Be not afeard, the isle is full of noises, sounds and sweet airs, that give delight and hurt not. («Non temere, l’isola è piena di rumori, suoni e dolci melodie che dilettano e non fanno male»). Le parole pronunciate da Calibano ne La tempesta di William Shakespeare hanno ispirato lo spettacolo che ieri sera all’Olympic Stadium ha segnato l’apertura dei Giochi di Londra.
A declamare alcuni brani dell’ultima opera del Bardo è stato Sir Kennneth Branagh, ultimo erede di una gloriosa tradizione di attori shakespeariani, al quale il regista Danny Boyle ha affidato il compito di indirizzare la lettura dell’intera, attesissima cerimonia.
La scelta non è stata casuale: l’evento, infatti, è stato tutto giocato sul filo di quell’ironia tipicamente british style che proprio nei versi di Shakespeare trova la sua massima espressione. Niente di quanto visto ieri sera ha ricordato le ridondanti esibizioni di forza e potenza economica viste nelle precedenti edizioni.
Certo, anche lo spettacolo messo a in scena a Londra è costato parecchio: 27 milioni di sterline, circa 34 milioni di euro, comunque pochi rispetto ai 92 milioni di euro spesi per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino. Ma la Gran Bretagna che ha ieri celebrato la sua storia – dal mondo agricolo, alla rivoluzione industriale, dalla swinging London degli anni Sessanta, fino alle generazioni dei social network – lo ha fatto con leggerezza e allegria.
Con la consapevolezza che sapere ridere di se stessi, gettando uno sguardo bonario e affettuoso sul proprio passato, garantisce la forza di aprirsi al futuro, senza rinnegare le proprie radici. E se Mr. Bean, al secolo Rowan Atkinson, con il suo caustico umorismo ha reinterpretato il tema emozionante di Chariots of Fire, (in Italia Momenti di Gloria) sottraendolo a ogni rischio autocelebrativo, è stata la regina Elisabetta ii a rubare la scena a star del calibro di Paul McCartney e Mike Oldfiled, garantendo alla serata – con la leggiadria che le è propria – quel tocco in più che l’ha resa davvero indimenticabile.
Quale altro capo di Stato si sarebbe prestato al gioco che ha visto la sovrana lasciare la propria residenza per raggiungere lo stadio in elicottero scortata da James Bond, il mitico agente 007 al servizio di Sua Maestà? Ecco la risposta a chi ancora si chiede come mai nel Regno Unito la monarchia resista viva e vegeta dopo tanti secoli. Poche istituzioni nel mondo sono capaci di interpretare davvero lo spirito del Paese che guidano e rappresentano. La Corona britannica è sicuramente tra queste.
Giuseppe Fiorentino
Fonte: L’Osservatore Romano