racconta Meghan, per venire qui e chiarirsi le idee. Con tutta la sua preparazione giuridica Meghan non ha le idee chiare: figuriamoci gli altri!
L’attaccamento dei Cattolici alla Chiesa e al Partito Democratico ha radici lontane. Il 1858 è l’anno in cui fu posata la prima pietra della Cattedrale di San Patrizio, terminata nel 1879. Chi pagò la costruzione della splendida Cattedrale di New York? Le donne di servizio irlandesi e cattoliche delle famiglie inglesi della città: un soldino alla volta. Le donne, a quei tempi, non votavano, ma i loro uomini sì, ed erano tutti cattolici e democratici.
Quando nacquero gli Stati Uniti, i Cattolici erano solo l’1%. Ma, a metà ottocento, arrivarono gli Irlandesi. Poi vennero i Tedeschi, gli Italiani, i Polacchi. Tutti Cattolici , e l’80% , Democratici. Col tempo, l’adesione al Partito Democratico si è ridimensionata e i Cattolici, qualche volta hanno fatto delle puntate in campo repubblicano : nel 1972, con Nixon che aveva promesso di far cessare la guerra nel Vietman, con Reagan, nel 1980 e 1984, e con Bush nel 2004. Ma nel 2008 il 54% dei Cattolici ha votato per Obama. Che faranno i Cattolici adesso?
Ma non si tratta solo di eleggere o no Obama. Oltre alla Presidenza, il 6 novembre saranno in ballottaggio tutti i 435 seggi della Camera dei Deputati, 33 seggi (su 100) del Senato, 11 Governatorati (su 50) e migliaia di incarichi a livello statale o locale. L’elezione del Presidente non si basa, come da noi, su “ogni elettore un voto”. Il numero dei voti è assegnato Stato per Stato. La California ha il maggior numero di voti elettorali: 55, il Wyoming solo 3. La California ha più voti elettorali di tutti gli Stati perché ha un numero di abitanti maggiore degli altri Stati. Il Wyoming ha solo 3 voti perché è immenso, ma quasi vuoto. Ma, attenzione.
I voti sono assegnati agli Stati “in proporzione” al numero degli abitanti, non direttamente ai singoli abitanti. Ogni Stato contribuirà col proprio “pacchetto” di voti all’elezione del candidato che ha ottenuto più consensi “dentro” lo Stato. Il totale dei voti elettorali degli Stati è 538. Vince la Presidenza il candidato che raggiunge il numero magico della metà più 1, cioè: 270. Il meccanismo delle elezioni delle altre cariche, dal Presidente in giù, è però, più o meno, simile al nostro. I Cattolici, se vogliono, potranno dividere il voto : votare in un modo per il Presidente e in un altro modo per i candidati locali che loro conoscono più da vicino.
Su 311 milioni di Americani i Cattolici sono il 68 milioni: rappresentano un quarto degli elettori. Oggi i sondaggi li danno a 47% per Obama e 45% per Romney. Il voto cattolico, dicono gli esperti, è il più difficile da pronosticare perché i Cattolici sono gli elettori più oscillanti. Di solito vanno con chi vince.
Il Congresso della “Manhattan Declaration”, non si addentra però nel labirinto politico, non insegna come giostrare il voto. Il messaggio è “fedeltà” : fedeltà alla vita, al matrimonio, alla libertà religiosa che porta dritta alla carità. Meghan, seduta accanto a me nell’auditorum, ha preso appunti tutto il tempo. Non dice nulla. La fedeltà degli Irlandesi non si discute.
Fonte: Zenit