Convergenze parallele vecchie e nuove

Aldo MoroNel 1959 ero una ragazzina che frequentava le scuole medie e mi ero ingenuamente messa in testa di acculturarmi in materia politica per eguagliare, anche in quel campo, il livello intellettuale dei miei affettuosi ma molto esigenti familiari. Quindi presi l’iniziativa di leggere tutti i giorni il Corriere della sera, che transitava in casa fresco come il pane, cibo che allora si usava comprare tutti i giorni.

Ma il bel proposito durò finché non mi imbattei nel “fondo” che riportava un discorso di Aldo Moro il quale, per spiegare quello che poi sarebbe  stato definito “il compromesso storico”, si era espresso con l’esempio delle convergenze parallele. Le mie conoscenze della geometria euclidea non mi permettevano però di capire come potessero convergere linee che, per definizione, non hanno punti in comune fra loro. Pur leggendo e rileggendo la frase non riuscii a venirne a capo e ne incolpai la mia ignoranza ma, per non palesarla agli altri componenti della mia famiglia, mi astenni dal chieder loro spiegazioni in proposito. Così, sentendomi totalmente inadeguata, rimandai agli anni futuri la lettura di quel quotidiano.

Solo da adulta compresi che si trattava di un paradosso, altrimenti definito ossimoro, e scoprii che aveva stupito non solo me ma chiunque ne avesse avuto notizia, tant’è che ancora oggi in internet se ne discetta anche da parte di chi (non si capisce a qual fine) nega che Moro l’abbia mai pronunciato .

Da allora è trascorso oltre mezzo secolo e nel frattempo lo spessore culturale e morale dei politici italiani, come il loro linguaggio, è totalmente cambiato: non più statisti stimati anche dagli avversari ma, per lo più, lillipuziani le cui esternazioni sono ghiotta fonte per la satira dei comici nostrani.

E questo perché ormai siamo caduti nel nichilismo (dal latino nihil=nulla) del “pensiero debole”, come ha teorizzato il filosofo Gianni Vattimo, il quale ha spiegato che “la crisi dei fondamenti del sapere ha fatto vacillare ormai l’idea stessa di verità: le evidenze, una volta chiare e distinte, ora si sono offuscate” (cfr. filosofico.net ).   Con la conseguenza di un dilagante relativismo morale.

Ma i nostri politici e il loro politichese, nel frattempo, come si sono adeguati? Per dare consistenza al nulla delle loro argomentazioni hanno iniziato a fare man bassa delle terminologie del “pensiero forte”, il cui caposaldo per eccellenza è la religione cattolica e la cui valenza fu riaffermata, sin dall’inizio del suo mandato, da Giovanni Paolo II nel suo discorso tenuto all’UNESCO il 2 giugno 1980.

Qualche esempio? I media, che sono per la maggioranza “ispirati” dai partiti politici, usano senza riguardo tutti i vocaboli che attengono al culto religioso. Il risultato, non so fino a che punto casuale, è la svalutazione sistematica e banalizzante di  quanto noi cattolici riteniamo più spiritualmente alto e sacro.

Ad esempio i confessionali sono diventati i luoghi in cui dei poveri sprovveduti raccontano la loro miseria interiore a milioni di voyeurs nullafacenti e la liturgia (molto trandy!) è il termine usato dai presentatori televisivi per indicare le regole dei talk-show e dei programmi a quiz. Senza contare la mole di pubblicità che mostrano umanissimi Paradisi i cui improbabili abitanti vivono bieche situazioni terrestri, nonché quella degli spot pubblicitari, popolati da blasfemissimi preti, suore e miracoli .

E i nostri politici, ultimamente, si sono dati ad invocare sacri e santi diritti riguardo a leggi esattamente avverse a tutto ciò che è tale, al punto da oscurare il paradosso delle convergenze parallele genialmente inventato dal povero Aldo Moro.

L’economia europea e, particolarmente, quella italiana stanno andando a rotoli? La disoccupazione è alle stelle? Con gli stipendi non si arriva a fine mese? I piccoli imprenditori, strozzati dai debiti, si suicidano? Lo spread è di nuovo impennato?  I piromani bruciano centinaia di ettari di macchia mediterranea? In giro per il mondo ci sono solo guerre, persecuzioni e disperazione?

A fronte di tale  situazione drammatica che potrebbero fare i nostri politici? Forse affannarsi per risolvere il teorema delle convergenze parallele fra le esigenze di un’omicida finanza europea (o mondiale?) e la nostra sopravvivenza quotidiana?

Ma neanche per idea! Loro sono prioritariamente  impegnati ad azzuffarsi per affermare un nuovo ossimoro che è il diritto, sbandieratamente sacrosanto, all’approvazione di leggi che consentano il matrimonio omosessuale, la fecondazione eterologa e l’eutanasia. Altrimenti, come affermano, il nostro Paese resterà arretrato e incivile, ohibò!

Ma non prendiamocela con loro perché, come afferma S. Paolo, “la nostra battaglia non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.” (Ef 6,12)

Però, a quelli di loro che si definiscono cattolici e che per un malinteso rispetto umano spalleggiano tali richieste vorrei proprio ricordare che, ancora, S. Paolo dichiara “Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.”

Questa è la nostra buona battaglia: sopportare senza odiare e pregare Dio perché illumini le coscienze di chi ci vuole dominare.

Paola de Lillo