« Lgbt in San Pietro, cade un altro tabù » di Riccardo Cascioli

Il consiglio pastorale LGBT+ di Westminster con papa FrancescoNon c’è dubbio che un’immagine e un gesto incidono più di mille parole. Ed è stato anche detto che Francesco è il Papa dei gesti. Addirittura il vaticanista dell’Avvenire Mimmo Muolo a questo tema ha dedicato un libro, uscito nel 2017, dal titolo eloquente: “L’enciclica dei gesti di papa Francesco”.C’è dunque poco da interpretare guardando le foto in cui il Papa accoglie calorosamente i membri del Consiglio pastorale dei cattolici Lgbt+ della diocesi inglese di Westminster, quella del cardinale Vincent Nichols per intenderci.

Il comunicato, diffuso l’altra sera dallo stesso Consiglio pastorale dei cattolici Lgbt+ e rilanciato in Italia dal sito catto-gay Gionata.org, si premura di spiegare che l’incontro con il Papa è arrivato lo scorso 6 marzo a conclusione di un pellegrinaggio a Roma del gruppo guidato dal loro cappellano, il padre gesuita David Stewart.

Dapprima «hanno ricevuto dei posti privilegiati all’udienza papale mattutina in Piazza San Pietro. Alla fine dell’udienza generale, il gruppo è stato invitato all’incontro con papa Francesco».

Foto di gruppo LGBT+Dunque, non si tratta di una foto “rubata”, come a volte accade; è stato un incontro ben programmato (c’è anche il messaggio di accompagnamento del cardinale Nichols) dall’entourage del Papa, e del resto anche le foto lo testimoniano. «Il capogruppo Martin Pendergast – dice il comunicato – ha presentato il gruppo a un sorridente papa Francesco» a cui è stata spiegata l’attività di questo Consiglio pastorale.

Insomma una bella testimonianza di accoglienza e umanità. Cos’è che non va, vi chiederete?

Si fa fatica a non provare grande fastidio per un metodo che è l’esatto opposto del Gattopardo: fare finta che nulla cambi perché cambi tutto. «La dottrina non si tocca», ma intanto la prassi contraddice la dottrina fino a svuotarla di significato, e senza mai affermarlo o darne le ragioni.

Così, arriva un giorno e tutto è cambiato e non si sa perché.

Fino a ieri l’omosessualità praticata era un peccato contro natura, addirittura uno dei 4 peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio», secondo la formula di Pio X, o che «gridano verso il cielo» secondo la definizione del Catechismo (CCC 1867).

Non è l’invenzione di un Papa, è la Sacra Scrittura che così li definisce. Oggi invece pare diventata una virtù. In base a cosa? Non si sa, nessuno lo spiega, semplicemente in Vaticano si è deciso che adesso si fa in un altro modo.

E chi obietta è un rigido, un dottrinario, uno che scaglia pietre. Alla faccia dei grandi discorsi sulla Sinodalità e delle menate sul popolo di Dio.

Il tutto peraltro avviene giocando sull’ambiguità, e questo è un altro punto di fastidio, oltre che di mancanza di virilità. «Il vostro parlare sia sì, sì; no no. Il di più viene dal Maligno» (Mt 5,37) è ormai un retaggio del passato, deve essere una di quelle frasi di Gesù che – secondo il generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa – non sono state registrate, quindi magari non le ha dette.

Così si ha buon gioco nel dire: «Ma il Papa accoglie tutti, tutti siamo peccatori». Noi siamo certi che il Papa lo fa con questo spirito di accoglienza della persona, ma il gesto parla oggettivamente, va ben oltre le intenzioni personali: e oggettivamente in questo incontro c’è la legittimazione del peccato.

Perché quelle che ha accolto non sono persone con tendenze omosessuali che vivono la loro condizione cercando di seguire l’insegnamento della Chiesa (vale a dire la verità sull’uomo che Cristo ci ha rivelato); no, sono un gruppo organizzato che rivendica l’omosessualità, la transessualità e la fluidità di genere come una normale espressione della propria personalità.

In altre parole si tratta di associazioni e movimenti che semplicemente negano la natura dell’uomo e si prefiggono di cambiare la dottrina della Chiesa, di più la Sacra Scrittura, che è molto chiara sul progetto di Dio nei confronti dell’uomo («maschio e femmina li creò», Gen, 1,27).

Allora, coerenza vorrebbe che si spiegasse il cambiamento: si è sbagliato Dio? Si è sbagliata la Chiesa per duemila anni? Da qui non si scappa: non può essere che un gesto sia un giorno peccato contro natura e il giorno dopo un fatto naturale. Non è sviluppo della dottrina, è la sua negazione.

Peraltro si capisce meglio allora perché al recente summit sugli abusi sessuali, il comitato organizzatore abbia accuratamente evitato un dibattito sull’omosessualità, malgrado diversi vescovi abbiano sollevato il problema. Se non è chiaro: la lobby gay ha preso il comando delle operazioni nella Chiesa.

Due ulteriori notazioni, che fanno capire ancora meglio fin dove ci si sta spingendo nella promozione dell’agenda gay nella Chiesa. Il gruppo Lgbt+ inglese, nella sua permanenza a Roma ha anche recitato le lodi «dedicate alla memoria delle vittime dell’omofobia e della transfobia» nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola, «un luogo che commemora i martiri dei nostri tempi, gestito dalla Comunità di Sant’Egidio».

Credo che a nessuno possa sfuggire il tentativo di accostare le presunte vittime di una ancor più presunta omofobia a quanti nel XX secolo hanno perso la vita per amore di Cristo, per restare fedeli a lui e alla Chiesa.

A nessuno può sfuggire l’operazione ideologica che profana un luogo voluto da san Giovanni Paolo II per fare memoria dei milioni di cattolici uccisi dai totalitarismi.

Seconda osservazione: apprendiamo con questo comunicato che la diocesi di Westminster ha addirittura un Consiglio pastorale dei cattolici e cattoliche Lgbt+. E immaginiamo che non sia un caso isolato.

Dunque, in diverse diocesi non si parla più il linguaggio della Chiesa, ma quello del mondo. L’ideologia gender è entrata a pieno titolo nella pastorale.

A Londra c’è la messa Lgbt+ ogni seconda e quarta domenica del mese nella chiesa dell’Immacolata Concezione in Farm Street (scelta proprio dal cardinale Nichols), tenuta dai gesuiti.

Si ricorderà che al Sinodo dei giovani lo scorso ottobre ci fu una polemica perché nell’Instrumentum Laboris (il documento  preparatorio) era stata inserita la parola Lgbt, che indica già un cedimento verso l’ideologia gender.

Nel documento finale del Sinodo la parola fu cancellata sotto la pressione di molti vescovi, ma come si vede la realtà è più avanti.

Ci sono già vescovi e cardinali che, per convinzione o convenienza, si sono adeguati alla nuova dittatura e stanno cercando di imporla a tutta la Chiesa.

 

La Nuova Bussola Quotidiana