Da qualche tempo c’è una firma che compare con sempre più evidenza su “L’Osservatore Romano”, anche in prima pagina e anche nelle colonne degli editoriali. È quella di Marcelo Figueroa, che da settembre dirige la nuova edizione settimanale de “L’Osservatore Romano” creata espressamente per i lettori dell’Argentina.
Figueroa è lui stesso argentino. E non è cattolico ma protestante, pastore della Chiesa presbiteriana e direttore per venticinque anni della Società biblica argentina.
Soprattutto, però, è amico di lunga data di Jorge Mario Bergoglio, che l’ha voluto vicino a sé anche nel recente suo viaggio a Lund, per la celebrazione dei cinquecento anni della Riforma luterana.
Ed è proprio questa sua stretta amicizia col papa che spiega l’inaudito ingresso di un protestante nella cabina di regia del giornale ufficiale della Santa Sede.
In Argentina, fu Figueroa a far sedere allo stesso tavolo, con lui in mezzo, l’allora arcivescovo di Buenos Aires e il rabbino ebreo Abraham Skorka, per una serie di colloqui trasmessi da Canal 21, la TV dell’arcidiocesi, e poi trascritti in un libro edito in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana col titolo: “Conversazioni sulla Bibbia“.
Quel ciclo d’incontri fu interrotto alla trentaduesima puntata dall’elezione di Bergoglio a papa. La trentatreesima, rimasta inattuata, avrebbe avuto per argomento la parola “amicizia”, come ha raccontato poi Figueroa su “L’Osservatore Romano”.
Oggi Figueroa a Santa Marta è di casa. Nella primavera del 2015, sottoposto in patria a un delicato intervento chirurgico, Francesco gli è stato vicino con continue telefonate e lettere. Dopo che s’era ristabilito, nel settembre dello stesso anno il papa gli ha dato una lunga intervista per FM Milennium 106.7, emittente radiofonica di Buenos Aires.
E un anno dopo l’ha appunto promosso al ruolo di cui si è detto, non solo di direttore dell’edizione settimanale argentina de “L’Osservatore Romano” ma anche di “columnist” dell’edizione quotidiana maggiore.
La sua investitura solenne in quest’ultimo ruolo è stato un curioso articolo a due voci tra lui e l’indiscussa numero uno degli editorialisti de “L’Osservatore”, oltre che coordinatrice del suo supplemento femminile “Donne Chiesa Mondo”, Lucetta Scaraffia:
> La sfida ecumenica latinoamericana
L’articolo, su un’intera pagina de “L’Osservatore Romano” del 5 novembre, è costruito in forma di colloquio ed è una sorta di bilancio della trasferta del papa a Lund e quindi dello stato attuale dei rapporti tra cattolici e protestanti.
Ma ha un precedente che è utile richiamare.
Pochi giorni prima, il 1 novembre, Lucetta Scaraffia aveva pubblicato sul “Corriere della Sera” un articolo sullo stesso argomento che aveva sollevato sconcerto in campo cattolico:
> Lutero, le 95 tesi e il Pontefice latino che oggi cancella secoli di conflitti
In esso scriveva:
“Oggi molti dei profondi dissensi che hanno causato la scissione della Chiesa non hanno più ragion d’essere: il problema della salvezza – solo per grazia divina come diceva Lutero o attraverso le opere e la mediazione del clero, come voleva la Chiesa cattolica – non assilla più nessuno. Così come le indulgenze sono scomparse dal nostro orizzonte, e pure l’aldilà sembra da decenni dileguato.
Perché allora litigare ancora su tutto questo? E come litigare ancora sul libero accesso ai testi sacri, se oggi anche i cattolici sono abituati a leggere la Bibbia nelle edizioni che preferiscono, in gruppi di lettura e di commento animati dalla più grande vivacità? Certo, rimangono questioni teologiche aperte, come i sacramenti – ridotti di numero dai luterani – ma queste sono per lo più questioni che non toccano molto i fedeli”.
Ai lettori cattolici più avvertiti (come Costanza Miriano, vedi “Il Foglio” del 4 novembre) queste parole erano sembrate esprimere non una comprensibile preoccupazione per lo svuotamento dei capisaldi della fede cristiana ad opera dell’ondata secolarizzante, ma piuttosto una soddisfatta presa d’atto dell’avvenuto sgombero del contenzioso dottrinale con i protestanti, “grazie al quale – sempre a detta di Scaraffia – il dialogo fra cattolici e luterani è messo in condizione di andare al di là delle divergenze teologiche”. Finalmente.
Sta di fatto che, pochi giorni dopo, Lucetta Scaraffia è tornata a scrivere tali e quali quelle sue considerazioni non sul laico “Corriere”, ma sul giornale ufficiale del papa, in duetto con il collega protestante Figueroa, che mostrava di condividerle appieno.
Da parte protestante non risulta che vi siano state reazioni a questo disinvolto aggiornamento del percorso ecumenico fatto dalle prime due penne de “L’Osservatore Romano”.
Di certo, tra i valdesi italiani c’è stato nervosismo, negli stessi giorni, per come il fondatore de “la Repubblica”, il laicissimo Eugenio Scalfari, ha scritto di Lutero e del protestantesimo nel riferire sul suo giornale la telefonata che papa Francesco gli aveva fatto, alla vigilia del viaggio a Lund, proprio perché – parole di Scalfari – “desiderava parlare con me di quella Riforma”:
> Francesco, Lutero e il valore condiviso della Riforma
A ribattere a quest’altro amico di riguardo di Bergoglio, con una micidiale stroncatura, è stato nientemeno che il teologo valdese più autorevole e stimato anche in campo cattolico, Paolo Ricca, su “Riforma” dell’8 novembre:
> Lutero e l’Evangelo della grazia incondizionata
Avventure e disavventure del nuovo corso ecumenico.
Fonte: Settimo Cielo