Il X Incontro internazionale dei vescovi lusofoni (= di lingua portoghese, ndr) si è concluso ieri, a Dili, la capitale di Timor-Est. Durante cinque giorni di lavoro, i vescovi venuti da Angola, Brasile, Guinea-Bissau, Mozambico, Portogallo, São Tomé e Príncipe e Timor-Est hanno potuto conoscere la realtà locale e capire le preoccupazioni e le sfide che coinvolgono i Paesi lusofoni che, insieme, riuniscono una popolazione di oltre 250 milioni di persone.
L’avanzare delle sette nei Paesi lusofoni è stato il tema principale delle sessione di lavoro, come spiega l’arcivescovo di Palmas, in Brasile, mons. Pedro Brito Guimarães. “Le sette si presentono in maniera praticamente uguale. Le possiamo paragonare ad una multinazionale. Si spostano di un Paese all’altro, vagano, nascono in un posto e si manifestano in un altro. Soprattutto, quelle di matrice nord-americana e quelle brasiliane che condividono delle coincidenze che le rendono piuttosto simili: il metodo di lavoro, la proposta e anche a chi si rivolgono”. Mons. Pedro racconta anche perché le sette trovano nei Paesi lusofoni un campo fertile. “La gente ha bisogno di novità, di cose che risolvano immediatamente i loro problemi, di qualcuno che faccia una guarigione, una liberazione, un miracolo, che dia quello che non si può ottenere. La Chiesa non lavora in questi termini, dell’immediato, del consumismo religioso, del fondamentalismo, del soggettivismo”. (R.B.)
Fonte: Radio Vaticana