MURALES PRO TIBET. In un sobborgo di Corvallis, una cittadina di 54 mila abitanti a 80 miglia da Portland, nell’Oregon, Stati Uniti, il commerciante originario di Taiwan David Lin (nella foto, davanti al murales) ha commissionato su uno stabile di sua proprietà un murales lungo 30 metri e alto tre, dove viene raffigurato da una parte la pacifica campagna di Taiwan e dall’altra una scena brutale di poliziotti cinesi che picchiano manifestanti in Tibet e un monaco buddista che si auto-immola per protestare contro il regime comunista.
«Per protestare loro arrivano fino a darsi fuoco» ha motivato Lin la sua iniziativa riferendosi agli oltre 50 tibetani che negli ultimi tre anni si sono dati fuoco, «e noi non possiamo rimanere indifferenti».
CORVALLIS NON È MILANO. Il consolato cinese di San Francisco, venuto chissà come a conoscenza dell’iniziativa, ha inviato una lettera al sindaco di Corvallis ingiungendo che il murales doveva assolutamente essere cancellato prima di «danneggiare» le relazioni tra Cina e Stati Uniti. Il sindaco Julie Manning, stupita dalla missiva comunista, dimostrando un coraggio superiore rispetto a quello di tanti altri suoi colleghi (leggi Pisapia) davanti a simili minacce, ha risposto: «Non vedo come il mio governo possa intervenire in questo tipo di situazioni, ad ogni modo il murales riflette la libertà di espressione che il Primo emendamento della nostra Costituzione protegge». In soldoni, ha risposto picche.
LA CINA SI OPPONE. Scornati, i membri dell’ambasciata cinese sono volati in Oregon e poi fino a Corvallis per parlare personalmente al sindaco, che ha definito l’incontro «cordiale», ma che non ha cambiato le cose: «Ho detto loro che anche volendo, e non voglio, non potrei far distruggere quel murales». I diplomatici cinesi se ne sono tornati a San Francisco con un nulla di fatto ma pochi giorni dopo il portavoce del ministro degli Esteri cinese ha dichiarato a riguardo: «Noi ci opponiamo che all’estero si cerchi di appoggiare le attività separatiste e indipendentiste degli abitanti di Taiwan e Tibet».
«È UN CASO UNICO». La Cina ha invaso il Tibet nel 1950 e da allora, come dichiarato dal Dalai Lama che è stato costretto a fuggire, la vita dei tibetani «è diventata un inferno in terra», mentre non ha mai riconosciuto l’indipendenza di Taiwan. Come dichiarato da Todd Stein, membro dell’associazione International Campaign for Tibet, ha dichiarato che da sempre la Cina minaccia chi cerca di interferire nei suoi affari interni, ma si era sempre concentrata sulle grandi città o Stati esteri. «Che si siano disturbati a viaggiare fino alla piccola cittadina di Corvallis» significa che la repressione del dissenso è aumentata e che «non lasceranno più passare neanche il più piccolo tentativo di protesta».
LIN NON MOLLA. L’appoggio ricevuto dal sindaco di Corvallis e da tantissima gente hanno però rincuorato David Lin: «Non me lo sarei mai aspettato. Ringrazio tutti. Ora mi sento ancora più forte e non farò nessun passo indietro, anche se ho paura che possa succedermi qualcosa». Neanche il regime comunista cinese, infatti, è abituato a fare un passo indietro.
LeoneGrotti
Fonte: Tempi.it