“Invero lo abbiamo fatto scendere nella Notte del Destino. E chi potrà farti comprendere cos’è la Notte del Destino? La Notte del Destino è migliore di mille mesi. In essa discendono gli angeli e lo Spirito, con il permesso del loro Signore, per [fissare] ogni decreto. È pace, fino al levarsi dell’alba.”
Questa è la sura 97 del Corano che ricorda la notte in cui secondo la tradizione islamica sarebbe stato fatto discendere il testo sacro dell’islam. Come si legge sul sito di Partecipazione & Spiritualità Musulmana, organizzazione italiana legata ideologicamente al partito al-‘Adl wa-al-Ihsane marocchino, “il merito dell’adorazione in questa notte supera quella di mille mesi (= 83 anni e 4 mesi), Dio il Misericordioso non dice che è come mille mesi, ma che è meglio di mille mesi.
Il Messaggero di Dio, pace su di lui, ci assicura che: “Chiunque vegli in preghiera durante la notte del destino con fede e speranza nella ricompensa otterrà il perdono dei suoi peccati precedenti.”
Il sito riporta anche il detto profetico riportato da Aisha, la giovane moglie di Maometto: “Ricercate la notte del destino tra le notti dispari degli ultimi dieci giorni di Ramadan.” Ebbene, il tragico attentato alla Holey Artisan Bakery di Dacca che ha visto la morte di nove italiani, è accaduto proprio in uno di questi giorni.
Non è la prima volta che il jihadismo attacca nel mese di Ramadan e soprattutto nei suoi ultimi dieci giorni.
Nel dicembre 2001 l’attentato al parlamento indiano con 13 morti, nel novembre 2003 l’attacco suicida al consolato britannico a Istanbul, con 30 morti, e l’attentato suicida a Kirkuk in Iraq con cinque morti; nell’ottobre 2005, gli attentati a New Delhi, con 62 morti; nell’agosto 2011 l’attentato di Boko Haram contro la sede delle Nazioni Unite a Abuja in Nigeria, con 25 vittime, nel 2016 è stata la volta di Istanbul e Dacca.
Mentre in molte famiglie dal Marocco all’Indonesia ieri sera si attendeva con gioia la rottura del digiuno pregando e recitando il testo coranico, un gruppo di terroristi in Bangladesh ha risparmiato gli ostaggi che sapevano recitare versi del Corano, proprio nella notte del destino.
Da un lato la gioia e la serenità nell’intimità familiare, dall’altra il terrore e la discriminazione in nome dell’appartenenza religiosa. Anche il più laico tra i musulmani saprebbe recitare qualche versetto coranico e la professione di fede e probabilmente si sarebbe salvato.
Un italiano, un giapponese, un occidentale avrebbe avuto, così come è stato, una tragica sorte. In Bangladesh si è consumata l’ennesima tragedia commessa da chi considera l’islam la religione della spada, da chi considera il Corano la parola di Allah immutabile ed eterna valida per tutti i tempi e luoghi, ma soprattutto non contestualizzabile e non passibile di riforma o adeguamento ai tempi.
In Bangladesh, a Istanbul, Bruxelles, Parigi, Mogadiscio, Tunisi il Corano e l’islam sono stati branditi come arma di guerra, come motivazione al jihad. Da persone che conoscevano il Corano e a cui era stato spiegato il contesto in cui fu rivelato, ovvero la società beduina della penisola arabica del VII secolo? Probabilmente no.
Ma al contempo è innegabile, soprattutto nel caso dell’eccidio di Dacca, che il Corano sia stato usato come “discrimine”, termine che in arabo equivale a furqan che è uno dei nomi del testo sacro dell’islam in quanto, come sosteneva Tabari – uno dei principali commentatori -, “realizza una distinzione tra il vero e il falso, con gli argomenti che propone, con i limiti normativi che delinea, con gli obblighi che istituisce e con tutti i significati di profonda saggezza che contiene”.
Quanto accaduto a Dacca dovrebbe condurre a una riflessione seria e onesta sul testo coranico e sulla facilità di una sua strumentalizzazione per consumare violenza e tragedie contro musulmani e non.
Una riflessione ancora più indispensabile in ambito sunnita laddove non esiste un’autorità interpretativa, universalmente riconosciuta, che possa trasmettere e diffondere della parola di Allah un’interpretazione che neghi oggi, e una volta per tutte, un’istituzione che era la regola nel VII secolo dopo Cristo: il jihad.
Un esempio viene dal Marocco dove, a differenza di altri paesi islamici, il sovrano è anche Principe dei Credenti ed è quindi un’autorità politica, ma anche religiosa.
E’ del 1 luglio la notizia che il Ministero dell’educazione del Regno ha previsto dei cambiamenti per l’anno scolastico 2016/2017 per quanto concerne le ore di educazione islamica nelle scuole. In primo luogo la materia nei manuali sarà “educazione religiosa”, non più educazione islamica.
L’islamologo Said Lakhal ha precisato che la diversa denominazione è dettata dal nuovo testo costituzionale che prevede la libertà per i cittadini di praticare liberamente la propria religione anche se diversa dall’islam.
Tuttavia il cambiamento significativo dovrebbe essere nei contenuti. Alla scuola secondaria inferiore e al liceo non si insegnerà quindi più la sura della Vittoria (sura 48), ma la sura dell’Esodo.
Il motivo pare risiedere nel richiamo al combattimento del primo testo che recita ad esempio:
“In verità ti abbiamo concesso una vittoria evidente, affinché Allah ti perdoni le tue colpe passate e future, perfezioni su di te il Suo favore e ti guidi sulla retta via; e affinché Allah ti presti ausilio possente.
Egli è Colui che ha fatto scendere la Pace nel cuore dei credenti, affinché possano accrescere la loro fede: [appartengono] ad Allah le armate dei cieli e della terra, Allah è sapiente, saggio. [Lo ha fatto] per far entrare i credenti e le credenti nei Giardini in cui scorrono i ruscelli, dove rimarranno in perpetuo, per mondarli dei loro peccati – questo è successo enorme presso Allah – e per castigare gli ipocriti e le ipocrite, gli associatori e le associatrici che hanno cattiva opinione di Allah.
Che la sventura si abbatta su di loro! Allah è adirato contro di loro, li ha maledetti e ha preparato per loro l’Inferno: qual triste avvenire! [Appartengono] ad Allah le armate dei cieli e della terra, Allah è eccelso, saggio.
In verità ti abbiamo mandato come testimone, nunzio e ammonitore, affinché crediate in Allah e nel Suo Messaggero e affinché Lo assistiate, Lo onoriate e Gli rendiate gloria al mattino e alla sera.
In verità coloro che prestano giuramento [di fedeltà], è ad Allah che lo prestano: la mano di Allah è sopra le loro mani. Chi mancherà al giuramento lo farà solo a suo danno; a chi invece si atterrà al patto con Allah, Egli concederà una ricompensa immensa.
Quei beduini che sono rimasti indietro ti diranno: «Ci hanno trattenuto i nostri beni e le nostre famiglie: chiedi perdono per noi». Con le loro lingue pronunciano cose che non sono nei loro cuori. […] Se non ci fossero stati uomini credenti e donne credenti che voi non conoscevate e che avreste potuto calpestar inconsapevolmente, rendendovi così colpevoli di una guerra contro di loro… Così Allah farà entrare chi vuole nella Sua misericordia.
Se [i credenti] si fossero fatti riconoscere, certamente avremmo colpito con doloroso castigo coloro che non credevano.
E quando i miscredenti riempirono di furore i loro cuori, il furore dell’ignoranza, Allah fece scendere la Sua Pace sul Suo Messaggero e sui credenti e li volse all’espressione del timore [di Allah] di cui erano più degni e più vicini. Allah conosce tutte le cose. Allah mostrerà la veridicità della visione [concessa] al Suo Messaggero: se Allah vuole, entrerete in sicurezza nella Santa Moschea, le teste rasate [o] i capelli accorciati, senza più avere timore alcuno.
Egli conosce quello che voi non conoscete e già ha decretato oltre a ciò una prossima vittoria. Egli è Colui Che ha inviato il Suo Messaggero con la guida e la religione della verità, per farla prevalere su ogni altra religione.
Allah è testimone sufficiente. Muhammad è il Messaggero di Allah e quanti sono con lui sono duri con i miscredenti e compassionevoli fra loro.
Li vedrai inchinarsi e prosternarsi, bramando la grazia di Allah e il Suo compiacimento.
Il loro segno è, sui loro volti, la traccia della prosternazione: ecco l’immagine che ne dà di loro la Toràh. L’immagine che invece ne dà il Vangelo è quella di un seme che fa uscire il suo germoglio, poi lo rafforza e lo ingrossa, ed esso si erge sul suo stelo nell’ammirazione dei seminatori. Tramite loro Allah fa corrucciare i miscredenti. Allah promette perdono e immensa ricompensa a coloro che credono e compiono il bene.”
Purtroppo la sura dell’Esodo (59) che, se sarà confermato sostituirà quella della Vittoria, ha un contenuto sempre forte e, soprattutto se non contestualizzato, potrebbe presentare le stesse trappole e favorire derive simili:
“Egli è Colui Che ha fatto uscire dalle loro dimore, in occasione del primo esodo, quelli fra la gente della Scrittura che erano miscredenti. Voi non pensavate che sarebbero usciti, e loro credevano che le loro fortezze li avrebbero difesi contro Allah.
Ma Allah li raggiunse da dove non se Lo aspettavano e gettò il terrore nei loro cuori: demolirono le loro case con le loro mani e con il concorso delle mani dei credenti. Traetene dunque una lezione, o voi che avete occhi per vedere.
E se Allah non avesse decretato il loro bando, li avrebbe certamente castigati in questa vita: nell’altra vita avranno il castigo del Fuoco, poiché si opposero ad Allah e al Suo Inviato.
E quanto a chi si oppone ad Allah…, invero Allah è severo nel castigo! […]”
Ne consegue che il cambiamento voluto in Marocco potrà essere efficace solo se il testo coranico che si va a insegnare nelle scuole sarà accompagnato da un commento che muova verso la priorità di quelle sure, prevalentemente del periodo meccano, che promuovevano tolleranza e “nessuna costrizione in religione”.
Un’interpretazione in cui la contestualizzazione e la sacralità della vita prevalgono.
L’impegno del sovrano del Marocco, e di riformisti e intellettuali musulmani, nell’operazione di de-radicalizzazione, vorrà privilegiare l’islam tradizionale marocchino apolitico e la secolare convivenza tra ebrei e musulmani che offrono un ottimo contesto affinché le buone intenzioni vadano a buon fine.
Ciononostante, la tragedia di Dacca e la strumentalizzazione del Corano come “discrimine” e come arma dovrebbe riportare alla ribalta la questione dei “cattivi maestri”, non solo nel contenuto ma anche nel metodo, che da un lato pretendono, anche ad esempio in concorsi organizzati in Italia dalla Associazione per il Santo Corano, che ragazzi e ragazze imparino a memoria il testo sacro per vincere un premio in denaro, e dall’altro, come nella galassia dell’islam politico, fanno prevalere l’aspetto della conquista, armata con il jihad e non armata con il proselitismo, dell’altro sull’apprendimento e la trasmissione della religione in ambito familiare che da sempre ha evitato ogni politicizzazione e quindi strumentalizzazione di un testo che, al pari di altri, è stato rivelato secoli fa.
Infine, bisognerà iniziare a dubitare di tutte quelle sigle, loghi e bandiere nazionali, che raffigurano il Corano o versetti coranici accanto a spade o armi, dai Fratelli Musulmani a Hamas, da Hezbollah all’Arabia Saudita.
Solo un islam apolitico e non strumentalizzato potrà salvare le nuove generazioni di musulmani e garantire tra noi e loro una convivenza che non si basi sul “discrimine”, che a Dacca ha ucciso ancora una volta nove italiani e non, musulmani e non, ma sul rispetto e la conoscenza reciproca.
Fonte: La NBQ