La Gran Bretagna, come noto, è l’ultimo dei Regno che potremmo definire Ancient Regime: una monarchia ereditaria, niente costituzione, niente codice di diritto civile. In compenso consuetudini e una tradizione tanto dinamica che non si capisce più che cosa conservi e tramandi.
Il Royal Wedding del Principe Harry, lo scavezzacollo di Casa Windsor, l’ex “wild child” come veniva chiamato, con le sue gogliardate a volte di pessimo gusto, come quando si vestì da nazista e marciò col passo dell’oca, forse ha segnato la fine di quanto restava della vecchia Inghilterra. La Monarchia inglese, così come l’abbiamo conosciuta per secoli, è agli sgoccioli.
Se nelle scorse settimane i Media britannici avevano enormemente enfatizzato alcune caratteristiche della sposa, come il fatto di avere sangue afroamericano, di essere fortemente impegnata nel sociale, di essere femminista, e soprattutto di essere divorziata, la cerimonia che ha avuto luogo nell’antico maniero di Windsor, il castello il cui nome divenne cento anni fa il nome artificioso della Famiglia Reale, imbarazzata- allo scoppio della Grande Guerra- del proprio vero cognome tedesco di Sachsen-Coburg und Gotha, ha superato ogni previsione.
Davanti ad una platea dove spiccavano nomi come Elton John, David Beckham e George Clooney, e dove si notava l’assenza del Primo Ministro Theresa May, i due giovani si sono uniti in matrimonio con tutto lo sfarzo che una simile cerimonia richiede. Ma oltre le alte uniformi, i cappelli surreali e la pompa della Cappella di St. George, nel Royal Wedding ha fatto capolino la New Society, la nuova società liquida e arcobaleno.
Il sermone – lunghissimo- che ha accompagnato il rito è stato affidato al reverendo Michael Bruce Curry, primate della Chiesa Episcopale (cioè anglicana) degli Stati Uniti. Il presule di Chicago – afroamericano- ha esordito con una citazione di Martin Luther King, un nome che probabilmente a Winsor non era mai stato pronunciato.
Il sermone è stato nel più schietto stile afroamericano: ampia gestualità, passionalità, espressione colorite.
Il reverendo Curry, che è autore di una pubblicazione intitolata Crazy Christians, cristiani pazzi, è noto negli Stati Uniti per la sua veemente opposizione a Donald Trump, e l’ambito pastorale in cui dà il meglio di sé è quello delle questioni sociali e dell’immigrazione.
Certamente sono stati questi i motivi che hanno portato la sposa a volerlo in questa cerimonia.
Al termine del sermone, quasi a suggellare ulteriormente questo clima “easy”, ecco un coro spiritual intonare Stand By me, un vecchio grande successo pop del cantante afroamericano Ben King che però venne resa celebre soprattutto dalla versione di John Lennon.
Sarà stato per questo, o per la presenza di molti attori, visto che Meghan Markle è stata attrice prima di diventare regal fidanzata, ma ad un certo punto ci si aspettava solo l’arrivo di Sister Act.
Alla fine, il canto a pieni polmoni del God save the Queen ha invece riportato la congregazione da una Harlem virtuale alla vecchia Inghilterra.
Il tutto ha dato un senso di artificiosità impressionante: l’ennesima versione offerta dai Media della favola del Principe Azzurro che sposa Cenerentola. Addirittura – in questo caso- una Cenerentola appartenente ad una minoranza etnica.
Il massimo per una società multirazziale, multiculturale, nullireligiosa.
Meghan ha interpretato alla perfezione questo ruolo, quello della ragazza moderna, emancipata, progressista, fiera della sua pelle “scura”, un dato peraltro ben poco palese nella bella attrice californiana.
Semmai quello che spicca della sposa novella è il suo essere passata con disinvoltura attraverso le varie fedi religiose.
Nata protestante, aveva frequentato una delle migliori scuole cattoliche di Los Angeles, aveva sposato in prime nozze civili un ebreo, e infine si è fatta anglicana in vista del matrimonio.
D’altra parte, cosa importa la fede? Quello che importa è l’orgoglio etnico, magari anche un po’ di nazionalismo americano importato alla Corte di Buckingham Palace, e tanto spirito della postmodenità, quella che ebbe inizio proprio in California col ’68, i figli dei fiori, il discredito della famiglia, l’ostilità nei confronti delle istituzioni, viste come repressive, il vitalismo giovanilistico.
Le cronache rosa avranno molto da raccontare intorno a questo Royal Wedding, ma intanto la New Society ha fatto oggi un altro bel passo avanti.