Qualche giorno fa, durante un incontro organizzato a Londra dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, dalle Nazioni Unite e dal Governo britannico, la moglie del fondatore di Microsoft ha annunciato che nei prossimi otto anni spenderà 450 milioni di euro per ricercare nuove tecniche di controllo delle nascite, migliorare l’informazione sulla contraccezione e rendere disponibili servizi e strumenti nei Paesi più poveri del pianeta, Africa in testa.
In un’intervista alla Cnn, Melinda Gates ha precisato che per lei, cattolica, dare alle donne un migliore accesso alla contraccezione è un impegno a tempo pieno. E al «Guardian» ha confidato il suo travaglio come credente, consapevole che i 450 milioni di euro rappresentano una sfida alla gerarchia ecclesiastica.
In realtà la filantropa americana è un po’ fuori tiro, obnubilata com’è dalla cattiva informazione e dagli stereotipi che persistono in tema. Credere ancora a una Chiesa cattolica che, contraria al preservativo, lascia morire donne e bambini per misogina intransigenza è lettura infondata e dozzinale.
Come scrisse nell’Humanae vitae Paolo VI (forse la vittima più eclatante di questo genere di distorsione), la Chiesa è favorevole alla regolamentazione naturale della fertilità, a quei metodi cioè fondati sull’ascolto delle indicazioni e dei messaggi forniti dal corpo. Per dimostrare che non si tratta di astratti bizantinismi, ma di concrete ed efficaci misure, ricordiamo i coniugi australiani John e Evelyn Billings, scopritori del metodo di regolamentazione naturale della fertilità chiamato Bom (Billings Ovulation Method): le donne possono sapere così se sono fertili o no, e partendo da questa realtà possono scegliere il loro comportamento sessuale. Un esempio – sconosciuto ma clamoroso – del successo del Bom è stato la sua trasferta cinese. Il Governo comunista di Pechino era infatti molto interessato a un metodo di regolamentazione che non costava nulla e non danneggiava la salute della donna, un metodo considerato sicuro al 98 per cento.
Accanto alle infondate accuse di fallimento e scarsa riuscita, ancora oggi attorno al metodo Billings alberga un diffuso scetticismo, se non un sorriso di condiscendenza per un ritrovato considerato a-scientifico, pre-scientifico, primitivo e terribilmente ingenuo. Tutte accuse infondate, e diffuse probabilmente non per caso.
Il punto è che agli occhi di una certa parte del mondo, il Bom ha un duplice inconveniente. Innanzitutto, trattandosi di un metodo semplice da capire e facile da adottare, è gestibile in autonomia e consapevolezza dalle donne stesse, anche da quelle analfabete senza necessità di alcuna forma di mediazione. Ma in secondo luogo – e soprattutto – il suo peccato originale e imperdonabile sta nell’essere un rimedio completamente gratuito. Aspetto che, evidentemente, lo rende fortemente inviso alle industrie farmaceutiche, che con la contraccezione chimica ottengono invece guadagni enormi. Come del resto avverrà grazie alla filantropia della signora Gates.
Ognuno è libero di fare beneficenza a chi vuole. Meno, però, di ostinarsi nella disinformazione, presentando le cose per ciò che non sono. Altrimenti si corre il rischio di incorrere (sia pure a volte ingenuamente) nelle politiche alla Nestlé. Come è tristemente noto, la multinazionale ha fornito in modo furbesco e scorretto alle donne africane latte in polvere per i loro neonati, mediante confezioni omaggio che durano il tempo necessario per far andare via alla neo mamma il latte naturale.
A quel punto, la madre è obbligata all’acquisto: attraverso campagne pubblicitarie che presentano l’allattamento al seno come barbaro e quello artificiale come moderno e civile; grazie anche a pressioni psicologiche di vario tipo a opera di fantomatici medici e infermieri. Creando così un bisogno, in nome della beneficenza e in vista del guadagno. Non che questo sia l’intento dei 450 milioni di euro ma, prescindendo comunque dalle dichiarazioni di contorno, un po’ di corretta informazione farebbe bene davvero. A tutte.
Giulia Galeotti
Fonte: L’Osservatore Romano