La campagna per le amministrative di giugno si snoda attraverso le primarie del centrosinistra e le scelte dei candidati sindaci del centrodestra. Mentre nel centrosinistra la battaglia tra renziani e antirenziani è alla luce del sole e può avere ripercussioni perfino sulla tenuta del governo, viste anche le difficoltà che il premier sta incontrando in sede europea, nel centrodestra il panorama rimane nebuloso e si fa fatica a capire il senso di alcune decisioni, che sembrano paradossalmente fatte apposta per avvantaggiare gli avversari.
Quella di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega sembra una perfetta strategia per perdere, facendo finta di voler vincere. Nelle due principali città chiamate alle urne (Milano e Roma), dopo un’estenuante melina, la coalizione di Berlusconi, Meloni e Salvini ha scelto due tecnici, ma le due situazioni sono profondamente diverse.
A Milano il manager Stefano Parisi ha una popolarità di gran lunga inferiore a quella di Giuseppe Sala, designato dal “popolo delle primarie” candidato sindaco del centrosinistra. “Mister Expo” può, infatti, godere, in termini di immagine, dell’effetto trascinamento indotto dalla kermesse internazionale conclusasi il 31 ottobre, che lo ha visto sempre in prima fila nella delicata gestione di quel mega-evento.
Parisi è un imprenditore del settore televisivo e di lui il grande pubblico aveva perso le tracce. Soprattutto gli elettori milanesi ne avevano perso le tracce dopo la sua brillante esperienza come city manager durante la giunta Albertini.
Parisi ha due frecce al suo arco: i buoni rapporti con Maurizio Lupi, che gli consentono di riproporre il “modello Lombardia”, un’ampia alleanza di centrodestra allargata a Ncd; la profonda amicizia con Gabriele Albertini, sponsor di Corrado Passera, anch’egli in corsa per la poltrona di primo cittadino.
Ove Passera non dovesse raggiungere il ballottaggio, Albertini potrebbe convincerlo a far convergere i suoi voti sullo stesso Parisi e a quel punto le chances di vittoria per il centrodestra potrebbero clamorosamente lievitare.
Ma si tratta di uno scenario alquanto improbabile. C’è chi pronostica una vittoria di Sala già al primo turno. Con lui è schierata tutta la sinistra, anche quella sconfitta alle primarie.
Gli eredi di Pisapia hanno capito che per loro è più conveniente sostenere convintamente Sala per poi indirizzarne e condizionarne l’azione politica, anziché fargli la guerra, magari presentando candidati antagonisti, col rischio di fare il gioco degli avversari.
Proprio per questo i fedelissimi di Sala intendono rafforzare “Mister Expo” attraverso una lista che porti il suo nome e che dovrebbe drenare voti al Pd, ma soprattutto conquistare elettori moderati, anche dell’altro schieramento.
Non è un mistero che vaste porzioni di mondo cattolico tradizionalmente vicino al centrodestra guardino con interesse al candidato del centrosinistra e si stiano già mobilitando per sostenerlo.
Dunque è tutt’altro che da escludere un bottino pieno del manager Expo già il 12 giugno. Anche perché, Forza Italia, per paura di perdere ulteriori consensi a Milano, avrebbe chiesto a Parisi di non presentare una lista col suo nome, il che impedirà al manager di intercettare consensi di elettori che volessero votare per lui, ma non per i partiti di centrodestra. Un altro elemento di debolezza per lui e, di riflesso, per l’intera coalizione.
Ma a Roma il centrodestra rischia ancora di più, e cioè l’esclusione dal probabile ballottaggio. La discesa in campo di Guido Bertolaso, dall’immagine un po’ appannata (è fuori dalla politica da cinque anni, durante i quali si è occupato di volontariato in Africa ed ha avuto problemi giudiziari, peraltro ancora pendenti, in particolare per quanto riguarda i processi sul G8 della Maddalena e “Grandi Rischi bis” a L’Aquila), potrebbe spianare la strada a un ballottaggio tra il candidato del centrosinistra, che verrà scelto il primo week-end di marzo con le primarie, e il candidato del Movimento Cinque Stelle.
I consensi del centrodestra si disperderanno in tre direzioni: Bertolaso, Storace, Marchini. Giustamente quest’ultimo ha proposto primarie di coalizione per arrivare a un candidato unitario, ma ben difficilmente Bertolaso, dopo aver sciolto la riserva, accetterebbe di mettersi in competizione con Marchini, la cui popolarità a Roma è fuori discussione.
Viene quindi il sospetto che il centrodestra voglia apparentemente dare battaglia al centrosinistra, ma in realtà abbia scelto di perdere, per non danneggiare Renzi. In questo momento per il centrodestra una caduta del governo sarebbe una sciagura.
Il rischio di elezioni anticipate sarebbe dietro l’angolo e al ballottaggio con l’Italicum arriverebbero di sicuro il centrosinistra e i grillini. Per Berlusconi sarebbe la marginalizzazione politica definitiva. E allora meglio, per lui, e per molti dei suoi, continuare a giocare di sponda con l’esecutivo, facendo finta di contrastarlo.
E alle amministrative è preferibile far vincere i candidati renziani, evitando al premier il “processo” che certamente l’opposizione dem non vede l’ora di fargli per togliergli la segreteria del partito e, se possibile, anche Palazzo Chigi.
Fonte: La NBQ