«Sessantottina e all’inizio fuori dalla Chiesa»; con questo biglietto da visita si presenta l’autrice a una recente presentazione della sua ultima fatica editoriale. É la “nostra” Angela Pellicciari che offre circa 350 pagine di Una storia della Chiesa pubblicate dall’editore toscano Cantagalli. Lo sguardo e la prospettiva per raccontare questa storia è quello di “una salvata”, un lavoro fatto con passione e ragione. A Radio Maria, in cui la Pellicciari conduce da anni una seguitissima trasmissione, lo ha definito un «lavorone» che l’ha occupata per circa due anni.
Il libro si può leggere d’un fiato, ma si può anche consultare alla bisogna, per non restare impreparati di fronte all’attualità che incalza. La Pellicciari non si rifugia in un linguaggio per pochi eletti, affronta tutte le questioni e lo fa con la consueta schiettezza.
Spigolando tra le pagine si scopre che Martin Lutero si appoggiò alle «necessità di coscienza» di Filippo d’Assia per concedergli le seconde nozze con una giovane damigella di corte. Il principe, diceva Lutero, «può col consiglio del suo pastore, prendersi ancora un’altra donna» e ottenere una dispensa per un «matrimonio supplementare».
Un’autorizzazione concessa come «parere di confessione», insomma, una curiosa e istruttiva questione di “foro interno”, ultimamente salito agli onori delle cronache anche nelle dispute cattoliche. Sullo stesso filone non può mancare la vicenda di Enrico VIII che per la irrefrenabile passione verso Anna Bolena schiera contro la Chiesa e il papato una nazione intera, con tanto di vescovi e università.
Le motivazioni addotte da Enrico VIII per l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona «sono inesistenti», e quindi papa Clemente VII non può concedergli le seconde nozze. Per risolvere il problema Enrico VIII pensa bene di emettere un bell’Atto di Supremazia che lo rende capo supremo della chiesa d’Inghilterra anche in materia dottrinale e disciplinare.
Così potrà sposare non solo Anna Bolena, ma, in progressiva successione, anche altre cinque donne.
Pellicciari, che tanto ha lavorato per raccontare la vicenda del Risorgimento italiano, scrive belle pagine su questo tema che le è particolarmente congeniale.
«Senza il grido “Viva Pio IX”, spacciato per papa liberale, cioè per papa rivoluzionario”», scrive, «la vittoria del Risorgimento non sarebbe stata tanto facile». Perché, in un certo senso, i liberali (e i settari) italiani non potevano non dirsi cattolici, visto lo stretto e ineludibile legame che il popolo aveva con la fede e il papato.
Essere direttamente e apertamente anticattolici, come lo erano altri governi protestanti e liberali, in Italia proprio non se lo potevano permettere.
Sono noti gli intendimenti espressi nell’Istruzione permanente redatta in ambienti carbonari nel 1819: «che il clero marci sotto la vostra bandiera mai dubitando di seguire quella delle chiavi apostoliche». Questa era la via spuria per conquistare Roma, attraverso la progressiva demolizione della Chiesa dall’interno.
Ogni potere che vuole dominare il mondo deve fare i conti con Roma, scrive la Pellicciari. «A Roma perché Roma è l’urbe e non si può dominare il mondo senza dominare Roma. A Roma perché a Roma c’è il Papa, perché il Papa è la testa della Chiesa e la Chiesa va distrutta».
Angela Pellicciari riconosce la grandezza dell’incontro tra Roma e Pietro, perché Dio non trascura gli strumenti preparati dalla sua provvidenza nel perseguimento dei suoi imperscrutabili disegni.
E se Roma è ancora Roma, lo deve alla presenza del Papa e alla storia della Chiesa che parla urbi et orbi. Altrimenti rimarrebbero solo le bagatelle di basso lignaggio e i monumenti agli antichi fasti.
Per tornare a brillare nel suo pieno splendore Roma dovrebbe guardare alla sua anima. Che è inesorabilmente cattolica e papista, basta leggere Una storia della Chiesa per rendersene conto.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana