Intervista a tutto campo a Marco Tosatti. Confermate verità inquietanti

marco-tosattiMarco Tosatti, giornalista e scrittore, è nato a Genova nella seconda metà degli anni ’40 del XX secolo. Viene, per così dire, da una “famiglia d’arte”: il padre, Renato, giornalista sportivo, morì a 40 anni nella famosa tragedia aerea di Superga (1949); anche il fratello maggiore, Giorgio (1937-2007), è stato un giornalista sportivo, diventando editorialista ed opinionista di punta di molte riviste e trasmissioni televisive.

Il nostro prezioso interlocutore, invece, divenne il vaticanista de La Stampa di Torino del 1981, seguendo perciò gran parte del pontificato di Giovanni Paolo II, prima, e di Benedetto XVI, poi. E pensare che, all’epoca, non era neppure credente. Solamente agli inizi degli anni ’90 ritrovò la fede cattolica. In quest’intervista ha accettato di affrontare diversi argomenti riguardo la situazione della Catholica contemporanea.

DOMANDA. Dott. Tosatti, prima di tutto, La ringraziamo sinceramente per la sua disponibilità. Vorremmo cominciare parlando di quel particolarissimo settore del giornalismo che tutti conosciamo come “vaticanismo”. Qual è la peculiarità del “vaticanista”?

RISPOSTA. «Mi è difficile dare definizioni generali. Quello che posso fare è dirvi come io ho cercato, e cerco, di svolgere questo mestiere. Un vaticanista è prima di ogni altra cosa un giornalista. Vale a dire che il suo compito è quello di informare, nel modo più veritiero e corretto possibile. Indipendentemente dal fatto che quello che scrive possa piacere o non piacere ai suoi eventuali referenti. O alle persone di cui si scrive, fossero pure il Papa.

La mia idea è che quando dovrò dar conto di quello che ho fatto, mi verrà chiesto se ho cercato di fare bene il mio lavoro, non se ho cercato di compiacere chicchessia… Questo lavoro specifico, quando ho cominciato a farlo, molti anni fa, (nel 1981) era difficile perché dentro le Mura non parlava nessuno. Adesso potremmo dire che abbiamo il problema opposto. Scherzo; comunque, come per ogni giornalista il problema delle fonti è prioritario».

"Volando" con un papa santo...

D. Per molti anni Lei ha seguito S. Giovanni Paolo II nei suoi viaggi apostolici, dopo anche Benedetto XVI. Vorrebbe condividere con noi qualche piccolo ricordo personale?

R. «San Giovanni Paolo II ti dava veramente l’impressione, mentre lo seguivi, di scrivere la storia. Mi ricordo in particolare della sua visita alla Collina delle Croci, in Lituania, in quel paesaggio drammatico. La notte la gente piantava croci che il regime comunista poi abbatteva. E mi ricordo il suo abbraccio a un minatore – forse in Colombia? – che era salito sul palco e a cui mentre esponeva la condizione drammatica della vita del suo popolo, avevano cercato di togliere il microfono. Giovanni Paolo II intervenne, e volle che finisse il suo discorso: e alla fine lo abbracciò. Di Benedetto XVI mi ha sempre affascinato, anche nel contatto personale, la sua mitezza, e l’incredibile acutezza del suo sguardo. Una vera finestra su una mente eccezionale».

FFI, un caso ancora aperto

P. Stefano Manelli

D. Caso FFI. Lei è stato il primo a dare la notizia che le autorità civili hanno prosciolto da tutte le accuse il padre Stefano M. Manelli. Sono passati più di tre anni, ma non si conosco ancora le reali motivazioni del commissariamento dell’unico ordine religioso senza crisi vocazionali. Qual è la sua opinione – come giornalista e laico cattolico – di questa strana e triste vicenda?

R. «È certamente una vicenda confusa, in cui si mescolano molti elementi diversi. E purtroppo devo dire che la Chiesa non ne esce bene. Finora l’unica accusa di cui si ha notizia in campo ecclesiastico a carico della vecchia gestione era una “deriva criptolefebvriana”. Se veramente padre Manelli ha compiuto abusi nei confronti di suoi religiosi e religiose, perché non accusarlo formalmente e se colpevole condannarlo? La Chiesa ha gli strumenti per farlo, come è stato per i Legionari di Cristo. Ma da laico, non da cattolico, non mi piace l’aria da rieducazione ideologica che si respira; così come l’aria di un complotto piccolo piccolo di qualche frate per impadronirsi della baracca, soldini compresi…e non mi piace l’uso veramente molto poco evangelico, al limite della scorrettezza, di alcuni siti web dietro cui si intravede l’ombra di qualche religioso un po’ troppo spregiudicato. E veramente non capisco a chi giovi tutto ciò. Da fonti diverse, in maniera casuale, mi sono arrivati giudizi sui FFI; e me ne hanno parlato sempre bene. Personalmente, l’unico che ho conosciuto è padre Alfonso Bruno, dopo che avevo scritto i primi articoli. Dire che sia stato un incontro simpatico, con una persona simpatica, sarebbe una bugia».

Fatima fra segreti e misteri

D. Lei è stato anche il primo scrittore a porre dubbi e domande riguardo lo svelamento della terza parte del segreto di Fatima con un libro del 2002 intitolato Fatima. Il Segreto non svelato (da noi letto e molto apprezzato). Le discussioni e le polemiche su ciò non si sono mai concluse, soprattutto perché la Santa Sede non ha mai dato risposte soddisfacenti. Ammesso e non concesso che non tutto sia stato reso pubblico, secondo Lei, per quale motivo Giovanni Paolo II – d’accordo con Joseph Ratzinger e Angelo Sodano – decise di rivelarne solo una parte? E, secondo la sua opinione, che cosa conterrebbe la parte non svelata?

R. «Sinceramente, non lo so. Se ne avessi una piccola idea, scriverei un seguito ai primi libri…Non so se sapremo mai la verità su questa vicenda, così complessa e delicata. Come mi disse una volta l’allora segretario di Giovanni Paolo II, il cardinale Dziwisz: “Il problema è sapere che cosa ha detto la Madonna, e che cosa ha detto Suor Lucia”. Ma un esame accurato di tutte le testimonianze nel corso degli anni, delle descrizioni delle lettere e dei fogli di carta, e del messaggio stesso fa capire che la storia è più ricca e ampia di come ci è stata raccontata. Non posso credere che la Madonna durante una rivelazione dica “eccetera eccetera…”. Suvvia! Creduloni forse, ma solo fino a un certo punto».

D. La frase del cardinale Dziwisz rimanda ad un famoso comunicato della Santa Sede del 1960, in cui si spiegava che Giovanni XXIII (recentemente canonizzato proprio da Francesco) aveva deciso di non rendere pubblica la terza parte del Segreto per lo stesso motivo. È possibile che la Chiesa, in passato molto più prudente e scrupolosa, abbia riconosciuto un’apparizione mariana di tale portata – facendola addirittura entrare nel magistero pontificio – senza conoscere esattamente le parole pronunciate dalla Santissima Vergine? Del resto, la veggente suor Lucia Dos Santos (1907-2005) è “sopravvissuta” a ben cinque papi, non sarebbe stato opportuno chiedere a lei dei chiarimenti?

R. «Bisogna ricordare un fatto. La Chiesa, i vescovi, i cardinali e talvolta anche i papi nei confronti delle rivelazioni private hanno un atteggiamento estremamente prudente. Mi raccontavano di Pio XI che quando gli arrivavano lettere di veggenti e persone che avevano avuto rivelazioni le leggeva, poi le posava e diceva più o meno così: “Mah! Pare che io sia il Suo vicario in terra. Se Lui avesse qualcosa da far sapere potrebbe dirlo a me…”. Penso, azzardo un’ipotesi; che mentre per le prime due parti del segreto non ci fossero difficoltà interpretative, per la terza parte invece – e per eventuali altri messaggi aggiuntivi o collaterali – esistessero, esistano problemi. Non a caso la cella e tutto il materiale relativo a Suor Lucia sono stati messi immediatamente sotto chiave…».

Dal conclave al doppio sinodo sulla famiglia

D. Parliamo del doppio sinodo sulla famiglia. Il suo collega americano Edward Pentin ha pubblicato un libro in cui sostiene che l’assise del 2014 è stata manipolata dagli stessi organizzatori per tendere verso la parte progressista minoritaria. Qualcosa del genere sarebbe avvenuta anche nel 2015, quando — racconta il prof. Roberto de Mattei — nella notte tra il 22 e il 23 ottobre, la stragrande maggioranza dei padri sinodali ha respinto quella che sarebbe dovuta essere – approvata dal Papa – la Relatio sinodi, perché era evidente che si trattava di un testo preparato prima della discussione e non in continuità col perenne magistero della Chiesa. Che cosa ne pensa di quest’altra stramba e triste vicenda?

R. «Ne ho scritto a più riprese, sul blog che avevo su La Stampa, San Pietro e Dintorni e sul blog che curo attualmente, Stilum Curiae. Credo di essere stato il primo a raccontare come, già nel 2014, si stesse organizzando tutto per arrivare a quello che poi è stato il risultato finale. Ma penso che i gestori di questa operazione avessero sottovalutato l’ampiezza e la profondità della resistenza al loro piano. Però già allora era previsto che l’esito sarebbe stato un documento ambiguo…Uno dei mastri burattinai ne parlò, secondo me imprudentemente, durante una cena davanti a molti estranei. Qualcuno, presente, me lo riferì».

Papa Francesco durante il sinodo del 2015 insieme all'organizzatore, il card. Baldisseri.

D. A proposito di cene e di notizie date da Lei per primo. Nel suo blog San Pietro e dintorni, Lei raccontò di alcune cene organizzate (pochissimi giorni prima del conclave del 2013) da alcuni prelati e da diversi cardinali, tra cui l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, al quale furono date informazioni riguardo dei profili personali ed ecclesiali della curia. Due di quei “commensali” oggi sono cardinali e fra i più stretti collaboratori di papa Francesco. In seguito, sempre nel suo blog, Lei ha seguito le notizie sul conclave del 2013, riportando fatti e aneddoti riguardo il “team Bergoglio” e la “mafia di San Gallo”. Alla luce di questi fatti, non è insensato ipotizzare che il cardinal Bergoglio sia stato “eletto” prima dell’extra omnes e che abbia stipulato degli accordi – benché categoricamente proibiti da S. Giovanni Paolo II nel motu proprio Universi Dominici Gregis – con altri cardinali. Qual è il suo giudizio su questa vicenda, come vaticanista di lunga data?

R. «Credo che dobbiamo distinguere due fatti. Il primo è quello di cui parla nel suo libro il cardinale belga Danneels, grande amico e consigliere del Pontefice; e mi permetto di aggiungere, in maniera irriverente, uno dei non pochi punti interrogativi umani di questo regno, visto il passato del porporato. Dalla presentazione del libro, si evince che l’elezione di Jorge Bergoglio è stata il frutto di riunioni segrete che cardinali e vescovi, organizzati da Carlo Maria Martini, hanno tenuto per anni a San Gallo, in Svizzera. Lo sostengono gli autori Jürgen Mettepenningen et Karim Schelkens; Danneels, secondo gli autori, avrebbe lavorato per anni a preparare l’elezione di papa Francesco, avvenuta nel 2013. Egli stesso d’altronde, in un video registrato durante la presentazione del libro a Bruxelles ammette di aver fatto parte di un club segreto di cardinali che si opponevano Joseph Ratzinger. Ridendo, lo definisce “un club mafia e portava il nome di San Gallo”. Oltre a Danneels e Martini, del gruppo secondo il libro facevano parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, il cardinale italiano Achille Silvestrini e quello britannico Basil Hume, oltre ad altri. Scriveva il giornale belga Le Vif: “Il 13 marzo 2013 una vecchia conoscenza era al fianco del nuovo papa Francesco: Godfried Danneels. Ufficialmente, era là in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà ha operato per degli anni come creatore di re discreto”. Già nel precedente Conclave Bergoglio era stato votato, e molto, in opposizione a Ratzinger. Ora che Bergoglio forse avesse sentore che sarebbe stato di nuovo proposto è possibile, e anche in una certa misura plausibile; non penso però che sia possibile affermare con tutta la sicurezza e l’evidenza che il caso richiede che si possa sollevare un problema di legittimità dell’elezione, anche se certamente si può pensare che il confine fosse molto vicino».

Rottura o continuità? E chi lo sa!

D. Arriviamo dunque all’Amoris Laetitia. Lei ha capito se il celeberrimo capitolo VIII ammetta oppure no i divorziati-risposati alla Comunione?

R. «Rispondo con una domanda: è possibile capovolgere il magistero secolare della Chiesa, e in particolare quello dei due papi precedenti, che all’argomento avevano dedicato tempo, studio e preghiera, con una noticina a piè di pagina? La forma è sostanza, anche in questo caso. Se releghi in una noticina una possibile svolta clamorosa vuol dire che o non sei sicuro del terreno su cui ti avventuri, o hai timore delle conseguenze. E quello che i napoletani dicono: aumm aumm…Personalmente, vedendo le cose da laico, mi sembra che l’autorevolezza del Magistero ne venga sminuita. Da giornalista: se l’Amoris Laetitia fosse l’articolo scritto da un collega alle prime armi, gli direi: che senso ha nascondere la notizia in due righine in fondo? Se vuoi dire una cosa, devi dirla forte e chiaro».

D. Sempre sull’Amoris Laetitia. Perché, a suo giudizio, papa Francesco non ha voluto rispondere ai cinque “Dubia” dei quattro cardinali Brandmuller, Burke, Caffarra e Meisner?

R. «Credo che si trovi in un’impasse. Da ignorante, facendo teologia da bar, direi questo. Se dice che chi è in un secondo rapporto coniugale mentre il primo, per la Chiesa, è ancora valido, può fare la comunione, corre il rischio di avallare un peccato mortale. O addirittura di esortare a compierlo. Il che per un papa è certamente singolare. Se sconfessa la noticina dell’Amoris Laetitia che figura ci fa? Specialmente dopo che Kasper, Schoenborn e compagnia cantante hanno intonato peana alla rivoluzione!».

D. Riguardo l’appena concluso Giubileo Straordinario della Misericordia, quali sono le sue impressioni, come giornalista e fedele cattolico?

R. «Che è sempre bene parlare di misericordia, e ancora più bello praticarla, dentro e fuori la Chiesa. Straordinariamente, qualche volta, anche con i cattolici, magari».

D. Si aspettava questo linciaggio mediatico nei confronti di coloro che sono definiti con disprezzo “fondamentalisti cattolici?”.

R. «Quando non vuoi esaminare le ragioni portate avanti da chi non la pensa come te; quando hai una cattiva coscienza, perché magari fino a poco fa sostenevi proprio quelle ragioni; quando magari devi dimostrare tutto il tuo entusiasmo ai nuovi detentori del potere, è naturale che tu ricorra a termini squalificanti verso chi dissente. È un modello vecchio come il mondo. Vi ricordate le accuse di tesi antipartito, di frazionismo, di trotzkismo, di attività antipopolari delle realtà socialiste?».

Grande è la confusione!

D. Infine, ringraziandoLa di nuovo, vorremmo domandarLe come descriverebbe, come vaticanista, l’attuale situazione della Chiesa. Quali sono, come cattolico, le sue preoccupazioni e le sue speranza per la Chiesa?

R. «“Grande è la confusione sotto il cielo”. Non chiedetemi altro. Grazie per la vostra pazienza».

 

Fonte: Cooperatoris Veritatis