Chi lo avrebbe mai detto che, da quando nel febbraio del 2004, varcò per la prima volta la porta d’ingresso a Sant’Anna, sarebbe diventato tanto famoso da conquistare l’attenzione degli abitanti della Città del Vaticano?
Eppure, accolto nella famiglia di Pier Paolo Crocetta, capo tecnico del laboratorio elettrotecnico del Governatorato, Dodo, questo il suo nome, per la sua simpatia era riuscito persino a ottenere uno «speciale permesso di soggiorno» dal Governatorato dello Stato. Entrava e usciva liberamente e non senza ricevere il saluto dalle Guardie Svizzere di servizio ai confini dello Stato.Quando si concedeva una passeggiata tra cortili e giardinetti interni, chiunque lo incontrasse lo salutava chiamandolo per nome. Persino gli intransigenti Gendarmi chiudevano un occhio se mai si fosse inoltrato in spazi solitamente interdetti.
A consacrarne la notorietà la sua firma nell’ultimo numero della pubblicazione «All’ombra del Cupolone», il “foglio informale per i dipendenti del Governatorato”, giunto ormai al sesto anno di vita e completamente rinnovato dal punto di vista grafico.
Purtroppo Dodo sulla rivista ha firmato il suo commiato da quella città e da quella famiglia che lo avevano accolto tanto amorevolmente: è morto il mese scorso per un infarto. Una breve parentesi della sua vita dunque, ma, a quanto scritto, deve essere stata intensa, serena e in qualche modo educativa per lui, poiché si è dovuto adattare a un ambiente certamente diverso da quello nel quale era nato, e dove all’inizio era anche guardato con sospetto. Tutto sommato la sua infatti è stata una presenza inusuale tra le sacre mura. Ma è stata altrettanto educativa per quanti, anche grazie alla sua presenza, hanno imparato a capire che ogni creatura ha un suo significato preciso nel disegno di Dio. A poco a poco Dodo è riuscito a creare attorno a sé quell’atmosfera di amore spesso invocata quando si parla di accoglienza e di umanità.
Ci occupiamo di Dodo proprio perché ciò che è scritto a sua firma, sulle pagine patinate della pubblicazione del Governatorato, è la testimonianza di quell’amore troppo spesso negato non solo nei rapporti umani ma anche, e forse soprattutto, nel rapporto tra uomini e animali.
Ne sanno bene qualcosa i parenti stretti di Dodo, meglio quelli della sua stessa razza. Sono da sempre oggetto della barbarie dell’uomo, torturati e seviziati sino a quando morte non sopraggiunge. Spesso sono allevati per questo motivo, per essere straziati. E diventano oggetto di un traffico spregevole. Sì, Dodo era un cane. Un beagle. Quella razza cioè spesso assurta all’onore delle cronache dell’horror; anche recentemente per la vicenda del lager scoperto a Brescia dove diverse centinaia di beagle sono in attesa di subire le sevizie della vivisezione.
Dodo ha avuto la fortuna di finire in un ambiente forgiato nell’amore. La sua storia rivissuta attraverso le pagine di «All’ombra del Cupolone» impone certamente delle riflessioni. Non ultima l’importanza che può assumere una pubblicazione, nata più che altro per aiutare una comunità, quella dei dipendenti del Governatorato nello specifico, a crescere insieme. Infatti nel «foglio», come modestamente lo chiamano gli ideatori, non manca mai la «Parola del Papa», una rubrica nella quale vengono riproposti gli insegnamenti del magistero.
L’obiettivo poi spazia sui più significativi avvenimenti che punteggiano la quotidianità della vita e del lavoro nella Città del Vaticano, con un occhio sempre attento ai riflessi esterni suscitati. E non mancano notizie sulle vicende ora gioiose, come una nascita, ora dolorose, come la morte di una persona cara, che toccano le famiglie dei dipendenti. Ma capita anche che a volte, come nella vicenda di Dodo, da queste pagine si diffondano messaggi significativi e di grande attualità. Un plauso dunque.
Mario Ponzi
Fonte: L’Osservatore Romano