Ogni mese sono 322 i cristiani uccisi per la loro fede, 214 gli edifici distrutti o danneggiati per motivi religiosi e 772 i casi di violenza contro i cristiani che comprendono percosse, rapimenti, stupri, arresti e matrimoni forzati. I dati sono forniti da Open Doors, organizzazione no-profit statunitense che si concentra – con analisi, studi e denunce – sul problema dei cristiani perseguitati in più di 60 Paesi.
Il sito di Open Doors espone le cause principali delle persecuzioni: tra queste la presenza di un governo autoritario, ostile verso le minoranze, che controlla il pensiero religioso e la libertà d’espressione; ma la motivazione principale è il mancato rispetto dei diritti fondamentali.
Sul sito dell’associazione è stata pubblicata oggi un’inchiesta che, tra le altre cose, espone i dati relativi alle persecuzioni religiose. È una mappa a classificare i 50 Paesi dove le comunità cristiane affrontano le peggiori persecuzioni. In cima alla lista si conferma, per il quattordicesimo anno consecutivo, la Corea del Nord dove predomina l’ateismo di Stato.
Il leader Kim Jong-Un si oppone in modo violento a qualsiasi ideologia o fede che sia differente dal pensiero del regime comunista. I cristiani, in Corea del Nord, cercano di nascondere la propria fede il più possibile per evitare l’arresto e la deportazione nei campi di lavoro.
La maggioranza dei Paesi presenti in classifica sono a maggioranza musulmana, ma quasi tutti si distinguono per una situazione politica instabile. Stati come l’Eritrea (terzo posto) sono casi particolari in quanto, nonostante sia caratterizzato da una significativa presenza cristiana, registra un elevato tasso di persecuzione.
Open Doors posiziona il Kenya al sedicesimo posto: questa situazione è dovuta alla composizione etnica molto complessa del Paese africano, che influisce fortemente sulla politica. L’82% della popolazione kenyota è cristiana, ma la minoranza musulmana (10-15%) è diventata sempre più influente nelle istituzioni.
Due Stati outsider spiccano nella classifica: la Colombia (46° posto) e il Messico (40° posto). Il primo è formalmente un Paese democratico, dove la libertà religiosa è garantita, ma ci sono grandi aree sotto il controllo della criminalità organizzata, dei cartelli della droga e di gruppi rivoluzionari paramilitari: un contesto dove l’impunità è la norma e tutti gli abitanti soffrono di questo conflitto, dunque anche la componente cristiana. Nel caso messicano, le persecuzioni riguardano i cristiani che tentano di migliorare una realtà sociale corrotta e manipolata.
Fonte: La Porzione