“Il tweet da fare non era quello evangelico sullo straniero da accogliere, ma doveva essere più o meno così: eri criminale e adesso ti ho fermato”. Per il giudice Alfredo Mantovano, già sottosegretario agli Interni, la vera posta in gioco con il caso Aquarius non è quella che la stampa e la politica stanno strombazzando attraverso fasulli sensi di colpa e retoriche del ricatto morale di un occidente opulento e un sud del mondo povero.
“C’è un equivoco preliminare in questa faccenda nel quale ci stiamo avvitando tutti: il tema corretto non è quello dell’immigrazione, ma quello dello sfruttamento criminale dei viaggi dei migranti da parte di organizzazioni che si basano su questo business”. Mantovano nella sua lunga esperienza di politico parla con cognizione di causa.
Nel 2002 quando era nel governo Berlusconi, fu protagonista di un accordo con l’Egitto per impedire l’arrivo in Italia di migranti dallo Sri Lanka che si servivano del Canale di Suez come porta per il Mediterraneo. E’ dunque un giudice che sa di che cosa parla ed è ormai lontano dalla ritualistica parlamentare che nel parlare deve bilanciare le cose da dire. Come emerge da questa intervista con la Nuova BQ.
Giudice, si è provato a “fermare” Salvini rimproverandogli la violazione del diritto del mare. E in queste ore si ritorna all’attacco: Madrid sostiene che l’Italia potrebbe avere rischi penali. La Francia addirittura ci accusa di essere cinici e vomitevoli.
Dal punto di vista della copertura giuridica non c’è nulla da dire. La decisione italiana è assolutamente legale.
Qual è il problema?
Rispetto a tutto ciò che è stato detto ci sono due aspetti che meritano di essere sottolineati.
Il primo…
L’Aquarius non è un gommone che rischia di rovesciarsi da un momento all’altro, ma è una nave sicura, occupata da più persone rispetto a quelle che può ospitare. Viaggia con assistenza costante, ergo evocare le immagini drammatiche di gente in assenza dell’approdo in un porto italiano è fuori misura.
Il secondo?
Nessuno tiene in considerazione che ogni Stato sul Mediterraneo ha una zona SAR, di search and rescue. Ebbene: la zona SAR di Malta è amplissima e quella maggiore o minore ampiezza non è irrilevante, perché in proporzione all’ampiezza della zona SAR arrivano i fondi per provvedere al soccorso.
Malta dice di avere fatto a sufficienza viste le sue dimensioni…
Certo, Malta è un’isola piccola e non può accogliere tutti, ma se ha contrattato in sede europea una zona così ampia di soccorso non può con una mano incamerare il sostegno finanziario e poi chiudersi con la scusa che è un Paese piccolo.
Il fatto di essere piccolo però è un falso problema. Piccolo rispetto a cosa? Anche l’Italia se confrontata all’Africa intera è piccola.
Appunto. Ma è chiaro che almeno allestire un centro di prima accoglienza potrebbe essere una soluzione. Malta, per l’Europa, dovrebbe diventare quello che è Lampedusa per l’Italia. Un luogo di stazionamento per la prima accoglienza, ma attivo per il tempo strettamente necessario per permettere il primo screening sanitario dei migranti.
Ma teme che al terzo sbarco consecutivo la situazione possa collassare.
E qui veniamo al problema dei problemi, il vero equivoco di questa vicenda.
Quale?
Il tema non è l’immigrazione, ma lo sfruttamento criminale dei viaggi dei migranti da parte di organizzazioni che sfruttano questo business. Il vero tweet da fare non era “Ero straniero e mi avete ospitato” ma “eri criminale e adesso ti ho fermato”.
Si riferisce alle parole del cardinale Gianfranco Ravasi? In effetti una parte del mondo cattolico vede la crisi da questa prospettiva. Intellò come Alberto Melloni non hanno mancato di citare il brano evangelico di Gesù che nasce in una mangiatoia perché non c’era posto nell’albergo.
Sì ma questo mondo per qualche minuto al giorno deve prendere contatto con la realtà e spiegare come mai centinaia di migliaia di persone di origine straniera sono presenti nel territorio nazionale senza averne alcun titolo. Larga parte di loro riceve anche assistenza e mantenimento, siamo nell’ordine di mezzo milione di persone, mettiamo al centro il tema. Se il tema è quello dell’immigrazione allora affrontiamolo come il Magistero ha sempre insegnato.
Dovere di accogliere, ma anche diritto di non emigrare.
E’ il Magistero di sempre, valido anche oggi. Non c’è scritto da nessuna parte che bisogna accogliere tutti quelli che arrivano, ma bisogna vagliare e distinguere. Ci sono i rapporti con la popolazione, i costi e così via. Questo vuol dire affrontare l’immigrazione. Il caso Aquarius è un’altra cosa, non si può liquidare con un tweet.
Cos’è?
Appartiene alla voce conseguenze dello sfruttamento criminale. Vogliamo interessarcene davvero e farcene carico con coraggio o siamo tutti nostalgici dell’epoca di Minniti?
Perché Minniti?
Perché sono amareggiato nel leggere queste rimostranze nei confronti dell’Italia, quando invece l’Italia è in prima fila nell’accoglienza, prima dall’oriente con l’Albania e poi dal sud. Siamo tra i primi Paesi in Europa per domande di asilo, tratteniamo sul nostro suolo per eccesso di garantismo molto di più della media europea.
Eppure Minniti aveva provato a chiudere i rubinetti, ma il ministro Delrio, titolare delle Infrastrutture si era opposto.
Vogliamo tornare agli accordi che i governi precedenti hanno fatto con le organizzazioni libiche?
A cosa si riferisce?
Il Corriere della Sera, sabato scorso, ha riportato la notizia che Ahmad Dabbashi è stato inserito dalle Nazioni Unite nella lista nera dei trafficanti. Eppure con lui abbiamo trattato.
Abbiamo fatto accordi con uno scafista?
Più che uno scafista. Un uomo che l’Onu considera a capo di una organizzazione intera. L’estate scorsa è stato uno dei protagonisti con Minniti degli accordi per fermare le partenze. Ha ricevuto soldi dall’Italia, era un organizzatore di viaggi. E adesso l’Onu lo ha messo al bando.
Eppure non se ne parla…
Fanno più notizia i giornalisti sulle navi delle Ong. Non si può bloccare una nave che trasporta clandestini illegali, ma si possono fare accordi con i capi clan del traffico di migranti?
Ma fare accordi non è illecito. Anzi, per certi versi è indispensabile.
Dipende con chi li fai.
Il Governo di cui lei ha fatto parte li strinse con Gheddafi.
All’epoca della Libia di Gheddafi ci fu un accordo che fu criticato e che contemplava la fornitura di motovedette italiane alla marina libica. Nonostante le critiche la cosa ha funzionato nella piena operatività di questo accordo sulle coste italiane nel 2010. Le persone sbarcate sulle coste italiane erano 4.000. Oggi ne sbarcano altrettante, ma in una notte.
Da ex Sottosegretario agli Interni come valuta l’azione di Salvini?
Ha affrontato una partita molto rischiosa, l’ha fatto con un coraggio politico che gli va riconosciuto e al momento i fatti gli danno ragione.
Ma il discorso non finisce con una nave che invece che approdare a Catania arriva a Valencia. Questo è un punto di partenza, il lavoro dovrà proseguire con le difficoltà del caso perché in sede Ue ci si renda conto che dopo l’Aquarius ce ne saranno altre.
Insomma, fare la voce grossa e contemporaneamente stringere accordi bilaterali con la Libia e gli altri Paesi di uscita?
Esatto, il braccio di ferro di Salvini serve per richiamare l’attenzione, ma dopo serve una politica di accordi.
Quale accordo proporrebbe lei?
Vedo che il Belgio si è destato e ha iniziato a proporre quello che noi a suo tempo dicevamo e che oggi dice la Lega.
Che cosa?
Centri di accoglienza per richiedenti asilo già sul suolo africano. L’Italia lo chiede da anni e quando facemmo l’accordo con la Libia questo sarebbe dovuto essere il passaggio successivo. Ma la Francia e gli Usa avevano fretta di rovesciare il regime di Gheddafi…
In questo modo il flusso si interromperebbe alla fonte…
Si eviterebbero lo sfruttamento in mare e i viaggi della speranza.