Pochi giorni prima che si celebrasse la giornata contro la violenza sulle donne, Jamie Schmidt, 53 anni, mamma di tre figli, residente a St. Louis (Missouri), è stata uccisa per essersi rifiutata di fornire prestazioni sessuali al suo aguzzino, entrato in un negozio costringendo con la pistola alcune clienti a “soddisfarlo”. Ma perché, allora, nessuno di quel movimento che ha invaso l’Occidente e il web di luci e scarpe rosse, ha speso una parola per questa vittima?
Bisogna constatare che l’ondata femminista, oggi più che mai rappresentata dalla retorica del #MeToo tende a colpevolizzare il maschio in quanto maschio, mentre la natura femminile sarebbe di per sé innocente, denunciando i cosiddetti femminicidi senza mai citare le statistiche delle violenze sugli uomini che dimostrano che il problema non è il sesso di nascita ma le relazioni malate.
Il suo interesse non è quindi la denuncia di una società che ha ridotto la donna e la sessualità a merce, ma più che altro la riaffermazione vecchia sessant’anni del “corpo e mio e lo gestisco io”.
In poche parole, di me stessa posso fare ciò che voglio, persino andare con le bestie, basta che sia io a deciderlo.
Jamie invece ricorda al femminismo chi è una vera donna, tramite il sacrificio della sua vita, per amore a se stessa e persino alla sua famiglia.
Inoltre, guardare alla sequenza dei fatti, fa spiccare l’eroismo di questa donna a tal punto da sconfessare in pochi attimi l’ideologia femminista: il 19 novembre, mentre comprava alcuni oggetti per finire i rosari che stava creando per i membri di un ritiro spirituale della sua parrocchia, un uomo entra nel negozio e fingendo di aver dimenticato la carta di credito in macchina torna munito di pistola.
Mette in ginocchio lei e altre due clienti donne. Chiede loro di spogliarsi e di sottomettersi alle sue richieste sessuali.
Dopo aver visto le prime due donne obbedire, Jamie guarda in faccia l’uomo che le tiene la pistola puntata e grida: «Nel nome di Dio, non mi spoglierò», rifiutandosi di assecondare il delinquente. Dopodiché l’assassino le spara uccidendola.
Si può solo immaginare quanto questa donna, dalla voce angelica (hanno testimoniato i parrocchiani) e dalla vita normalissima, che sognava, come è stato ricordato dalla famiglia, di invecchiare con il marito e di assistere al cammino di crescita dei figli, in quegli ultimi attimi avrà pensato che ribellandosi poteva perdere non solo la sua vita, ma lasciare al mondo un vedovo e tre orfani.
Eppure ha deciso di non piegarsi, mentre il piagnisteo del #MeToo si giustifica per aver assecondato i produttori che chiedevano alle attrici prestazioni sessuali in cambio non della vita, ma di un posto di lavoro.
Si capisce quindi la vergogna che proverebbero le varie Asie Argento, se una vicenda come questa divenisse planetaria come la loro.
Ma c’è un altro fatto che interroga: perché Jamie ha ritenuto che la sua purezza valesse più della sua vita e di adempiere al compito di madre e di moglie? Mentre, probabilmente, se l’uomo le avesse chiesto di aprire la cassa di una banca piena di denaro altrui avrebbe obbedito.
E cosa c’entra questo omicidio con la fede, l’unico bene (insieme alla vita altrui) per cui un credente può accettare di sacrificarsi?
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi spiega loro: «Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai!…chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!».
In effetti, l’ambito sessuale ha qualcosa di sacro per ogni uomo, a maggior ragione per il cristiano.
A spiegarlo è un saggio di Dietrich von Hildebrand, filosofo e teologo tedesco, ripubblicato nell’ottobre del 2017 dal National Catholic Register: «L’uomo puro percepisce il mistero del sesso. Percepisce la sua profondità, la sua serietà, la sua intimità…Comprende implicitamente la proposta sublime e il significato fondamentale della sessualità e comprende la spaventosa profanazione di ogni abuso del sesso, il veleno mortale, capace di inquinare l’anima e separarla da Dio, che il piacere sessuale genera quando trattato come il suo fine».
In sintesi la sessualità al di fuori del fine per cui Dio l’ha creata, la donazione esclusiva e aperta alla vita, lo può allontanare più che mai da Lui. Il motivo è che l’atto sessuale è l’unico in cui all’uomo viene permesso di partecipare a due delle prerogative esclusive di Dio: la comunione e la creazione.
Compiendolo l’uomo si avvicina più che mai al Creatore, come non avviene in nessun altro caso, se non nel miracolo della transustanzione a cui partecipa il sacerdote (non a caso il letto nuziale è definito l’altare degli sposi).
Perciò, continua il teologo, «il sesso appartiene in un modo speciale a Dio, e quindi [l’uomo puro] può farne uso nel modo in cui Dio lo ha esplicitamente regolato».
Così, «diversamente dall’innocua sfera del mangiare, del bere o dell’attività intellettuale, il dominio della sessualità appartiene in un modo unico a Dio».
Si capisce quindi il martirio riconosciuta dalla Chiesa di Maria Goretti, che morì piuttosto che profanare il tempio di Dio.
E si comprende il sacrificio di una fedele cattolica come Jamie che imbarazza un mondo che pur dicendo di amare il sesso (mentre i cattolici ne avrebbero timore), in realtà lo svilisce ad un punto tale da compiere ormai milioni di sacrilegi ogni giorno.
E a dimostrare la gravità della profanazione non è solo la fede, tanto che se si fosse piegata, avrebbe subìto per tutta la vita il trauma dell’abuso oltre che sulla sua anima anche sul suo corpo, come rileva questo grosso studio sulle vittime adulte di abusi sessuali.
E persino i suoi figli avrebbero pagato con «problematiche psicologiche, in conseguenza dell’abuso subito dalla madre».
Mentre morendo così Jamie si è guadagnata il paradadiso, lasciato in dono al marito e ai figli, non solo l’esempio di una fedeltà fino al sangue a Dio ma anche al matrimonio.