Nessuno è in pericolo di vita. Se qualcuno dei migranti a bordo della nave Aquarius lo fosse la notizia farebbe il giro del mondo. Per il semplice motivo che il natante di proprietà della Ong Sos Mediterrèe ha a bordo anche persone capaci di farsi intendere nelle redazioni. Giornalisti. Giornalisti a bordo, emebedded, si direbbe mutuando una terminologia bellica. Ingaggiati per raccontare che cosa succede dentro la nave, ma forse anche qualcosa di più.
Sono la prova che il piano di Aquariusè stato preparato nei minimi dettagli per provocare, diciamo così, una sorta di stress test nel ministro Salvini che, reagendo, ha squarciato il velo su un sistema di taxi del mare mascherato da soccorso umanitario.
Niente accade per caso. Va da sé che se il braccio di ferro ha costituito il primo banco di prova per la tenuta del nascente governo Conte, è stato anche perché l’operazione Aquarius non è partita la mattina di domenica quando il ministro degli interni Matteo Salvini ha bloccato la nave in procinto di dirigersi verso un porto italiano.
E’ iniziata due giorni prima.
E’ venerdì 8 giugno quando la giornalista di Radio National España, Sara Alonso Esparza posta sul suo profilo Twitter una foto-cartolina dell’Etna visto dal porto di Catania. “Inizia la missione a bordo di Aquarius. Salpiamo dalla Sicilia verso la zona Sar dove presumibilmente arriveremo domenica”.
Non è lì per fare un servizio turistico. E’ lì per raccontare. Con lei ci sono altre due giornaliste, una spagnola e una corrispondente americana da Parigi e un fotoreporter anch’egli spagnolo.
Perché proprio la nave che è balzata agli onori della cronaca, perché proprio la nave che sta creando i maggiori grattacapi al governo, è quella che a bordo aveva ben prima dello stop di Salvini un numero di cronisti così elevato? Perché un gruppo di giornalisti di testate importanti decide di salpare proprio a bordo dell’Aquarius sapendo che l’indomani si troverà di fronte un’emergenza da gestire?
Per mettere alla prova il governo razzista Lega-Cinque Stelle. Quello che sarebbe normale diritto-dovere di cronaca si copre di una nuvola di ambiguità se si pensa che i giornalisti hanno, sì, tutte le ragioni del mondo per raccontare i fatti, ma perché la Ong che comanda Aquarius ha colto proprio quell’occasione per far salire a bordo i cronisti certa che di lì a poche ore si sarebbe imbattuta in una “pesca” molto ricca?
Non è un mistero, lo dice candidamente la collega di Sara, Naiara Gallaraga, giornalista del quotidiano spagnolo El Pais.
Nel video postato su Twitter, la donna si fa riprendere in banchina alle spalle della nave: “Siamo a Catania, in Sicilia – dice facendo le presentazioni ai suoi lettori dell’Aquarius -. Salperemo con l’equipaggio nella prima missione di questo tipo da quando in Italia si è insediato un governo xenofobo, antimigranti e populista. Nei prossimi giorni ve lo racconteremo”.
Insomma, sembra un programma di tutto rispetto quello annunciato dalla giornalista che poche ore dopo, nella notte tra venerdì e sabato immortala romanticamente anche il tratto di costa siciliana che si allontana a poppa mentre la scia bianca della nave macina miglia.
La donna prosegue nelle ore successive con il racconto della vita a bordo e le operazioni di recupero di tre imbarcazioni alla deriva specificando che tutto viene coordinato dal Centro di Coordinamento Marittimo di Roma.
Alla mattina del 10 giugno la cronista può fare il bilancio: “Dopo una intensissima e drammatica notte l’Aquarius naviga con 629 migranti a bordo: 229 da due imbarcazioni una delle quali rotta, 40 salvati dall’acqua e 400 salvati da altri mercantili o dalla Marina italiana e trasferiti a bordo”.
Il reportage mostra dunque che anche la Marina, una volta caricati i naufraghi, li consegna alle navi della Ong che può così fare rotta per l’Italia per “scaricare” l’equipaggio.
Qualche ora prima la sua collega aveva annunciato: “Aquarius sta arrivando nella zona SAR. Sembra che avremo da lavorare stanotte. Ci sono naufraghi nell’immensità del Mediterraneo”.
A bordo c’è anche Anelise Borges, corrispondente dalla Francia per Euronews e Nbc. Anche lei documenta le operazioni di salvataggio e tiene monitorata la posizione della nave nel Mediterraneo.
Le tre donne seguono la vita all’interno della nave documentando anche alcuni momenti lieti: alcuni migranti si abbracciano per lo scampato pericolo, ci sono donne che cantano e ballano e altre vengono riprese durante la preghiera del mattino.
Nessuna di loro documenta però lo stato di profondo rischio per la salute fisica dei 629.
I rifornimenti sanitari sono adeguati, il vitto pure. Non ci sono casi di pericolo imminente per la vita dei migranti. Eppure i giornali e molti politici hanno calcato la mano sul fatto che con questa decisione Salvini avrebbe avuto sulla coscienza numerosi morti. Dai reportages degli unici giornalisti presenti a bordo non traspare nulla di tutto questo.
Al massimo un po’ di sconforto per le lungaggini di un’operazione che con un altro governo sarebbe terminata prima. Ma, prontamente, l’equipaggio provvede alzando la musica a tutto volume.
Sembra che il suolo italico sia il preferito e per farlo comprendere si fa leva sulla paura.
La giornalista infatti se ne esce ad un certo punto con un tweet strano: “Ricordiamo d’altra parte che Valencia dista 700 miglia marine.
Ritarderemmo alcuni giorni nell’arrivo e non abbiamo da mangiare”. Eppure alcune ore dopo la donna immortala la preparazione della cena per i migranti, che viene fornita attraverso imbarcazioni di altre ong che nel frattempo sono arrivate a supporto.
Dov’è dunque il pericolo? Il rischio incolumità? Tutto sembra estremamente abitudinario, salvo il no di Salvini, solo che questa volta Aquarius non approderà in Italia. Ma in Spagna, Paese dal quale provengono proprio due delle giornaliste che hanno raccontato in presa diretta tutta l’operazione. Coincidenza o destino?