Dopo il Decreto del 1 Agosto 2017 col quale il Vescovo di Mileto ha vietato alla Fondazione di Paravati di “organizzare pubbliche attività di “Religione e culto” di qualsiasi natura, dentro e fuori la propria sede” (Qui); dopo le forti pressioni per far dimettere i tre Sacerdoti dagli organi della Fondazione; dopo “la minaccia” di inoltrare il Decreto al Ministro dell’Interno e di provocare, di conseguenza, la messa in liquidazione della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”; dopo aver ringraziato colui che, pubblicamente, ha definito “pseudoreligiosi e pseudo-volontari” quanti si sono prodigati negli anni con l’unico scopo di realizzare le opere chieste dalla Madonna a Mamma Natuzza, cos’altro ci si può ancora aspettare da S.E. Mons. Luigi Renzo?
In varie interviste faccio presente che il Presule ha usato toni concilianti, specie verso i Cenacoli di preghiera, e ha espresso la volontà di perseguire il bene della Fondazione ma, nonostante ciò, finora ha dimostrato di seguire un percorso completamente diverso.
Un Padre non può ritenersi conciliante allorquando, per ottenere il suo obiettivo, ricorre a pressioni quali: minacce di sospensioni a divinis; fa temere di inoltrare al Ministero dell’Interno il Decreto del 1 Agosto, con tutte le conseguenze che ciò a suo modo comporterebbe; definisce i Soci Fondatori “eretici” e desiderosi di creare “una chiesa nella chiesa”, sol perché si sono opposti alle modifiche statutarie pretese dallo stesso Vescovo e che riguardavano per lo più la gestione patrimoniale della Fondazione e non già gli aspetti legati alla dottrina e al culto.
Un Padre ha a cuore la cura delle anime dei propri figli e non impedisce loro di continuare ad andare a bere a quella fonte dove hanno conosciuto l’Amore di Gesù; non si adopera a desertificare un luogo santo dove migliaia di persone hanno fortificato la propria fede e dove altrettante l’hanno trovata per la prima volta.
Tutto questo è incredibile. Con la stessa tenacia, al contrario, bisognerebbe impegnarsi a che le nostre chiese deserte tornino ad essere giardini meravigliosi. Se si vuole effettivamente percorrere la via della concordia è necessaria l’apertura al dialogo e all’ascolto reciproco e non l’imposizione di un pensiero, di una decisione.
Non mi sembra che il presule stia seguendo il solco tracciato da Papa Francesco lo scorso 16 settembre quando a Roma, in occasione della nomina di 114 vescovi, ebbe ad affermare che la missione di ogni Vescovo non consiste nel «portare idee e progetti propri, né soluzioni astrattamente ideate da chi considera la Chiesa un orto di casa sua», bensì nell’offrire, «umilmente, senza protagonismi o narcisismi», la propria concreta testimonianza di «unione con Dio, servendo il Vangelo che va coltivato e aiutato a crescere in quella situazione specifica».
Tornando alle proposte di modifiche statutarie pretese dal Vescovo e che riguardavano per lo più, come è stato già chiarito e documentato in altra sede, la gestione patrimoniale della Fondazione e non già gli aspetti legati alla dottrina e al culto, non si può invocare il “principio della obbedienza” religiosa come tanti vorrebbero far credere, arrivando a considerare e definire eretici coloro che si oppongono al tali modiche.
Nella storia della Chiesa abbiamo tanti esempi di Santi che si sono opposti alla “regola” della obbedienza allorquando si sono visti chiedere di rinnegare la verità, come San Pio che non permise a Padre Gemelli di visitare le sue stimmate.
I soci fondatori si sono sempre opposti alle modifiche dello Statuto vigente non per fare un torto a qualcuno, ma perché quanto richiesto dal Presule avrebbe snaturato lo spirito originale della Fondazione voluta da Mamma Natuzza per realizzare le opere chiestele dalla Madonna. E’ stata la stessa Mamma Natuzza a volere lo statuto nella versione vigente che, all’epoca, fu totalmente condivisa dalla Diocesi.
Senza dimenticare che lo stesso statuto fu anche ispirato dall’anima di Monsignor Colloca nel corso di una visione che ebbe la Mistica.
In relazione a ciò, molti devoti si sono chiesti del perché le modifiche il Vescovo non le abbia proposte quando ancora era in vita Mamma Natuzza. Nessuno si sa dare una risposta.
Tornando al quesito iniziale, cos’altro ci si poteva aspettare da Sua Eccellenza? La domanda sorge spontanea a chi ha seguito tutti i travagli di questi ultimi mesi.
La risposta non si è fatta attendere e proprio in questi giorni il presule ha emanato un decreto col quale dispone il divieto di riunione all’Assemblea dei soci della Fondazione, convocata per giorno 10 marzo prossimo per ratificare i membri mancanti del Consiglio di Amministrazione, in surroga di quelli dimessisi o costretti alle dimissioni da sua Eccellenza.
Il fine ultimo di questa Assemblea sarebbe quello di dare piene capacità Amministrative alla fondazione, assicurando così la normale gestione dei tanti problemi che attendono soluzioni.
E’ il caso di evidenziare che il Vescovo non ha nessuna competenza sugli aspetti organizzativi e gestionali della Fondazione, né sulle sue votazioni che, al contrario, sono normali prerogative dei suoi organi interni, rappresentati dal Consiglio di amministrazione e dall’Assemblea dei fondatori.
Spetta solo a quest’ultima, in particolare, eleggere i membri del CdA alla scadenza del loro mandato, ai sensi dell’art. 8 dello Statuto, ovvero ratificare quelli eletti dal CdA stesso in corso di mandato, ai sensi dell’art. 10, lett. b).
E invece il presule di Mileto, anche in questa vicenda, sebbene non abbia nessuna competenza, è intervenuto pesantemente per decretare “l’illegittimità” (invero inesistente) di atti assunti e per diffidare i soci fondatori a non riunirsi il giorno 10 Marzo p.v..
Il decreto si conclude con una “esortazione” “in cristiana obbedienza” a prendere il suddetto “con la dovuta canonica considerazione” e con l’ammonimento (minaccia?) che, “qualora ciò non dovesse avvenire, con evidente pubblico scandalo, mi vedrò costretto ad applicare, extrema ratio, il can. 326, §1m da far valere anche agli effetti civili”, il che potrebbe portare allo scioglimento della Fondazione.
Mi chiedo cosa faccia più scandalo: che dei privati cittadini si rifiutino di apportare modifiche allo statuto di una fondazione privata per rispettare la volontà di Natuzza e che si riuniscano in assemblea per eleggere i membri dimissionari degli organi della stessa, oppure che un Vescovo provochi tanta sofferenza nelle anime e nei cuori di migliaia di fedeli sparsi in tutto il mondo sigillando la fonte dove per più di 50 anni si sono dissetati della sete di Dio e minacciando di sciogliere la Fondazione qualora non ci si inchini al suo volere, senza neanche poter ricorrere a quegli strumenti che il Codice di diritto canonico riconosce a chi si ritenga leso da un decreto vescovile?
Ci troviamo adesso in Quaresima: tempo di grazia, tempo di misericordia, tempo che tutti i devoti di Mamma Natuzza sentiamo in maniera molto forte.
In questo periodo le sofferenze della Mamma diventavano insopportabili, ma nonostante ciò la sua sete di sofferenza non si placava e ne chiedeva sempre di più per portare a Gesù il maggior numero di anime possibile perché nessuna si dannasse.
Constato amaramente che oggi la salvezza delle anime sta poco a cuore a chi dovrebbe. Mamma Natuzza pur di salvare anime era disposta a fare anche 100 anni di purgatorio. La sua sete era quella di conquistare anime per Gesù e non potere.
Natuzza è stata per tutti un grande esempio di fede e di amore, tutta la sua vita è stata un’offerta di AMORE ed è per questo che ha portato ed è salita sulla croce assieme a Gesù.
In un colloquio di un venerdì della Quaresima del 1991 Gesù le disse: “Sei un dono che Dio ha fatto al mondo, uno strumento cieco nelle sue mani che nessuno può capire, nemmeno chi pensa di spiegare il tuo mistero. E’ come se si volesse misurare l’acqua del mare raccogliendone le gocce ad una ad una”.
A nessuno sfugge che, fino ad un anno fa, si poteva andare a Paravati per attingere a quella sorgente di acqua viva e trovare così ristoro alla propria anima, assistendo lì a tutte le funzioni religiose.
Ci manca tanto la possibilità di partecipare, soprattutto in questo periodo, al Cenacolo del venerdì, tanto caro a Mamma Natuzza, alla Via Crucis ed alla santa messa presso la Fondazione come abbiamo fatto nei tanti anni passati. Questo divieto ci provoca una sofferenza che attanaglia il cuore.
Penso che anche la Chiesa, quale Corpo mistico di Cristo, soffra insieme a noi ed è per questo che non può rimanere a guardare.
La bellissima chiesa rimane lì ancora chiusa, da ammirare dall’esterno senza poter espletare quella funzione per cui è stata voluta dalla Madonna, quale Casa di preghiera per tutte le anime, luogo per riconciliarsi con Dio e per celebrare il mistero dell’Eucarestia.
Tengo a ricordare che la chiesa è stata costruita col contributo di migliaia di devoti, frutto di privazioni e sacrifici non indifferenti da parte di ognuno, oggi purtroppo per niente considerati da chi dovrebbe averne il dovere di farlo.
In questa Calabria, terra dalle mille contraddizioni, dove molto spesso succedono le cose più strane senza che ciò faccia scandalo, terra in cui il culto, invece di promuoverlo, viene chiuso alle migliaia di fedeli che frequentano i luoghi santi di Paravati e, cosa più strana, ciò avviene non per eresia o sacrilegio, ma per motivazioni, eufemisticamente parlando, discutibilissime.
A questo punto, non resta che la speranza di un improcrastinabile quanto doveroso intervento nei confronti delle migliaia di fedeli da parte delle gerarchie ecclesiastiche, per dipanare la complicata vicenda prima che la situazione si complichi ulteriormente e diventi uno scandalo vero, che spazzi come un uragano la credibilità delle istituzioni religiose.
Francesco Faragò
(un devoto di Catanzaro)