Nuove violenze in Nigeria. Un gruppo di uomini armati, probabilmente appartenenti alla setta integralista islamica dei Boko Haram, hanno attaccato nella notte a Damagun, nel Nord-Est del Paese, una chiesa cattolica, una scuola elementare e una stazione di polizia. Gli aggressori sono stati respinti dalle forze di sicurezza. Non ci sarebbero vittime. Un appello alla comunità internazionale perché aiuti la Nigeria ad uscire dal vortice delle violenze è stato lanciato, nell’ambito del Meeting di Rimini, dall’arcivescovo di Jos, mons. Ignatius Kaigama, presidente della Conferenza episcopale nigeriana.
Luca Collodi lo ha intervistato:
R. – Nigeria is a Country of many blessings, but also many challenges. …
La Nigeria è per molti versi un Paese benedetto da Dio, ma deve affrontare anche grandi sfide. Ora si trova a combattere questo gruppo fondamentalista, fanatico chiamato “Boko Haram” che causa tanta distruzione. Il suo scopo è attaccare rappresentanti del governo, agenti di sicurezza e perfino i cristiani. Vogliono islamizzare tutto il Paese e sostituire la Costituzione con la Sharìa, la legge coranica. Questa situazione ha provocato grandi tensioni, paura e sfiducia perché queste azioni sono perpetrate con grande violenza, con attentati e uccisioni. La gente è terrorizzata e tutto questo colpisce la Nazione e la Chiesa.
D. – In Nigeria c’è un problema religioso o un problema politico?
R. – There is no neat division between political problems and religious problems. …
In realtà, non c’è una separazione netta tra i problemi di carattere politico e quelli di carattere religioso, perché sono legati tra loro. Per questo è sbagliato ridurre sempre ogni crisi che riguarda la Nigeria alla religione. Ci sono aspetti sociali, economici, politici e i problemi dei giovani che spesso fanno da detonatore alla crisi, e questi problemi alla fine, in qualche modo, diventano problemi tra cristiani e musulmani. Io continuo ad insistere sul fatto che è necessario distinguere le cose. Sì, è vero che ci sono interessi di carattere religioso, ma questi non sono responsabili per tutte le crisi! Certo, ci sono tensioni religiose in Nigeria, ma non siamo in una situazione di guerra tra cristiani e musulmani. Invece, Boko Haram è in guerra contro i cristiani, perché loro hanno giurato che uccideranno i cristiani in quanto infedeli: e questo è un fatto. Ma non si tratta dell’intera comunità islamica!
D. – Che cosa pensa il popolo nigeriano di tutto questo?
R. – They are very apprehensive; they would have wished that these problems …
Le persone sono molto preoccupate: questa situazione avrebbe dovuto essere risolta già da molto tempo … Invece, per qualche strana ragione, il ciclo della violenza continua ad aumentare. Il governo sembra non sapere da dove cominciare; la polizia, anche se è presente in tutto il Paese, non sembra essere in grado di assicurare quella sicurezza che garantisca alla gente di condurre pacificamente la sua vita quotidiana. Per questo, se devo dirle la verità, c’è grande ansia; la gente teme che se questa situazione di conflitto continuerà, le conseguenze potrebbero essere disastrose: potrebbe sfociare apertamente in un terribile conflitto religioso se non addirittura in una guerra civile che finirebbe per opporre il Nord al Sud e il Sud al Nord. Se questo dovesse accadere in Nigeria, inevitabilmente andrebbero a risentirne le altre regioni dell’Africa Occidentale se non addirittura l’Africa intera. Per questo noi non vogliamo la guerra in Nigeria e per questo ancora chiediamo alla comunità internazionale di intervenire affinché possiamo risolvere i nostri problemi di sicurezza, per poter vivere felicemente e in pace.
D. – Qual è la situazione dei cristiani in Africa? E’ una situazione difficile?
R. – Certainly, there is a struggle for Christians to survive; remember, …
Certo, per i cristiani oggi è una lotta sopravvivere; ricordiamo che un tempo l’Africa del Nord era sostanzialmente cristiana. Ora ci siamo accorti che i cristiani sono la minoranza e, se non facciamo qualcosa, questo accadrà ovunque. La comunità islamica è fortemente incentrata sulla sua religione e intende fare il possibile per promuovere e tutelare la sua fede, mentre i cristiani – in Africa come in Occidente – sembrano avere un atteggiamento indolente. A volte, siamo noi stessi i più severi critici della cristianità e della religione cristiana. Paesi che un tempo erano cristiani, oggi affermano di non avere nulla a che spartire con Cristo e di essere Nazioni di un’era post-cristiana. La fede islamica, invece, è in aumento e si diffonde: in Europa, in diversi Paesi; in Africa, nel mio villaggio d’origine non c’era neanche una moschea: ora c’è. Esiste questo fenomeno della diffusione dell’islam in opposizione alla passività dei cristiani nella pratica della fede.
E proprio la libertà religiosa è stato uno dei temi dei dibattiti odierni al Meeting di Rimini. Come difendere questo diritto? Federico Piana lo ha chiesto a Franco Frattini, presidente della Fondazione De Gasperi
R. – Credo che intanto debba fare molto di più la nostra Europa, in termini di una presenza forte, per conoscere là dove le violenze, là dove le persecuzioni si registrano. In secondo luogo, l’Europa ha dei mezzi importanti: ha degli accordi, dei trattati e ha la possibilità, ad esempio, di dirottare importanti finanziamenti e non continuare in modo indiscriminato. Finanziamenti a Paesi o a governi, dove purtroppo si fa molto poco per contrastare queste stragi vere e proprie che si verificano.
D. – Di libertà religiosa, i grandi mezzi di comunicazione ne parlano molto poco. Secondo lei per quale motivo?
R. – Questa nostra Europa – che ha un’identità che si fonda su millenni di tradizione cristiana – ha quasi pudore di dirlo e di rivendicarlo. Quindi facciamo prevalere un pensiero debole e questo indebolisce il ruolo dell’Europa nel mondo.
Fonte: Radio Vaticana