Padre Sosa & co: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei – di Giorgio Enrico Cavallo

sosa-buddaPassi il figlio di papà che parte e va in India per sei mesi in cerca del suo kharma. Passi la studentessa universitaria che, come regalo di laurea, parte e va in Africa a cercare le origini, il contatto con la Madre Terra, la tribalità e i tamburi davanti al fuoco. Passi anche il cattolico che era cattolico ma che non ci credeva poi molto e che pensa che tutte le religioni in fondo siano uguali e che la mattina fa il saluto al sole perché così gli ha detto il suo life coach. Passino tutti costoro. Ma che a pregare Buddha o i mille dèi indiani siano i sacerdoti cattolici, quello no, non può passare

L’ultimo fatto di cronaca lo conosciamo bene: padre Sosa, il “papa nero” dei gesuiti, è stato sgamato a pregare con i buddisti. A dirla tutta, dalla foto che circola in rete sembrava un po’ perplesso anche lui: insomma, attorno a sé aveva gente che credeva in qualcosa. Lui, che ha bisogno di un registratore per credere alla parola di Dio, forse si stava domandando perché tutti quei monaci pregassero con convinzione.

Ma come? Loro non avevano un registratore? Boh. E non dubitano manco un po’? Boh. E se il Buddha fosse solo una figura simbolica? Come il demonio, d’altronde? Boh. Quelli lì vestiti di arancione ci credono davvero, e questa convinzione deve aver spiazzato un po’ il generale dei gesuiti.

Che poi il baffo più famoso della Compagnia di Gesù non è nemmeno l’unico uomo di Chiesa che ha dimostrato simpatie più o meno marcate per altre religioni, filosofie e pensieri antitetici al cattolicesimo. Uno tra tutti, il cardinal Ravasi, sgamato anche lui mentre partecipa ad una danza rituale in onore della Pacha Mama, la dea terra sudamericana.

Voi direte che è per avvicinare Cristo a chi non lo conosce. Pensatela come vi pare, eh, ma chi scrive dubita molto che gente incapace di trasmettere Cristo agli stessi cristiani sia capace di portarlo ai non credenti.

E poi, come porterebbe la Parola di Dio ad un cambogiano? Pregando Buddha? Chi ci capisce è bravo; non è sminuendo le verità di fede che il mondo troverà la fede. Puntare al ribasso non porta alcun risultato positivo; anzi, porta il risultato opposto a quello sperato, perché il sincretismo religioso porta in dote l’ateismo.

In fondo, se tutto va bene e un cattolico può pregare Maometto o la dea Khalì, perché andare a Messa in chiesa?

Il problema è sempre lo stesso che si trascina dal Concilio Vaticano II: a furia di abbassare il livello dei ragionamenti, si finisce per non trasmettere alcun messaggio.

I risultati si vedono: questa diluizione del cattolicesimo, questa omeopatia della fede, non ha riportato a casa le pecorelle smarrite; anzi, le ha fatte smarrire ancora di più, mentre quelle che erano nell’ovile sono fuggite in gran numero. Per andare dove? Per andare, magari, da quei monaci aranciovestiti che ci credono davvero.

È comprensibile che i cristiani se ne vadano a cercare il kharma in India o nel Laos.

È comprensibile, perché il cattolicesimo ha smesso di fornire risposte efficaci. Le altre religioni, invece, sì. E non è che siano tutte più comprensibili del cristianesimo, che con i suoi dogmi e i suoi precetti ha un po’ stancato noialtri occidentali.

L’Islam, il Buddhismo o il Confucianesimo sono forse più chiari? Hanno rituali più semplici? I loro sacerdoti sono forse più alla mano dei nostri arcigni pretacci? No, semplicemente quelle religioni sono rimaste fedeli a loro stesse; cosa che non si può dire del cattolicesimo.

Ma rallegriamoci, in fondo: un padre Sosa che va a pregare con i buddisti rivela perfettamente ciò in cui crede.

L’antico adagio funziona perfettamente: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Ora che lo abbiamo scoperto, possiamo augurargli ogni bene, come già ha fatto il buon Blondet. Tra i buddisti si troverà bene.

Noialtri, invece, preghiamo perché la gerarchia ecclesiastica la smetta di scimmiottare le altre religioni e ritorni ad essere la Chiesa Cattolica. Non la Chiesa Buddista.

Campari & De Maistre