Campane a morto vietate: e poi la chiamano libertà – di Andrea Zambrano

Con quel cognome lì don Mario Fangio, parroco a Carovilli in provincia di Isernia, non poteva che essere spericolato. Dal leggendario pilota italo-argentino sembra avere ereditato il gusto per il rischio. Don Mario è parroco in un piccolo paesino molisano del quale fino a ieri pomeriggio la maggior parte degli italiani ignorava l’esistenza. Il rischio è questo: mercoledì, mentre il Paramento festeggiava con nastrino arcobaleno d’ordinanza il simil matrimonio rappresentato dalla legge Cirinnà-Alfano-Renzi, ha pensato di fare quello che don Camillo faceva di sovente.

E’ salito sul campanile, si è rimboccato le maniche e ha iniziato a scampanare a morto. Non erano previsti funerali di parrocchiani, ma c’era comunque un pietoso commiato da celebrare.

“Oggi è morta la famiglia naturale fondata sul matrimonio”. Così, di gong in gong i cittadini hanno drizzato le orecchie al cielo per cercare di comprendere quel mesto scampanìo. Una volta sceso dalla torre campanaria ha fatto affiggere un avviso funebre.

Il quale recitava così: “Le campane a morto annunciano con dolore che con l’approvazione della legge Cirinnà votata anche da cattolici ieri sera sono morti il matrimonio e la famiglia secondo natura tra uomo e donna. Una prece per chi ne è stata la causa”. Apriti cielo. Un sorpasso in curva pericolosa, e segnalata tra l’altro, visto che ti tocca la Cirinnà muore, seppure in senso figurato.

Infatti, non appena il sindaco Antonio Cinocca se né accorto, e a Carovilli non è difficile perché sul comune che fa 1.200 abitanti le campane arrivano davvero a tutti, è iniziata la reprimenda. “Per i diritti di tutti. Sono rimasto letteralmente sbalordito nel leggere la reazione, a dir poco scomposta, di don Mario Fangio. Si può condividere o meno una legge dello Stato ma essa va rispettata. Non si può, poi offendere una comunità facendo suonare le campane a morto e lasciando intendere che tutta quella comunità sia omofoba. Don Mario sa che il suono delle campane ha sempre rappresentato lo stato d’animo e il sentimento di tutti, non di un singolo, anche se parroco”, ha detto.

Ovviamente nessuno si è sognato di accusare il primo cittadino di ingerenza negli affari della Chiesa, anzi. La locale Arcigay (è arrivata fin lì), ha iniziato a sbraitare ferita e indignata.

Il nostro spericolato però non si è dato per vinto e ha difeso quel gesto altamente simbolico, ma carico di valori etici e, per quel che conta, anche civici e per nulla impensierito dall’ipotesi che del caso possa essere investito anche il suo vescovo. In quel caso, se dalla gerarchia diocesana dovesse partire una “scomunica” per il sacerdote non resterà che resistere o optare per il metodo Barilla.

Viene in mente il Marchese del Grillo che fa suonare le campane a morto per tutta Roma perché è morta la giustizia. Aveva fatto corrompere giudici e uditori perché non voleva pagare i lavori svolti dall’ebanista Aronne Piperno in quanto giudeo, i cui antenati hanno costruito la croce su cui è stato appeso nostro Signore. “Posso essere ancora un poco incazzato per ‘sto fatto?”, gli aveva rinfacciato lo spavaldo Onofrio.

E quando il giudice diede ragione proprio al ricco nobile, interpretato da Alberto Sordi, questi fece scampanare tutta l’Urbe come se fosse morto il Papa. Il quale, lo mandò a chiamare e gli fece una bella lavata di testa.

Il sindaco di Carovilli è stato molto più severo di quel pontefice perché ha estromesso il parroco dal consesso di chi può esprimere nelle forme e nei modi che più ritiene opportuni, la sua opinione.

Mala tempora currunt se al prete è precluso anche lo spazio sacro. Ma si vede che adesso va di moda giurare sulla Costituzione e non sul Vangelo. Il quale, come dovrebbe ricordare Renzi non è un complesso di norme e regole, ma adesione piena della propria vita a Cristo.

In tempi come questi anche uno scampanare per svegliare le oche del Campidoglio potrebbe essere pericoloso. Meglio metterle a tacere.

Fonte: La NBQ