L’accusa è di quelle più infamanti nel XXI secolo: pedofilia; l’accusato è uno che non ci si aspetterebbe mai, un insospettabile, e non solo questo, è un rispettato e ben noto chierico protagonista di una fase eroica della vita della Chiesa latinoamericana, nientemeno che il segretario dell’oggi beato Romero, Jesús Delgado, suo biografo numero uno e grande promotore del processo che a maggio ha portato sugli altari il vescovo martire.
La Chiesa salvadoregna, in gran silenzio, ha investigato una denuncia di abuso sessuale a suo carico e ha risolto di sospenderlo «da tutte le funzioni sacerdotali, pastorali e amministrative».
Un provvedimento rapido e ultimativo, quasi un’ammissione di responsabilità a nome dell’accusato, che non per questo suona come meno sconcertante. L’annuncio pubblico l’ha dato mercoledì 25 un amico di Jesús Delgado, il cancelliere dell’arcivescovado di San Salvador, Rafael Urrutia, a nome dell’arcivescovo Escobar Alas. Urrutia si sta occupando della seconda fase del processo Romero, quello che dovrà farlo proclamare santo. Inoltre ha istruito la causa di Rutilio Grande che è già a buon punto, forse a un passo dagli altari.
È stato nominato vicepostulatore diocesano del processo «con ordinanza a Roma il 16 giugno di quest’anno» e aveva espresso poco tempo fa la convinzione che sarebbe proceduta speditamente con risultati in tempi relativamente brevi. «Credo che anche a Roma la storia di Romero abbia lasciato un segno» disse a Terre d’America poco dopo la nomina.
E dopo Rutilio «tutti gli altri» aggiunse, facendo riferimento a «una sola causa per tutti», seminaristi, sacerdoti, catechisti assassinati prima e dopo Romero, circa 500 quelli di cui si stanno istruendo specifici dossier.
Torniamo a Secundino de Jesús Delgado Acevedo, questo il nome per intero, e a quanto si è saputo nelle 48 ore trascorse dal momento dello shoccante annuncio. Delgado fino a mercoledì era vicario generale dell’arcidiocesi di San Salvador, dunque ricopriva la terza carica gerarchica dopo l’arcivescovo Escobar Alas e il vescovo ausiliare Gregorio Rosa Chávez.
Delgado è stato in prima fila il 30 ottobre a Roma, quando una delegazione di vescovi, religiosi e laici salvadoregni si è recata in Vaticano per ringraziare il Papa per la beatificazione di Romero e ha perorato la causa di una pronta canonizzazione, mettendo nelle mani della Congregazione per le Cause dei Santi dei materiali relativi a possibili miracoli del Vescovo Martire. E anche in questo Delgado era parte in causa.
Da Urrutia si è saputo che la denuncia contro Delgado è stata presentata alla «Segreteria per l’inclusione sociale» di San Salvador, una struttura di tutela dei diritti dei minori, e da questa portata a conoscenza della Chiesa locale prima della visita della delegazione di salvadoregni a Roma. «In quel momento ha inizio l’investigazione, se esiste una denuncia ben fondata» ha precisato il cancelliere.
Una cosa che richiede comunque del tempo e che ha portato l’arcivescovado «alla decisione di realizzare il viaggio a Roma per poi procedere con l’indagine» al ritorno. Tale adempimento, secondo Urrutia, spiegherebbe la presenza di Delgado nella comitiva pur pesando su di lui l’infamante sospetto.
Vanda Pignato, che della Secretaria de Inclusión Social di San Salvador è direttrice, nonché moglie dell’ex-presidente Mauricio Funes, in una dichiarazione di queste ore ha lasciato intravvedere un possibile sviluppo in quello che a tutti gli effetti è diventato un caso di risonanza mondiale.
«Non faremo mai il nome della donna e neppure divulgheremo il racconto che ci ha fatto, che è confidenziale» ha aggiunto. «Perché ci sono altre vittime sicuramente e se i mezzi di comunicazione vogliono sapere della vittima… le altre vittime avranno paura di presentare una denuncia».
Non è chiaro se il riferimento ad altre vittime si riferisca a Delgado o alla reticenza che in generale sopravviene in una denunciante quando il proprio nome rischia di diventare pubblico.
La grande domanda se la pone oggi Carlos Colorado sul sito SuperMartyrio di cui è direttore. Cosa significa la vicenda Delgado per la causa di canonizzazione del beato Romero ancora in corso? Che ripercussioni potrà avere? E, soprattutto, ce ne possono essere di obiettive?
A poco vale, come taluni già stanno facendo, minimizzare il ruolo di Delgado come collaboratore di Romero e insinuare una sorta di appropriazione indebita di una funzione che in realtà non aveva nelle proporzioni attribuitegli.
Lo stesso beato Romero si riferisce nel suo «Diario» a «padre Jesús Delgado che mi accompagna come segretario alla conferenza episcopale di Puebla (26 gennaio 1979)».
È poi noto che Romero lo propose, inutilmente, all’episcopato, per cercare di cambiare un equilibrio che gli era sfavorevole all’interno della Conferenza episcopale di El Salvador.
Di due cose, invece, va preso atto. La prima: la sospensione di Delgado «da tutte le funzioni sacerdotali, pastorali e amministrative» disposta mercoledì include anche «la sua partecipazione alla commissione postulatrice davanti al Vaticano delle cause di monsignor Óscar Arnulfo Romero e di padre Rutilio Grande». Quindi da questo momento Delgado non avrà più voce in capitolo nel cammino del beato Romero verso gli altari.
La seconda, e più decisiva. La donna che lo accusa di averla violata ha oggi 42 anni. All’epoca dell’abuso ne aveva 9. Fatti alcuni rapidi conti se ne desume che «el romance» come sono soliti designare queste situazioni i confratelli di abito, è iniziato nel 1982, due anni dopo l’assassinio di Romero.
Dunque la sua reputazione è intatta, nessuna ombra di complicità lo può sfiorare. Ma anche così la notizia è di quelle che stringono le viscere di un credente in una morsa. Urrutia ha rivelato che la denunciante non ha reclamato indennizzi di sorta e ha sollecitato, come riparazione, che Delgado lasci il ministero e le chieda perdono. «Abbiamo parlato con lui (Delgado) e lui è disposto a riunirsi con la vittima per chiederle perdono».
Per la legge salvadoregna il risvolto penale di un abuso commesso 33 anni fa (se riconosciuto o comprovato) è caduto in prescrizione. Per la Chiesa no.
Fonte: Vatican Insider