Nei giorni in scorsi in Argentina, amatissima patria di papa Francesco, si è verificato un altro intollerabile episodio di violenza ideologica contro la Chiesa cattolica, materializzatasi in un assalto alla chiesa dei Santi Pietro e Cecilia, cattedrale della diocesi di Mar del Plata, nella provincia di Buenos Aires. Come già avvenuto nel 2013 durante l’ormai annuale “Marcha delle mujeras”, al termine della quale oggetto dell’assalto era stata allora la cattedrale di San Juan de Cuyo, con rogo di un fantoccio rappresentante il Papa, anche quest’anno le femministe, al grido di “Chiesa, spazzatura, siete voi la dittatura”, non si sono fatte mancare nulla.
Dopo aver sfilato per le vie di Mar del Plata, discinte e urlanti il loro diritto all’aborto con slogans contro la Chiesa cattolica, si sono presentate, molte a seno nudo, davanti alla cattedrale della città munite di ogni genere di oggetti, feci comprese, per lanciarli contro i fedeli, che presidiavano il sagrato recitando il Rosario.
Per riuscire a rompere il cordone di sicurezza, opposto dagli uomini che difendevano l’entrata della Chiesa, non hanno esitato ad insultarli, a colpirli e a provocarli con sputi e persino con lancio di assorbenti usati.
Ciononostante non sono riuscite nel loro scopo ed hanno dovuto accontentarsi di accendere un falò sul sagrato e imbrattare i muri perimetrali della cattedrale con frasi blasfeme.
Stupisce non poco che Papa Francesco, che è sempre informato su ciò che succede nella sua Patria, non abbia ritenuto di biasimare pubblicamente l’accaduto, né abbia giudicato di dover lodare il coraggio e la fede degli uomini, quasi tutti giovani, che hanno retto imperterriti a tale assalto satanico continuando a recitare ad alta voce le Ave Maria.
Meraviglia che la sua grande amica Elisabetta Piqué, editorialista de La Nacion, il più importante quotidiano argentino, non ne abbia fatto cenno nemmeno sulla sua pagina Twitter, che è la cassa di risonanza di tutto ciò che riguarda la Chiesa.
Lascia molto perplessi poi il fatto che il Papa, che esalta la parresia e biasima l’ipocrisia, quel modo di vivere, di agire, di parlare che non è chiaro, non abbia fatto sentire la sua voce autorevole per deplorare un episodio consueto nel suo Paese, di una violenza pari solo all’odio dell’Isis verso i cattolici, e di un’intolleranza odiosa tanto più nel momento in cui si chiedeva il riconoscimento di quelli che si considerano i propri diritti.
E’ ormai noto che la religione cattolica in Argentina è da tempo in decadenza, che molti migrano verso la Chiesa evangelica, guarda caso molto più rigida in fatto di dottrina, e che, per arginare l’abbandono, il mandato del Vescovo Bergoglio ai curas villeros (i preti inviati nelle periferie) era di dare la comunione a tutti, “senza alzare barricate” (articoli qui e qui). Nè risultano peraltro iniziative pastorali o sociali a favore degli abitanti delle favelas, a testimonianza di un attivismo della Chiesa nei confronti dei più deboli.
Ma il risultato non è stato, né poteva essere, quello di trasformare una diocesi così condotta in un esempio di santità per il resto del Paese. Basti pensare all’incomprensibile nascondimento dei miracoli eucaristici avvenuti a Buenos Aires negli anni ’90 nella chiesa di Santa Maria, così deciso da papa Francesco, che non ne fa mai cenno.
Per ora, almeno a vista del mondo intero, nell’indifferenza della Chiesa ufficiale, la provincia di Buenos Aires mostra questo: