Che l’Italia si trovi ad essere fuori dai Mondiali di calcio – che ci hanno sempre visto protagonisti e molte volte vincitori – provoca un senso di frustrazione e umiliazione. Anche perché il calcio è stato l’unico modo in cui gli italiani per anni hanno potuto esprimere il loro patriottismo e il loro orgoglio nazionale. I Mondiali ci hanno permesso di sventolare il tricolorenelle strade (riconoscendosi tutti in esso) cosa che – in tutti gli altri giorni dell’anno – esponeva al sospetto, se non all’accusa, di fascismo. La stessa parola Patria è bandita da tempo.
Per una strana coincidenza – che ancora una volta intreccia il Calcio con la nostra storia politica – questa esclusione dai Mondiali sembra arrivare come suggello finale di un periodo in cui l’Italia non solo ha perso colossali quote di sovranità (politica ed economica), ma si è anche fatta umiliare in tutti i modi possibili.
Grazie a una classe dirigente subalterna agli stranieri e inadeguata siamo stati trattati da scendiletto e gli altri paesi e le nomenklature europee si sono sentite in diritto per anni di darci ordini, tirarci pedate, affibbiarci ammonimenti, rimbrotti e perfino insulti. E il nostro interesse nazionale è andato a ramengo.
Ma – per una strana coincidenza – l’Italia s’è desta, si sta destando, proprio negli stessi giorni in cui inizia il Mondiale che ci vede esclusi. Infatti si è insediato a Roma un governo che per la prima volta da molti anni non si fa mettere i piedi in testa e lo fa capire al mondo con molta decisione. Un governo a “trazione Salvini”.
Questa rinascita di orgoglio nazionale si era già intravista sul “caso Savona”, per le pesanti interferenze straniere che hanno suscitato una vivace reazione (caso poi finito con un pareggio). Ma – una volta insediato l’esecutivo – con la vicenda della nave Aquarius si è subito capito che la musica è del tutto cambiata sull’emigrazione e sui rapporti con gli altri paesi europei.
E’ un evento che ha fatto enorme clamore, che ha suscitato lo sconcerto di paesi come la Francia, abituata a trattarci come il suo scendiletto, e che ha subito costretto la Germania – più accorta dei cugini d’oltralpe – a riconoscere le ragioni del nostro Paese.
Oltre a questo ci siamo guadagnati la forte simpatia del presidente americano Trump, di altri paesi europei come l’Austria o gli ex paesi dell’est e della Russia di Putin.
In pochi giorni l’Italietta, quella rappresentata da Gentiloni che in visita a Berlino veniva lasciato fuori dalla porta dalla Merkel e invitato a tornare un’altra volta, è completamente mutata nella sua immagine pubblica e nella considerazione degli altri governi.
Così, curiosamente, proprio quando non possiamo esprimere il nostro spirito patriottico nel calcio, ci troviamo a riviverlo finalmente sulle cose che contano: nella difesa del nostro interesse nazionale.
Certo, c’è sempre una parte del Paese, fatto di salotti liberal, che sembra tifare contro l’Italia.
L’esempio peggiore in questi giorni lo ha dato Giuliano Ferrara che, dopo le insolenze francesi contro l’Italia e la richiesta di scuse del governo italiano, ha scritto: “Presidente Macron, resista a questa banda di sciamannati: niente scuse a chi ricatta”.
Un tweet che non merita alcun commento. Perché perfino da sinistra si sono levate proteste contro la Francia di Macron che alza muri contro gli immigrati e poi pretende di dar lezioni all’Italia.
Tuttavia non si deve pensare che la mentalità anti-italiana(che si autodefinisce “europea”) sia limitata al solo Ferrara. C’è ben di più. C’è un intero establishment.
Quando un presidente emerito della Repubblica come Giorgio Napolitano (che era nella stessa corrente del Pci con Ferrara) arriva a dichiarare che “ormai c’è una sola sovranità a cui rispondere ed è la sovranità europea” e che “non c’è più spazio per le sovranità nazionali chiuse in se stesse”, c’è da trasecolare.
Infatti non esiste nessuno stato europeo e non esiste nessuna costituzione europea. Esiste lo Stato italiano e la Costituzione della Repubblica italiana la quale proclama al primo articolo che in Italia “la sovranità appartiene al popolo”, sottinteso: il popolo italiano.
E il presidente della Repubblica italiana presta giuramento con questa formula: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione”.
Giura fedeltà alla Repubblica italiana, non giura di essere fedele alla “sovranità europea” che non si sa cosa sia in termini giuridici (mentre in termini politici sappiamo che significa il volere di Germania e Francia).
A loro volta il Presidente del Consiglio e i ministri del governo italiano giurano ripetendo questa formula: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”.
Non giurano soltanto fedeltà alla Repubblica italiana e alla sua Costituzione, ma addirittura giurano di agire “nell’interesse esclusivo della Nazione”. Non dice nell’interesse degli altri paesi europei o di milioni di emigranti che, dall’Africa o dall’Asia, vogliono venire in Italia, ma dice “nell’interesse esclusivo della Nazione”, cioè del popolo italiano. Interesse – si badi bene – esclusivo.
La frase di Napolitano la dice lunga sulla classe dirigente che l’Italia ha avuto negli anni passati. E l’impronta data soprattutto da Salvini al nuovo governo è un ritorno alla normalità italiana dopo anni di assurdità che hanno inflitto al Paese sofferenze enormi.
Il generale Marco Bertolini, un ufficiale che si è guadagnato la stima della Nato e di tutto il mondo, che è stato comandante del Centro operativo interforze e ha guidato tante missioni militari italiane all’estero, un paio di anni fa, andando in congedo per limiti di età, lanciò più volte l’allarme per quello che stava accadendo all’Italia, soprattutto alle sue frontiere prese d’assalto: “Se dovessimo andare avanti in questa maniera scompariremmo.
Si usa il termine sovranità come se fosse una bestemmia dimenticando che, invece, è il valore per cui hanno giurato i militari, ma anche i ministri”.
In queste ore, con un articolo su “Analisi difesa”, il generale Bertolini ha espresso la sua lieta sorpresa per la svolta storica avvenuta nel nostro Paese. Merita leggere tutto l’inizio del suo scritto che è davvero molto eloquente (e mi scuso per la lunghezza):
“Ci abbiamo messo sei anni. Ci siamo fatti raggiungere da centinaia di migliaia di immigrati, soprattutto africani, sui quali è pressoché impossibile un controllo efficace. Abbiamo lasciato che alcune zone del nostro paese fossero ridotte a campi profughi nei quali la legge della repubblica fatica ad entrare. Ci siamo abituati a scene di degrado degne del terzo mondo nei salotti delle nostre città. Abbiamo creduto alle parole delle anime belle che ci dicevano che l’invasione è ineluttabile e addirittura auspicabile. Abbiamo alzato le mani, umiliati” aggiunge il Generale “di fronte alla protervia dei paesi europei che si sono rifiutati di spartire con noi l’onere di un flusso migratorio che loro stessi avevano innescato con le loro improvvide iniziative militari. Ci siamo rassegnati a considerare i diritti di chi raggiungeva le nostre coste analoghi se non superiori a quelli dei nostri connazionali, anche di quelli che colpiti da un terribile terremotolasciamo da anni in condizioni di precarietà e indigenza assoluta”.
L’ufficiale conclude:
“Abbiamo assistito con impotenza e sgomento a fatti di cronaca incredibili, protagonisti i nostri ‘ospiti’, in nome di un’accoglienza che tale non è: si tratta infatti semplicemente di resa. Poi, improvvisamente, ci siamo svegliati. O meglio, si è svegliato un governo che definire incredibile è dir poco, vista l’eterogeneità dei suoi componenti, ma che a fronte di alcune nostre sfide nazionali sta dando prove di determinazione imprevedibili. Consolatorie”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 15 giugno 2018
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