Da Corrispondenza Romana del 24 novembre 2016 – Riportiamo, in esclusiva per Corrispondenza Romana, la traduzione italiana di una dichiarazione in difesa dei quattro cardinali ricevuta da mons. Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana. L’ intervento di S. E. mons. Schneider può essere definito una voce altrettanto profetica di quella dei quattro cardinali.
Non possiamo fare nulla contro la verità, ma solo per la verità” (2 Cor. 13: 8)
Una voce profetica di quattro cardinali della Santa Chiesa Cattolica Romana
Mossi da “profonda preoccupazione pastorale”, quattro cardinali di Santa Romana Chiesa, Sua Eminenza Joachim Meisner, Arcivescovo emerito di Colonia (Germania), Sua Eminenza Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna (Italia), il cardinale Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, e sua Eminenza Walter Brandmüller, presidente emerito della Pontificia Commissione di Scienze storiche, il 14 novembre 2016 hanno pubblicato il testo di cinque domande, dette dubia (termine latino per “dubbi”), che in precedenza, il 19 settembre 2016, avevano inviato al Santo Padre e al Cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, insieme ad una lettera di accompagnamento.
I cardinali chiedono a Papa Francesco di chiarire “il grave disorientamento e grande confusione” relativi all’interpretazione e all’applicazione pratica, soprattutto del capitolo VIII, dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia e dei suoi passaggi in materia di ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti e all’insegnamento morale della Chiesa.
Nella loro dichiarazione dal titolo “Cercando la chiarezza: un appello a sciogliere i nodi in Amoris laetitia”, i cardinali dicono che per “molti – vescovi, sacerdoti, fedeli – questi paragrafi alludono o perfino insegnano esplicitamente un cambiamento nella disciplina della Chiesa rispetto ai divorziati che vivono in una nuova unione”.
Parlando così, i cardinali non hanno fatto che constatare fatti reali nella vita della Chiesa.
Questi fatti sono dimostrati dagli orientamenti pastorali assunti da diverse diocesi e dalle dichiarazioni pubbliche di alcuni vescovi e cardinali, i quali affermano che, in alcuni casi, divorziati e risposati cattolici possono essere ammessi alla Santa Comunione, anche se continuano a esercitare quei diritti che la legge divina riserva ai coniugi validamente sposati.
Pubblicando una richiesta di chiarezza in una questione che tocca la verità e la santità contemporaneamente dei tre sacramenti del matrimonio, della penitenza e dell’Eucaristia, i quattro cardinali hanno fatto solo il loro dovere fondamentale di vescovi e di cardinali, che consiste nel contribuire attivamente affinché la rivelazione trasmessa attraverso gli Apostoli possa essere custodita santamente e fedelmente interpretata
E’ stato soprattutto il Concilio Vaticano II che ha ricordato a tutti i membri del collegio dei vescovi, in quanto legittimi successori degli Apostoli, il loro obbligo, di “ avere per tutta la Chiesa una sollecitudine che, sebbene non sia esercitata con atti di giurisdizione, contribuisce sommamente al bene della Chiesa universale. Tutti i vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l’unità della fede e la disciplina comune all’insieme della Chiesa,” (Lumen gentium, 23; cfr anche Christus Dominus, 5-6).
Nel rivolgere un appello pubblico al Papa, vescovi e cardinali dovrebbero essere mossi da sincero affetto collegiale per il Successore di Pietro e Vicario di Cristo sulla terra, seguendo l’insegnamento del Concilio Vaticano II (cfr Lumen gentium, 22); così facendo essi rendono “un servizio al ministero primaziale” del Papa (cfr. Directory for the Pastoral Ministry of Bishops, 13).
L’intera Chiesa ai nostri giorni deve riflettere sul fatto che lo Spirito Santo non ha ispirato invano san Paolo a scrivere nella Lettera ai Galati circa l’evento della sua correzione pubblica di Pietro.
Bisogna avere fiducia che Papa Francesco accetti questo appello pubblico dei quattro cardinali nello spirito dell’apostolo Pietro, quando san Paolo gli offrì una correzione fraterna, per il bene di tutta la Chiesa.
Possano le parole del grande dottore della Chiesa, san Tommaso d’Aquino, illuminarci e confortarci: “Quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente. Perciò Paolo, che pure era suddito di Pietro, per il pericolo di scandalo nella fede lo rimproverò pubblicamente. E sant’Agostino commenta: «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla retta via»” (Summa theol., II-II, 33, 4c).
Papa Francesco richiede spesso un dialogo schietto e senza timore tra tutti i membri della Chiesa nelle questioni riguardanti il bene spirituale delle anime.
Nell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia, il Papa parla del bisogno “di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali. La riflessione dei pastori e dei teologi, se è fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza” (n. 2).
Inoltre, le relazioni a tutti i livelli all’interno della Chiesa devono essere libere da un clima di paura e intimidazione, come Papa Francesco ha chiesto nei suoi molteplici pronunciamenti.
Alla luce di queste dichiarazioni di Papa Francesco e del principio di dialogo e di accettazione della legittima pluralità delle opinioni, che è stato favorito dai documenti del Concilio Vaticano II, le reazioni insolitamente violente e intolleranti da parte di alcuni vescovi e cardinali contro la calma e circospetta richiesta dei quattro cardinali suscitano grande stupore.
Tra queste reazioni intolleranti si possono leggere affermazioni di questo genere: i quattro cardinali sono stupidi, ingenui, scismatici, eretici, e perfino paragonabili agli eretici ariani.
Tali giudizi apodittici e impietosi rivelano non solo intolleranza, rifiuto del dialogo e rabbia irrazionale, ma dimostrano anche una resa davanti all’impossibilità di dire la verità, una resa al relativismo nella dottrina e nella pratica, nella fede e nella vita.
La succitata reazione clericale contro la voce profetica dei quattro cardinali dimostra, in ultima analisi, impotenza davanti agli occhi della verità.
Una reazione così violenta ha un solo scopo: far tacere la voce della verità, che sta disturbando e inquietando la nebulosa ambiguità, apparentemente pacifica di questi critici clericali.
Le reazioni negative alla dichiarazione pubblica dei quattro cardinali ricordano la generale confusione dottrinale della crisi ariana nel IV secolo.
Nella situazione di confusione dottrinale dei nostri giorni è utile a tutti citare alcune affermazioni di sant’Ilario di Poitiers, l’“Atanasio dell’Occidente”.
“Voi [i vescovi della Gallia] che rimanete ancora con me fedeli in Cristo non avete ceduto quando siete stati minacciate dall’apparizione dell’ eresia, e ora, affrontando questa eresia avete contrastato tutta la sua violenza. Sì, fratelli, voi avete vinto, per l’abbondante gioia di coloro che condividono la vostra fede: e la vostra costanza inalterata ha ottenuto la doppia gloria di mantenere una coscienza pura e di dare un esempio autorevole” (Hil. De Syn., 3).
“La vostra [vescovi della Gallia] fede invincibile mantiene la distinzione onorevole del valore coscienzioso e, contento di ripudiare l’azione astuta, vaga o esitante, si mantienein modo sicuro in Cristo, preservando la professione della sua libertà. Infatti, poiché tutti abbiamo sofferto un dolore profondo e doloroso per le azioni dei malvagi contro Dio, è unicamente all’interno dei nostri confini che la comunione in Cristo ha potuto essere trovata dal tempo in cui la Chiesa ha cominciato ad essere tormentata da turbolenze come l’espatrio dei vescovi, la deposizione di sacerdoti, l’intimidazione della gente, la minaccia della fede, e la definizione del significato della dottrina di Cristo fatta dalla volontà e dal potere degli uomini. La vostra fede risoluta non pretende di ignorare questi fatti, né professa di poterli tollerare, consapevole che con l’atto di un assenso ipocrita essa si condurrebbe davanti al tribunale della coscienza” (Hil. De Syn., 4).
“Ho detto ciò che io stesso credevo, consapevole che, era mio dovere di soldato al servizio della Chiesa inviarvi queste lettere, conformando all’insegnamento del Vangelo la voce dell’ufficio, a cui adempio in Cristo. Sta a voi discutere, provvedere ed agire, affinché l’inviolabile fedeltà che conservate, possa continuare ad essere custodita dai vostri cuori coscienziosi, e affinché voi possiate continuare a mantenere ciò che oggi mantenete” (Hil. De Syn., 92).
«Le seguenti parole di san Basilio il Grande, indirizzate ai Vescovi latini, possono essere sotto certi aspetti applicati alla situazione di coloro che ai nostri giorni chiedono chiarezza dottrinale, compresi i nostri quattro cardinali: “L’unica carica che oggi è sicura di attirare una severa punizione è l’attenta conservazione delle tradizioni dei padri. Non siamo attaccati a causa della ricchezza, o della gloria, o di eventuali vantaggi temporali. Noi siamo in campo a combattere per la nostra ereditò comune, per il tesoro della fede certa, trasmessa dai nostri padri. Lamentatevi con noi, voi tutti che amate i fratelli, davanti alla chiusura delle bocche degli uomini di vera fede, e all’apertura delle labbra audaci e blasfeme di tutti coloro che proferiscono iniquità contro Dio. Le colonne e i fondamenti della verità sono dispersi in tutti i sensi. Noi, la cui insignificanza ci ha permesso di essere trascurati, siamo privati del nostro diritto di libertà di parola” (Ep. 243, 2.4).
Oggi quei vescovi e cardinali, che chiedono chiarezza e che cercano di compiere il loro dovere conservando santamente e fedelmente l’interpretazione della Rivelazione divina che è stata trasmessa riguardante i sacramenti del matrimonio e dell’Eucaristia, non vengono più esiliati, come accade ai i vescovi di Nicea durante la crisi ariana.
Contrariamente al tempo della crisi ariana, oggi, come scrisse il vescovo di Ratisbona, Rudolf Graber, nel 1973, l’esilio dei vescovi è sostituito da strategie per silenziarli e calunniarli (cfr. Athanasius und die Kirche unserer Zeit, Abensberg 1973, p. 23).
Un altro campione della fede cattolica durante la crisi ariana fu san Gregorio Nazianzeno, che descrisse in maniera suggestiva e caratteristica il comportamento della maggior parte dei pastori della Chiesa in quei tempi.
Questa voce del grande Dottore della Chiesa dovrebbe essere un avvertimento salutare per i vescovi di tutti i tempi: “Certamente i pastori hanno agito scioccamente, perché, ad eccezione di pochissimi, che sono stati ignorati a causa della loro insignificanza, o che hanno resistito a causa della loro virtù e che dovevano essere necessari come un seme e una radice per la risorgenza e la rinascita di Israele grazie alle influenze dello Spirito, tutti hanno preso tempo, divergendo gli uni dagli altri solo in questo, che alcuni hanno ceduto prima, e altri più tardi; alcuni erano o campioni e o capi in questa corsa verso l’empietà, e altri hanno raggiunto le seconde fila della battaglia, essendo stati vinti dalla paura, o dall’ interesse, o dalle lusinghe, o, ciò che fu più scusabile, dalla loro stessa ignoranza” (Orat. 21, 24).
Quando papa Liberio nel 357 firmò una delle cosiddette formule di Sirmio, in cui evitò deliberatamente l’espressione dogmaticamente definita “homo-ousios” e scomunicò sant’Atanasio in modo da avere pace ed armonia con i vescovi ariani e semi-ariani di Oriente, i fedeli cattolici e alcuni pochi vescovi, in particolare sant’Ilario di Poitiers, rimasero profondamente scioccati. Sant’Ilario ha trasmesso la lettera che papa Liberio scrisse ai vescovi orientali, annunciando l’accettazione della formula di Sirmio e la scomunica di san Atanasio.
Nel suo profondo dolore e sgomento, sant’Ilario aggiunse alla lettera, in una sorta di disperazione, la frase: “Anathema tibi a me dictum, praevaricator Liberi” (io ti dico anatema, o prevaricatore Liberio), (cfr. Denzinger-Schönmetzer, n. 141).
Papa Liberio volle avere pace ed armonia ad ogni costo, anche a scapito della verità divina. Nella sua lettera ai vescovi latini eterodossi Ursace, Valence e Germinio annunciando loro le decisioni di cui sopra, scrisse che preferiva la pace e l’armonia al martirio (cfr. Denzinger-Schönmetzer, n. 142).
In che contrasto drammatico fu il comportamento di Papa Liberio con la seguente convinzione di sant’Ilario di Poitiers: “Noi non facciamo la pace a spese della verità, facendo concessioni per acquisire la reputazione di tolleranza. Facciamo la pace combattendo legittimamente secondo le regole dello Spirito Santo. C’è il pericolo di allearsi surrettiziamente con l’infedeltà, ammantando ciò con il bel nome della pace” (Hil. Ad Cost., 2, 6, 2).
Il beato John Henry Newman commentò questi fatti tristi e insoliti con la seguente affermazione saggia ed equilibrata: “Mentre è storicamente vero, non è in alcun senso dottrinalmente falso, che un Papa, come dottore privato, e ancor più i Vescovi, quando non insegnano formalmente, possono sbagliare, come riscontriamo che sbagliarono nel quarto secolo. Papa Liberio poté firmare una formula eusebiano a Sirmio, e la massa dei Vescovi a Rimini o altrove, eppure malgrado questo errore, essi avrebbero potuto essere infallibili nelle loro decisioni ex cathedra” (Gli Ariani del IV secolo, Londra, 1876 , p. 465).
I quattro cardinali con la loro voce profetica che chiede chiarezza dottrinale e pastorale hanno un grande merito davanti alla loro coscienza, davanti alla storia, e davanti agli innumerevoli semplici fedeli cattolici dei nostri giorni, che sono relegati alla periferia ecclesiastica, a causa della loro fedeltà all’insegnamento di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio.
Ma soprattutto, i quattro cardinali hanno un grande merito agli occhi di Cristo. Per la loro voce coraggiosa, i loro nomi brilleranno luminosamente il giorno dell’Ultimo Giudizio.
Essi hanno infatti obbedito alla voce della loro coscienza ricordando le parole di San Paolo: “Non possiamo fare nulla contro la verità, ma solo per la verità” (2 Cor. 13: 8).
Sicuramente, il giorno del Giudizio, i critici clericali dei quattro cardinali prima menzionati non avranno una risposta facile per giustificare il loro violento attacco contro un atto così giusto, degno e meritevole di questi quattro membri del Sacro Collegio dei Cardinali.
Le seguenti parole, ispirate dallo Spirito Santo, mantengono il loro valore profetico soprattutto di fronte al diffondersi della confusione dottrinale e pratica riguardo al sacramento del matrimonio ai nostri giorni: “Verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però, vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero” (2 Tim. 4: 3-5).
Possano tutti, coloro che ai nostri giorni prendono ancora sul serio i loro voti battesimali e le loro promesse sacerdotali ed episcopali, ricevere la forza e la grazia di Dio, per poter ripetere con sant’Ilario le parole: “Che io possa essere sempre in esilio, purché solo la verità cominci ad essere predicata di nuovo!” (De Syn., 78).
Questa forza e questa grazia la desideriamo con tutto il cuore per i nostri quattro cardinali, come anche per coloro che li criticano.
23 Novembre 2016
+ Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana