Il 4 novembre 2013 sulla pagina twitter di Leonardo Boff compariva questo annuncio: “E’ appena morta Clelia Luro, con la quale papa Francesco ha parlato per tutta la settimana. Impegnata nelle riforme della Chiesa, cara amica”. Poche ore dopo, come informava il quotidiano argentino La Nacion (Qui), papa Francesco telefonò alle figlie della defunta per confortarle della grave perdita. Ma intanto la notizia aveva fatto il giro del mondo e fu ripresa anche da eminenti giornalisti italiani (Qui).
Ma chi era costei la cui morte veniva associata al pontefice in carica e che era notoriamente conosciuta da tutti come la sua confidente privilegiata?
Lei stessa raccontava di possedere sin dall’adolescenza un carattere insofferente e ribelle. Si era poi sposata ad un uomo benestante che, sempre stando ai suoi ricordi, la lasciava libera di seguire le sue vocazioni e in particolar modo l’assistenza ai bambini delle indios che lavoravano nei campi da zucchero di proprietà della famiglia.
Ma non le bastava, si separò e divorziò da lui quando era in attesa della sesta figlia, iniziando così un’avventura che l’avrebbe portata a creare una serie interminabile di problemi alla Chiesa cattolica.
Divenuta indipendente, fu richiesta come segretaria dal vescovo di Avellaneda Jerónimo Podestá insieme al quale iniziò ad organizzare conferenze in tutta l’Argentina per presentare l’enciclica di Paolo VI “Populorum Progressio”, ma anche in questo caso galeotto fu il libro e chi lo scrisse: dall’intesa sui temi condivisi alla passione amorosa il passo fu breve.
Era il 1967 e lo scandalo fu enorme. Jerónimo Podestà chiese di essere ricevuto anche dal Pontefice per ottenere l’annullamento del divieto di matrimonio per i preti, ma fu tutto inutile perché nel 1972 venne sospeso a divinis, così che poté sposare la sua concubina solo civilmente.
Per maggiori particolari si rimanda all’ultima intervista (qui) che la Luro concesse pochi mesi prima di morire alla bell’età di 87 anni.
Da battagliera qual era non si dette per vinta e con il suo amante fondò la “Federazione latino-americana dei preti sposati”, di cui fece parte anche Leonardo Boff, che si era tolto il saio francescano ed era andato a convivere con una donna.
Merita una citazione questo Boff, che oltre ad aver stilato il necrologio della Luro, è stato l’ispiratore, e forse anche l’autore per alcune parti, di quel papocchio incommentabile che è l’enciclica “Laudato sii” di papa Francesco e, forte della sua protezione, aveva attaccato con ottusa violenza verbale il mitissimo Vittorio Messori che si era “permesso” alcune osservazioni in un articolo sul Corriere della sera. Ed è proprio Messori che, in risposta, svelò gli inquietanti e mai smentiti retroscena della sua torbida vita, ottenendo così di zittirlo. (Qui)
Clelia Luro e il vescovo di Buenos Aires si conobbero solo nel 2000, pochi giorni prima della morte di lui, che prima di andarsene le affidò come compito la “protezione” del vescovo Bergoglio. E la donna assolse il compito di indottrinarlo – ché questo fu in realtà – in maniera assolutamente egregia, lasciando il mondo solo quando lo vide ben piantato sul trono di Pietro.
Difatti risalgono a quegli anni le aperture ideologiche del vescovo Bergoglio nei confronti di un sottobosco clericale che non lo aveva mai visto coinvolto prima.
Si è già detto di Leonardo Boff, che condivideva con la coppia Luro-Podestà la battaglia contro il celibato dei preti, ma che era anche leader della Teologia della Liberazione alla brasiliana, apertamente condannata dalla Chiesa cattolica (qui), e che nel 1982, prima di svestire gli abiti religiosi, era stato destinatario di una Notificazione della Congregazione per la dottrina della fede per i contenuti del suo libro « Chiesa: Carisma e Potere » giudicati incompatibili con la retta fede. (qui)
Però tra i compiti che si era assunta la Luro c’era anche quello di aprire la mente del vescovo Bergoglio alle teorie di Dom Hélder Pessoa Câmara, personaggio tanto complesso quanto controverso. Questi, dopo aver ricoperto svariati incarichi di prestigio in Brasile, fu nominato da Paolo VI Arcivescovo metropolita di Olindo e Recife e, quando nel 1985 dette le dimissioni, Giovanni Paolo II lo rimpiazzò con un ordinario che smantellò sistematicamente tutto il suo operato, emarginando i parroci e i collaboratori “rossi” della sua diocesi.
Il programma di papa Bergoglio della Chiesa povera per i poveri, divenuta l’ossessione martellante dei primi anni del suo pontificato, rispecchia esattamente il pensiero e la predicazione di Dom Câmara, del cui “Movimento” Clelia Luro era la presidente.
Dall’intervista rilasciata poco prima di morire si intuisce che la donna assillava il neo-pontefice sui temi che le stavano a cuore, soprattutto sul celibato dei preti. Stupiscono poi certe sue affermazioni, come la frase: “Una volta (Francesco) mi ha detto di avere l’impressione che il mio compito fosse quello di aiutarlo a pensare.”
Inoltre dal video di una conversazione con Leonardo Boff, e con altre persone non identificabili, si scopre che la realizzazione di “un ecumenismo che riunisca tutte le religioni in un’unione in base a un messaggio cristico” era un’aspirazione di Jeronimo Podestà e che “Francesco lo stava già realizzando in Argentina”.
Nel fare quest’affermazione la Luro sosteneva di essere sicura che il pontefice avrebbe messo in pratica tali principi e spiegava che tutti i Paesi e tutte le religioni dovevano essere riunite in quell’unico “messaggio”. (qui) Tale progetto perciò, se attuato, consisterebbe in null’altro che in un sincretismo religioso con la conseguente soppressione del cattolicesimo. Sempre che Dio lo permettesse.
Allo stesso modo giudicava imminente il momento in cui Francesco avrebbe riformato “quella legge che è solo una legge fatta dagli uomini” e avrebbe trovato “come ammettere le coppie sacerdotali o il celibato opzionale. Se Dio vuole oggi, con Francesco che salva la Chiesa Popolo di Dio, le sanzioni finiranno, apparterranno al passato e agli spiriti clericali che spariranno per diventare Uno perché il mondo creda“, così Clelia scriveva a Gustavo Gutiérrez Merino, considerato il fondatore della Teologia della liberazione. (qui)
La Luro aveva giudicato come certa l’elezione di Bergoglio al soglio pontificio e in quell’occasione lui l’aveva apostrofata con l’appellativo di “strega” e così la chiamò da quel momento in poi fino alla sua morte per aver azzeccato la profezia.
Quindi, considerato che tutte le aperture che questo pontefice sta attuando e che i temi che sta sviluppando per certi versi appaiono andare proprio nella direzione dei discorsi e degli scritti della sua confidente e mentore, dobbiamo concludere che l’agenda di papa Francesco sia stata ispirata da una “strega”?
Paola de Lillo