Che cosa può spingere il settimanale satirico francese Charlie Hebdo, in questo momento caratterizzato dall’esplosione della rabbia di molti musulmani per il film blasfemo su Maometto, a pubblicare delle vignette satiriche sul profeta dell’islam?
Vedrete che qualcuno, nella Francia della laicité, parlerà di atto di coraggio: la «libertà» dell’Occidente non si piega al diktat del fondamentalismo religioso. Già nel 2005, alcune vignette su Maometto scatenarono una rivolta in tutto il mondo musulmano. Oggi la dimostrazione di «libertà di satira» francese non farà che aggravare ulteriormente una situazione già preoccupante.
Immagino già l’obiezione: perché mai in Occidente l’unica (grande) religione che può essere «provocata» è quella cristiana – si pensi ad alcune recenti espressioni «artistiche» – mentre altre, e in particolare quella musulmana, non possono essere sfiorate a motivo delle gravi conseguenze a cui si va incontro? La questione, a mio avviso, andrebbe capovolta. Innanzitutto domandandosi se, proprio in nome della laicità, non sia il caso di riflettere sulla necessità di rispettare maggiormente i simboli religiosi delle diverse fedi, invece di servirsene per operazioni studiate a tavolino così da diventare casi mediatici e ottenere visibilità e pubblicità.
Ma c’è qualcosa di più. Qualcosa di più importante. Ed è la responsabilità. È lecito, in nome della libertà di satira, mettere a repentaglio delle vite umane, gettare benzina su un fuoco che non accenna a spegnersi? All’indomani dei fatti di Bengasi (ma prima che si sapesse della morte dell’ambasciatore statunitense), padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede aveva dichiarato: «Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli. Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani sono ancora una volta evidenti in questi giorni, per le reazioni che suscitano, anche con risultati tragici, che a loro volta approfondiscono tensione ed odio, scatenando una violenza del tutto inaccettabile». Il giorno dopo, il portavoce vaticano era tornato sull’argomento, condannando l’assassinio del diplomatico USA: «Nulla può giustificare l’attività delle organizzazioni terroristiche e la violenza omicida».
Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos, in Nigeria, al Meeting di Rimini dello scorso agosto ha raccontato dell’attentato perpetrato dai fondamentalisti di Boko Haram nella chiesa di St. Finbar sabato 11 marzo 2012: «C’era la messa e un kamikaze voleva entrare con un’auto in chiesa per farsi esplodere. Un ragazzino di dodici anni al cancello lo ha fermato e gli ha fatto delle domande. La bomba è esplosa. Anche se lontano dalla chiesa, l’impatto è stato talmente potente che quindici persone sono rimaste uccise, ci sono stati feriti e la chiesa è stata distrutta. Ho incontrato tanti giovani arrabbiati ed erano pronti a combattere… Sono entrato in chiesa. Tutto distrutto. Mi sono inginocchiato davanti alle immagini sacre rimaste: “Dio, dammi le parole”. Dopo cinque minuti c’è stato silenzio, mi sono alzato e ho detto loro: “Sono arrabbiato anch’io, anche più di tutti voi, però se fate sì che prevalga l’irrazionalità verranno uccise ancora più persone. Vi prego, nel nome di Dio, andatevene a casa”. Penso che il Signore sia stato dalla mia parte: questi giovani se ne sono andati via senza protestare, senza altre violenze. È stato un miracolo. Continueremo a sperare. Ma abbiamo bisogno del vostro aiuto».
Ci piacerebbe che avessero più voce i leader religiosi islamici che in questo frangente invitano a non reagire con la violenza contro le offese a Maometto. Ma quella frase realista, autenticamente umana e cristiana dell’arcivescovo – «se fate sì che prevalga l’irrazionalità verranno uccise ancora più persone» – suona come un monito anche per chi ha la responsabilità di non aggravare una situazione dalle conseguenze incalcolabili.
Fonte: Vatican Insider