Si è appena concluso un altro anno che passerà alla Storia per la sua tragica straordinarietà – che ormai sta diventando normalità – anomalo sotto tutti gli aspetti, anche spirituali, perché si è fatto ricorso a tutte le soluzioni umane possibili e impossibili piuttosto che a Dio. Maledetto l’uomo che confida nell’uomo leggiamo in Geremia (17,5) e Gesù ha confermato: “Senza di me non potete far nulla … Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Gv 15, 5-7).
Un tempo il mondo pagano, in caso di calamità, celebrava riti propiziatori a quelli che riteneva essere gli dei che governavano il mondo. Dopo la venuta di Gesù i cristiani iniziarono a rivolgersi a Dio per l’intercessione di Maria Santissima, ottenendone sempre risposta.
L’iniziatore fu nel 590 d.C. il papa S. Gregorio Magno, in occasione di una violenta epidemia di peste che, dopo aver devastato il territorio bizantino ad Oriente e quello dei Franchi ad Occidente, aveva seminato morte e terrore nella penisola e si era abbattuta sulla città di Roma. San Gregorio di Tours (538-594), che fu un vescovo contemporaneo e cronista di quegli eventi, riferisce: “In un memorabile sermone Gregorio invitò i romani a seguire, contriti e penitenti, l’esempio degli abitanti di Ninive: «Guardatevi intorno: ecco la spada dell’ira di Dio brandita sopra l’intero popolo. La morte improvvisa ci strappa dal mondo, senza quasi darci un minuto di tempo. In questo stesso momento, oh quanti son presi dal male, qui intorno a noi, senza neppure potere pensare alla penitenza».
Il Papa esortò quindi a sollevare lo sguardo a Dio, il quale permette tali tremendi castighi al fine di correggere i suoi figliuoli perciò, per placare la collera divina, ordinò una «litania settiforme», cioè una processione dell’intera popolazione romana, divisa in sette cortei, secondo il sesso, l’età e la condizione.
Mentre la moltitudine percorreva la città, immersa in un silenzio sepolcrale, la pestilenza arrivò al punto tale di furore che, nel breve spazio di un’ora, ottanta persone caddero a terra morte. Ma Gregorio non cessò un attimo di esortare il popolo perché continuasse a pregare e volle che dinanzi al corteo fosse portato il quadro della Vergine conservata in Santa Maria Maggiore e dipinta dall’evangelista san Luca. Il Beato Jacopo da Varazze (1228-1298), domenicano, nella sua Leggenda aurea, che è un compendio delle tradizioni trasmesse dai primi secoli dell’era cristiana, racconta che man mano che la sacra immagine avanzava, l’aria diventava più sana e limpida ed i miasmi della peste si dissolvevano, come se non potessero sopportarne la presenza.
Si era giunti al ponte che unisce la città al Mausoleo di Adriano quando improvvisamente si udì un coro di Angeli che cantavano: «Regina Coeli, laetare, Alleluja – Quia quem meruisti portare, Alleluja – Resurrexit sicut dixit, Alleluja!». Gregorio rispose ad alta voce: «Ora pro nobis rogamus, Alleluja!». Nacque così il Regina Coeli, l’antifona con cui nel tempo pasquale la Chiesa saluta Maria Regina per la risurrezione del Salvatore.
Dopo il canto, gli Angeli si disposero in cerchio intorno al quadro della Madonna e Gregorio, alzando gli occhi, vide sulla sommità del Castello un Angelo che, dopo avere asciugato la spada grondante di sangue, la riponeva nel fodero, in segno del cessato castigo. Comprese che la peste era finita e così avvenne: e quel castello fu d’allora in poi chiamato il Castello dell’Angelo.” (qui)
Anche il 30 dicembre scorso a Milano nel Santuario di Santa Maria dei Miracoli presso S. Celso è stato ricordato il miracolo accaduto cinque secoli fa. Leggiamo sul sito: “Il miracolo avvenne di venerdì. Erano circa le ore undici del 30 dicembre 1485: nella chiesetta della Madonna coperta dal velo oltre la grata, celebrava la S. Messa il Sacerdote G. Pietro Porro. La chiesa era gremita da quasi trecento persone. Fu dopo la Comunione che all’improvviso la quiete fu rotta da un grido di donna «vedi, vedi… misericordia… ».
Là, dall’alto, la Signora dei Miracoli spostava con la mano sinistra il velo che la nascondeva alla vista e, bello il volto come non mai, guardava la folla come se cercasse qualcuno… così per lo spazio di quasi un «miserere». Dalla città esausta sparì con rapidità incredibile il malanno: ne fanno fede unanime gli scrittori del tempo e i testimoni oculari” (qui) La costruzione dell’attuale santuario fu voluta dalla devozione popolare in seguito al miracolo.
Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! proclama S. Paolo (Eb 13, 7-9), ma evidentemente è il cuore dell’uomo ad essere mutevole perché oggi non abbiamo fatto ricorso al Signore per ottenere la fine della pestilenza. E neppure abbiamo meditato sul fatto che da quando esiste l’uomo l’unica calamità universale fu quella del diluvio.
Ma questo accadde prima della venuta del Redentore, che citò quei tempi ricordando che mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti.(Lc 17, 27-29)
Anche da noi come allora ci si fa beffe di Dio se il dicembre scorso è iniziato e si è concluso con irripetibili scherni e oltraggi blasfemi alla Madre del Signore, alla Natività e alla Santa Famiglia, e questo sulle reti televisive nazionali in prima serata. Ma nessuno di quelli che vi erano tenuti ha protestato o ha indetto riti di riparazione.
E, approssimandosi il Natale, per l’ennesima volta e a livello planetario, è stata rimosso dalla memoria collettiva l’evento della nascita di Nostro Signore, occultandolo e smitizzandolo fino a ridurlo a una pretestuosa occasione commerciale. Tant’è che sono state messe in atto tutte le tecniche di persuasione sociale per convincerci a far nostre le feste dell’inverno, della famiglia, delle luci ed altre fantasie, tra tripudi di luminarie e colori, suoni e frastuoni.
Siamo così stati introdotti nell’atmosfera “magica” dell’imminente festa e, anziché il Bambinello di Betlemme che porta pace agli uomini di buona volontà, protagonista assoluto è stato un grasso e gaudente Babbo Natale che porta doni ai bambini, ma solo a quelli ricchi però. Poi, con auguri martellanti a proposito e a sproposito, dal trionfo del paganesimo siamo passati allegramente a un euforico capodanno pieno di speranze per il futuro.
Ma quale ruolo possiamo avere noi in questo mondo scristianizzato e provato da una terribile pestilenza di cui ancora non vediamo né la fine né le inevitabili conseguenze?
In tutte le apparizioni ritenute autentiche dalla Chiesa la S. Vergine ha invitato gli uomini a pentirsi delle proprie colpe e a pregare per quelli lontani da Dio. Nel 1917, in piena guerra mondiale apparendo a Fatima disse: Sacrificatevi per i peccatori, e dite molte volte, specialmente ogni volta che fate qualche sacrificio: “O Gesù, è per amor Vostro, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria” (13 luglio). Nella quarta apparizione ritornò sull’argomento: Pregate, pregate molto; e fate sacrifici per i peccatori, molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi si sacrifichi e interceda per loro. (qui)
Ma, quel che più conta è la terribile predizione che si compì nel giro di due decenni: Se faranno quel che io vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire. Ma, se non smetteranno di offendere Dio, nel pontificato di Pio XI, ne comincerà un’altra peggiore. Ed è di tutta evidenza che gli uomini non hanno smesso di offendere Dio, anzi, hanno oltrepassato i peccati abituali per inventarne di straordinari e disumani.
Sembrano attuali le parole di San Gregorio Magno: «Cosa diremo degli avvenimenti terribili di cui siamo testimoni se non che sono preannunci dell’ira futura? Pensate dunque, fratelli carissimi, con estrema attenzione a quel giorno, correggete la vostra vita, mutate i vostri costumi, sconfiggete con tutta la vostra forza le tentazioni del male, punite con le lacrime i peccati compiuti» (Omelia prima sui Vangeli, in Il Tempo di Natale nella Roma di Gregorio Magno, Acqua Pia Antica Marcia, Roma 2008, pp. 176-177).
A Suor Maria Natalia Magdolna, mistica ungherese del ‘900, Gesù disse che solo col pentimento e l’espiazione Egli avrebbe riversato le sue grazie sul mondo e avrebbe concesso la pace promessa attraverso il Cuore Immacolato di Maria perché il mondo si mantiene per l’espiazione dei giusti. (Claudia Matera Rivelazioni profetiche di Suor Maria Natalia Magdolna, ed. Sugarco)
Quindi l’impegno che ognuno di noi credenti deve prendere con serietà è di riparare le offese arrecate a Nostro Signore non solo attraverso la santità della nostra vita ma pregando e offrendo sacrifici per coloro che sono lontani e che, appartenendo alla nostra stessa Chiesa, con i loro peccati offendono i Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria. Perciò ogni nostra giornata deve iniziare con Cristo, e ogni nostra azione deve essere compiuta insieme a Lui e per Lui, così come ogni nostra preghiera e sofferenza deve essergli offerta in riparazione ed espiazione delle nostre e delle altrui colpe.
Dobbiamo cioè avere a cuore prima delle nostre esigenze materiali l’attuare l’invito di Gesù: “Non affannatevi per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.” (Mt 6, 33-34).
Don Dolindo Ruotolo nel suo commento al capitolo sesto del Vangelo di Matteo, spiega: “Dio vive veramente, è veramente, e vuole dimostrare la sua realtà provvedendo a chi cerca prima il Regno eterno e la sua giustizia, cioè la gloria divina e la santità della propria vita. Basta dunque pensare a quello che può servire ai bisogni quotidiani, basta a ciascun giorno il proprio affanno” perché queste sono le basi della vita cristiana che deve distinguersi da quella dei pagani, i quali si occupano solo delle esigenze materiali.
Cercare il Regno di Dio e offrire le nostree preghiere e sofferenze per la salvezza dei peccatori ci rende giusti agli occhi di Dio e sicuri della sua protezione, come recita il Salmo 37: Sono stato fanciullo e ora sono vecchio, non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane.
Fondamentale poi è anche la preghiera personale. Il Salvatore ci ha insegnato: Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Chiarisce don Dolindo: “Con questo non volle proibire la preghiera pubblica ma volle che l’anima, anche pregando in pubblico, sia così lontana dallo sguardo umano da sentirsi come rinchiusa in una stanza a pregare nel nascondimento interiore”.
Ma prima di tutto dobbiamo allontanare da noi il nostro peccato personale con la confessione frequente, sincera e contrita, al fine di essere degni di ricevere le grazie che Dio elargisce a coloro che lo amano e vogliono servirlo e, soprattutto per riceverlo degnamente nel sacramento eucaristico. Difatti S. Paolo ammonisce: Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
Il nostro impegno personale perciò deve consistere nel finalizzare alla riparazione ed espiazione dei peccati nostri e del nostro prossimo tutte le nostre buone azioni, e parimenti nell’accettare con pazienza le sofferenze che il Signore permette che subiamo, offrendogli tutto affinché Egli converta i cuori induriti, trionfi il Bene nella nostra vita e da noi si diffonda nel mondo intero. Così agirono i Santi che ci rendono testimonianza, perché Gesù ci ha assicurato: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! (Lc 12, 35-38)
Paola de Lillo
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