Ci sono nel mondo 340 milioni di cristiani perseguitati a causa della loro fede perché vivono territori ostili, vittime di pregiudizi, di intolleranza, indifesi quando le loro vite, la loro libertà e le loro proprietà sono minacciate. È quanto emerge dal nuovo rapporto diffuso ieri, 13 gennaio, da Open Doors, l’associazione internazionale fondata nel 1955 per aiutare i cristiani perseguitati, che ogni anno pubblica la World Watch List (WWList), un elenco dei 50 stati in cui è più difficile essere cristiani, e un rapporto sulla situazione mondiale, paese per paese.
Nel rapporto precedente, relativo al 2019, i cristiani perseguitati nei 50 stati dell’elenco erano 260 milioni. Nel 2020 sono saliti a 309 milioni, un aumento impressionante, anche tenendo conto della concomitante crescita demografica, e che da solo giustifica la preoccupazione con cui in tutto il mondo la WWList in queste ore viene commentata. Rispetto al 2019, inoltre, è aumentato considerevolmente, del 60 per cento, anche il numero dei cristiani uccisi: da 2.983 a 4.761 (in media 13 al giorno).
click sull’immagine e ripetere per ingrandirla
Ci sono poi 4.277 cristiani in carcere senza processo, arrestati durante l’anno (in media, più di 11 al giorno) in seguito a denunce quasi sempre palesemente pretestuose. E ancora, 1.710 sono stati rapiti (più di quattro al giorno in media). Unico dato positivo, è il netto calo delle chiese e delle strutture religiose (oratori, seminari, scuole, ospedali…) danneggiate, saccheggiate, distrutte o chiuse: 9.488 nel 2019, “solo” 4.488 nel 2020.
Nel corso della conferenza stampa per la presentazione del rapporto, Cristian Nani, direttore di Open Doors Italia, ha ricordato che nella WWList i paesi sono divisi in fasce in base ai diversi livelli di persecuzione registrati misurando il grado di libertà religiosa e di tolleranza in cinque ambiti: “La vita privata, quindi il rapporto intimo con la fede; la vita famigliare e il come vivere la fede all’interno di essa; la vita comunitaria o civile e di conseguenza anche il mondo del lavoro; la vita nazionale, ovvero il tipo di leggi che possono discriminare una minoranza cristiana; e la vita della Chiesa, cioè la possibilità che la comunità di cristiani possa subire forme di restrizione alle attività religiose”. Un sesto parametro misura il grado di violenza subita.
Nel 2019 le fasce erano tre – estrema (11 stati), molto alta (34), alta (5) – mentre quest’anno sono due: estrema e molto alta. Questo indica che non soltanto ci sono più cristiani perseguitati, ma che la situazione di molti è ulteriormente peggiorata.
Open Doors ha individuato nel Covid-19 uno dei fattori responsabili delle maggiori difficoltà alle quali molti cristiani hanno dovuto far fronte nel 2020. Ad esempio, il confinamento ha costretto molti convertiti al Cristianesimo a vivere a più stretto contatto con famigliari che disapprovano la loro scelta e lo fanno “pesare” in molti modi. La pandemia inoltre ha “esacerbato alcune vulnerabilità già esistenti per le minoranze cristiane”. In diversi paesi, tra cui l’India, il Bangladesh, il Pakistan, il Sudan, il Vietnam, i cristiani sono stati i primi a perdere il lavoro e gli ultimi a ricevere aiuti alimentari e sanitari, dai quali in certi casi sono stati del tutto esclusi.
In India, ad esempio, i partner di Open Doors hanno assistito oltre 100.000 cristiani in difficoltà. L’80% di essi hanno detto ai ricercatori della WWList di essersi visti negare l’accesso ai centri di distribuzione degli aiuti. Alcuni hanno camminato per chilometri e hanno dovuto nascondere di essere cristiani per ottenere aiuto da qualche altra parte. In Nigeria, nello stato settentrionale di Kaduna, a maggioranza islamica, le famiglie cristiane di molti villaggi hanno raccontato di aver ricevuto un sesto della razione alimentare data alle famiglie musulmane.
Secondo il direttore di Open Doors Italia, le “matrici” delle persecuzioni ai cristiani sono nove: l’Islam, il nazionalismo religioso: l’antagonismo etnico; l’oppressione intra-tribale, di clan e famiglia; il protezionismo denominazionale (che si verifica quando una denominazione cristiana ne opprime un’altra); i regimi comunisti e post comunisti; l’intolleranza secolare; la paranoia dittatoriale; il crimine organizzato.
Scorrendo l’elenco in effetti si ha riscontro di tutte le matrici individuate da Open Doors: l’antagonismo etnico nell’intera Africa, la repressione comunista, devastante in Cina, il nazionalismo religioso di cui gli estremisti indù in India sono l’esempio più esasperato, il crimine organizzato, come in Colombia, l’intolleranza secolare, che si diffonde nei paesi occidentali. Ma salta agli occhi l’enorme ruolo che nel corso degli anni ha assunto l’Islam.
L’attuale fascia di persecuzione estrema comprende 12 stati: nell’ordine, Corea del Nord (da sempre al primo posto), Afghanistan, Somalia, Libia, Pakistan, Eritrea, Yemen, Iran, Nigeria, India, Iraq e Siria. Ne esce il Sudan, vi sono entrati Nigeria e Iraq. In nove paesi su 12 è l’Islam a perseguitare i cristiani.
Quanto ai restanti 38 stati in cui la persecuzione è molto alta, in 27 l’Islam gioca un ruolo decisivo, siano essi a maggioranza islamica (come il Marocco, il Mali, la Giordania…) oppure a maggioranza cristiana (Kenya, Mozambico…). Dove i cristiani sono una minoranza la persecuzione può essere sia istituzionale, esercitata con leggi che discriminano, emarginano, pongono limiti alla pratica religiosa, sia imposta dalla società civile, sia inflitta da gruppi e movimenti radicali. Altrove è l’estremismo islamico a costituire una minaccia che i governi non riescono o non cercano di contrastare. Il Mozambico, dove i musulmani sono meno del 19 per cento della popolazione, è il caso più recente, infestato dal jihad a partire dal 2017. Ancora assente nella WWList 2020, lo troviamo in quest’ultima, al 45° posto.