Due rinvii a giudizio davanti al Tribunale vaticano per i reati di furto aggravato e favoreggiamento in seguito alla diffusione di notizie riservate durante una trasmissione televisiva e attraverso la pubblicazione, nel libro di Gianluigi Nuzzi, di documenti privati trafugati dall’appartamento pontificio. Di furto aggravato dovrà rispondere Paolo Gabriele, aiutante di camera del Papa; di favoreggiamento Claudio Sciarpelletti, un laico analista e programmatore che lavora negli uffici della Segreteria di Stato.
Nei suoi confronti sono, invece, cadute le accuse di violazione del segreto d’ufficio «per carenza di prove» e di concorso in furto aggravato «per insufficienza di prove». La sentenza di rinvio a giudizio, emessa dal giudice istruttore Pietro Antonio Bonnet su richiesta del promotore di giustizia Nicola Picardi, è stata resa pubblica la mattina di lunedì 13 agosto, e illustrata ai giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede.
Essere giunti a sentenza, però, non significa che la stessa istruttoria sia da considerarsi conclusa. Come avverte infatti lo stesso Bonnet questa prima fase considera solo il «reato di furto aggravato e nei confronti degli imputati Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti, restando ovviamente aperta l’istruttoria per i restanti fatti costituenti reato nei confronti dei predetti imputati, e/o altri».
La pubblicazione integrale del documento — ha fatto rilevare padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede — indica la volontà di trasparenza e il rispetto dell’autorità giudiziaria vaticana. D’altra parte è sempre stata «chiara l’intenzione del Papa di rispettare il lavoro della magistratura e le sue risultanze», ha osservato ancora padre Lombardi. E «ciò spiega anche la non pubblicazione di risultanze della commissione cardinalizia» per non esercitare condizionamenti.
Nelle 35 pagine presentate questa mattina — integralmente accessibili sul sito della Santa Sede (www.vatican.va) — vengono illustrati sia il procedimento penale presso il tribunale dello Stato della Città del Vaticano, con la requisitoria del promotore di giustizia Nicola Picardi, sia l’istruttoria conclusa con la sentenza di rinvio a giudizio. La corposa documentazione offre numerosi dettagli dell’inchiesta avviata all’indomani della prima diffusione di notizie e documenti riservati, il 3 febbraio 2012. Si riferiscono a dichiarazioni rilasciate dagli imputati e a testimonianze di molte persone sentite dagli inquirenti, i nomi delle quali sono sostituiti da lettere dell’alfabeto «per un principio di correttezza» come ha spiegato Lombardi.
Sono poi elencati tutti gli adempimenti osservati, così come previsto dalla legislazione e dalla procedura penali, per l’accertamento delle responsabilità di Gabriele prima di formulare l’accusa, procedere all’arresto, stabilire l’imputabilità dell’accusato, con particolare riferimento sia al suo possibile stato di infermità mentale sia al concetto normativo di coscienza e libertà dei propri atti. In proposito sono state presentate le relazioni peritali del professor Roberto Tarantelli, nominato d’ufficio dal Tribunale, e del professor Tonino Cantelmi, nominato dagli avvocati di parte. In base alle relazioni dei periti, alle risposte di Paolo Gabriele, alle testimonianze raccolte durante le indagini e alle inconfutabili prove trovate nelle abitazioni di Gabriele stesso — tra l’altro sono stati rinvenuti un assegno e oggetti scomparsi dall’appartamento pontificio — il giudice istruttore ha deciso per la sanità mentale e dunque per l’imputabilità giuridica. Gabriele ha anche reso confessione esplicita e spontanea del reato attribuitogli.
«Meno grave» viene definita la posizione di Sciarpelletti al quale, a causa delle «contraddittorie dichiarazioni» da lui rese, il giudice ha contestato il reato di favoreggiamento. Il suo atteggiamento ha però «inciso negativamente sull’attività istruttoria, eludendo l’investigazione dell’autorità e recando intralcio in particolare alle indagini della polizia giudiziaria e delle relative ricerche». In un cassetto della scrivania di Sciarpelletti è stata rinvenuta una busta sigillata «contenente documenti riservati» anch’essi oggetto di pubblicazioni. Sciarpelletti, arrestato anche lui il 25 maggio, ha trascorso solo una giornata da recluso. La natura dell’accusa ha consentito infatti la immediata concessione dei domiciliari.
Il Papa «ha ricevuto questi documenti — ha detto Lombardi — e ne ha preso conoscenza. Rimane nel suo potere di intervenire qualora voglia o lo ritenga opportuno». Il direttore della Sala Stampa ha aggiunto che un’ipotesi del tutto plausibile è il dibattimento in autunno.
Sala Stampa della Santa Sede: