Elettori cattolici incerti tra astensione e Monti-bis

La coscienza è di essere a un passaggio politico cruciale e che le ricette per superarlo non sono affatto scontate. Ma per il resto a dominare sono ancora l’incertezza e la difficoltà a riconoscersi in un progetto, in una proposta definita. La fotografia dell’elettorato cattolico – scattata da una ricerca dell’Ipsos commissionata dalle Acli e che esamina un campione composto da credenti più o meno impegnati e assidui, assieme a non credenti – restituisce un’immagine non completamente a fuoco, in movimento come è naturale in una fase di transizione, con tutte le contraddizioni tipiche.

Due i dati fondamentali: il primo, relativo appunto dell’incertezza, con un 43% di cattolici che al momento eviterebbero di recarsi alle urne. Il secondo, quello di una scarsa propensione a costruirla da sé un’offerta nuova, visto che solo un 9% degli intervistati auspica una forza politica organizzata che rappresenti direttamente i cattolici. C’è piuttosto voglia di una testimonianza più chiara, marcata e visibile dei credenti nei diversi partiti (32%) oppure un’organizzazione, un movimento che faccia sentire meglio la propria voce (23%). Se però si passa a esaminare più da vicino l’offerta politica attuale, ci si accorge che il 56% del campione generale e ben il 62% dei cattolici impegnati pensano che gli attuali partiti siano destinati a scomparire. E quindi si resta in attesa di novità come la nascita di un nuovo partito (25% in generale, 42% fra i cattolici impegnati) o, più ancora, una lista espressione della società civile (32%).Combinando i due aspetti, l’attesa del mondo cattolico sembra essere quella per un movimento, una sorta di lista civica che non sia direttamente catalogabile come “partito cattolico”, ma che anzi sappia caratterizzarsi per un’attenzione “laica” ad alcuni valori generali – la famiglia, la coesione sociale, la solidarietà, il lavoro e il bene comune – e una spinta etica al rinnovamento sociale e politico, attraverso la lotta alla corruzione e agli sprechi, lo sviluppo e la difesa del potere d’acquisto, la sicurezza. Restano invece trascurati i temi bio-etici, per i quali si avverte, almeno nella ricerca, una sorta di stanchezza o di sottovalutazione. Tra i driver di voto risultano infatti all’ultimo posto, con percentuali che vanno da un massimo del 15% tra i cattolici impegnati a un minimo del 3% tra gli assidui partecipanti, a paragone di un 10% di interesse fra i non credenti.

«Emerge qui una relativa difficoltà – analizza l’Ipsos –. Si ritiene infatti che la voce dei cattolici oggi sia molto più accentuata sui temi etici mentre è relativamente debole sui temi economici. Dai politici cattolici ci si aspetterebbe un’attenzione maggiore alle condizioni concrete di vita dei ceti deboli e un maggiore rigore morale rispetto agli altri. È evidente la richiesta di una maggiore coerenza tra le priorità dei cittadini e l’intervento politico dei cattolici».

Scendendo sul piano più pratico, tra i cattolici sembra prevalere un’attesa di continuità rispetto all’esecutivo Monti: una grande coalizione o addirittura la prosecuzione dell’attuale governo sono le opzioni maggiormente condivise per il futuro. Quanto agli schieramenti, fra i cattolici che vanno a messa tutte le domeniche, il centrodestra ha perso molto terreno, scendendo dalla maggioranza assoluta nel 2008 a meno di un terzo oggi. Il centrosinistra tiene intorno al 34% senza segnare sfondamenti, mentre cresce il centro (variamente inteso) e arriva al 16%. La sorpresa – ma neppure troppo – è che un 14% di elettorato cattolico sceglierebbe il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo.
Francesco Riccardi

 
Fonte: Avvenire