Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II ci sembrava che le cose fossero tornate in qualche modo “a posto” per un certo tempo, per lo meno in alcuni ambiti […]. Questa situazione è continuata sotto Benedetto XVI […]. Ora, nei pochi anni del pontificato di papa Francesco, lo spirito ammuffito e stantio degli anni Settanta è risorto, portando con sé altri sette demòni […]. Il fatto che quello spirito estraneo sembri aver alla fine ingoiato il Soglio di Pietro, trascinando coorti sempre più estese di una compiacente gerarchia ecclesiastica all’interno della sua rete, è l’aspetto più inquietante e veramente scioccante per molti di noi, fedeli cattolici laici.
Osservo un gran numero di alti prelati, vescovi e teologi e non riesco a riscontrare in loro – ve lo giuro – la benché minima presenza del sensus fidelium: e questi sarebbero i latori dell’ufficio di insegnamento della Chiesa? Chi rischierebbe la propria anima immortale affidandosi al loro giudizio morale nella confessione? (Anna Silvas, docente alla University of New England, Australia – Roma, 22 aprile 2017).
Benedetti i laici (incluse le laiche, ovviamente) che hanno una fede viva per vedere chiaro nella situazione attuale e il coraggio evangelico di denunciarla senza mezzi termini. Essi sono esenti dalla manipolazione mentale perpetrata nelle facoltà teologiche e liberi dai contorsionismi clericali di chi cerca di salvare capra e cavoli.
Perciò guardano la realtà così com’è e dicono senza complessi ciò che osservano. Questo sano senso del reale, che dovrebbe essere normale per ogni cattolico, oggi è merce rarissima, specie fra i chierici, i quali sono stati “formati” a considerare tutto attraverso il prisma dell’ideologia inculcata in seminari e conventi: una cosa non è semplicemente quello che è, ma quel che “deve” essere per poter stare in un quadro precostituito; ciò che non rientra nel quadro va ignorato, rimosso o riformulato.
Alla nuova “visione”, poi, bisogna esser pronti a sacrificare qualunque valore: la verità, la giustizia, la ragionevolezza… e le persone stesse.
Lo spirito ammuffito e stantio degli anni Settanta, una volta cacciato almeno dalle posizioni più alte, è ritornato in forze – per applicare l’insegnamento del Signore sul piano collettivo (cf. Mt 12, 43-45) – e si è insediato al vertice.
È esattamente questa l’impressione che ho ricevuto dal nuovo pontificato: discorsi e atteggiamenti ecclesiali correnti all’epoca della mia infanzia e adolescenza, che sembravano definitivamente morti e sepolti, sono di colpo risuscitati… come degli zombie.
Il fetore della salma riesumata, tuttavia, è avvertito soltanto da chi ha conservato l’uso naturale dei sensi, parlando per metafora.
Chi, per la ragione sopra accennata, a dispetto dell’evidenza si è abituato a considerarlo un profumo, non se ne fa un problema; chi invece è dominato da un compiacente e interessato conformismo ecclesiastico fa finta di non sentirlo.
Chi poi, in realtà, ha sempre continuato a puzzare di cadavere, ma sotto i pontificati precedenti ha coperto il suo tanfo onde non essere scoperto, ora lo lascia esalare senza ritegno, tanto più se è capo dell’Ordine da cui proviene il Pontefice…
Per spiegare uno sviluppo del genere bisogna riconoscere il ruolo giocato da forze preternaturali, quelle turbe di demòni che Leone XIII vide abbattersi sulla basilica di San Pietro.
È ovvio che il diavolo non possa nulla senza la permissione divina e, qualora operi nell’ambito della coscienza, senza il consenso umano; ciò ci assicura che l’odierno disastro rientra nel piano di salvezza e che, se da qualche parte il fumo di Satana è penetrato nel tempio di Dio, è perché qualcuno gli ha aperto un varco.
Il cadavere del modernismo, risuscitato come neomodernismo, non sarebbe stato accolto nella Chiesa, se un concilio non l’avesse trionfalmente rivestito di sacri ornamenti e un papa, volente o nolente, non l’avesse consacrato e imposto a tutti i livelli.
Ora questo, di fatto, è avvenuto. Ciò che ha reso possibile l’infatuazione generale – a parte i fenomeni contingenti legati a una certa involuzione ecclesiale, nella prima metà del secolo scorso – è una riedizione della gnosi che a poco a poco ha impregnato il clero e la società.
Sul piano filosofico si tratta dell’idealismo tedesco, che ha dapprima infettato la teologia protestante e poi, grazie all’ecumenismo, anche quella cattolica. Nell’ambito di quest’ultima nemmeno teologi fedeli possono fare a meno – non fosse che per confutarle – di trattare le tesi del protestantesimo liberale, come se fossero un punto di riferimento obbligato.
Il risultato è che la maggior parte degli studenti, generalmente dotati di scarsa cultura generale e di ancor più debole dottrina, ingoiano tutto senza sufficiente discernimento e senso critico.
Sul piano teologico l’impostazione idealistica si sposa con una visione spiritualistica che ha radici antiche. La teoria eterodossa delle “tre età” della storia salvifica la divideva in un’età del Padre fondata sul rigore della giustizia, un’età del Figlio caratterizzata dalla grazia e un’età dello Spirito contraddistinta dalla sua universale immanenza.
La prima età corrisponderebbe all’Antico Testamento, con un’evidente svalutazione e la conseguente rimozione di tutto ciò che rappresenta; la seconda abbraccerebbe l’epoca della Chiesa concepita come istituzione definita, con l’inevitabile relativizzazione di dottrina, liturgia e morale; la terza avrebbe finalmente portato la pienezza di ciò che le due fasi precedenti avrebbero soltanto preparato.
In soldoni, il compimento supremo della storia, rappresentato dall’età finale e definitiva, comporta l’annullamento di dogmi, riti, leggi e precetti, che separerebbero i cristiani dagli altri uomini e creerebbero degli steccati tra le religioni.
La misericordia, che nell’età del Figlio era condizionata dall’adesione a un evento storico e a un insegnamento dogmatico, è ora offerta indistintamente a tutti, perché la verità ultima di Dio, in quel processo di automanifestazione e autorealizzazione dello “spirito” che è la storia umana, si è ormai pienamente sviluppata ed è accessibile a chiunque, a prescindere dalle sue credenze, dalla sua cultura e dal suo stato morale.
Ognuno può essere ammesso in questa nuova realtà continuando a credere ciò che vuole e a fare quel che gli pare, dato che tutto questo è semplicemente irrilevante: è sufficiente aderire alla nuova gnosi.
Chi non lo fa, viceversa, è ipso facto condannato come nemico del genere umano.
È in vista di questo obiettivo che si muovono quei “teologi” che rivendicano una rivalutazione della pneumatologia a spese della cristologia: il punto di riferimento inevitabile costituito dall’Incarnazione e dal Corpo mistico di Cristo deve essere aggirato in modo tale da poter rintracciare una presenza dello Spirito Santo anche al di fuori di Lui e della Chiesa.
È innegabile che lo Spirito Santo possa agire in ogni uomo dalla coscienza retta, ma lo fa sempre in vista dell’adesione a Cristo e dell’ingresso nella Chiesa.
Non si può certo ipotizzare la minima divisione nella Trinità santissima, malgrado certi blasfemi farneticamenti secondo cui le tre Persone starebbero «litigando a porte chiuse, mentre fuori l’immagine è di unità» (sic Francesco il 17 marzo 2017, ndr)
Chi parla così proietta evidentemente in Dio la propria esperienza personale, ma soprattutto tradisce una gravissima ignoranza delle verità fondamentali della fede: l’unità di natura comporta il fatto che le Persone divine, nel loro agire, compiono insieme un’unica e medesima operazione per un unico e medesimo fine.
Ma per quel personaggio e per la sua corte questa affermazione, a quanto pare, è un relitto di un’epoca superata in cui ancora, su Dio, si poteva pensare e credere qualcosa di preciso o almeno ragionevole. Dobbiamo dedurne che quei signori sono oltre la fede e la ragione, pur rivendicando un’autorità sulla fede e sulla ragione altrui.
Un lettore che, avendo osato proporre ai suoi preti tematiche cattoliche, si è visto immediatamente «censurato, zittito e richiesto di “affidarsi” (fideisticamente) al loro discernimento» ha tratto questa amara conclusione, che riconduce la gnosi attuale al suo “capostipite”: «Ringraziamo Lutero per aver separato fede e ragione; così ora ciascuno può pretendere obbedienza incondizionata a se stesso e bollare ogni contenuto di fede e di morale come oggettivistico…».
Egli indica però anche l’antidoto contro l’assoggettamento agli arbitrii e alle assurdità clericali: «Continuiamo a invocare Maria, la santissima Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli, affinché infiammi i nostri cuori del (vero) Spirito Santo».
Così potremo evitare i rischi della pericolosa ebbrezza indicata da un’altra lettrice: «L’ubriacatura da “Spirito”, di questi tempi, pare generalizzata, a parte delle “sacche di resistenza” rimaste lucide perché astemie, grazie a Dio.
Pare esista solo lo “Spirito”, che soffia e stupisce per l’originalità dei lidi di approdo! Poverini: ebbri come sono, non si rendono conto che lo Spirito Santo non illumini né soffi con la novità dei contenuti, ma con la robustezza della Parola fondata su Gesù Cristo, il Signore, che è lo stesso ieri, oggi e sempre.
La santa Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, ci insegni a vivere come Lei, in ascolto dello Spirito che sempre soffia in noi parole eterne, senza tempo, e ci apra i tesori del Cuore trafitto del Suo amatissimo Figlio Gesù, perché possiamo trarne tutti i benefici e le grazie necessarie alla nostra salvezza e alla conversione del mondo intero».
Fonte: La Scure